28 maggio 2015

Avvistamento Trail

"Quando siedi, siedi; quando cammini, cammina; quando lavori, lavora." (Proverbio Zen)

Ritorno sempre al punto di partenza. Mi metto le scarpe da ginnastica, i pantaloncini aderenti, la maglietta tecnica, il cappellino; poi esco e corro. Almeno ci provo, ma non faccio in tempo a capire cosa succede esattamente, cos'è questa fatica nell'aria profumata di glicine, quel fiore d'acciaio a cui è appesa un'anima o l'orologio che mi confonde il polso e si piazza sopra di me, all'orizzonte del parco... che già torno al punto di partenza più felice.

E' una mezz'ora di Zen, la strada. Occorre "esercitare l'attenzione" e poi "calmare la mente", per "agire concentrato"; "non voler raggiungere nulla" ed "essere indipendenti da tutto". Questi pilastri di filosofia sono da vivere possibilmente in ogni istante. Percepire l'attimo e viverlo così com'è: questo è Zen. 

Dopodomani ci sarà una lunga strada da fare. Non devo pensarla tutta in una volta. Solo al passo successivo, al respiro successivo, al tratto di strada successivo. E ogni volta a quello successivo ancora. Si dice che solo così si provi piacere, attraversando l'esistenza del momento, nel momento in cui la vita lo richiede. E sentire gli istanti come si sentono i propri istinti.


17 maggio 2015

In due salti

Nell'ultima corsa avevo accolto l'etimologia di una radice che spezzava l'asfalto rovente. Correre poteva dunque parlare di cose genuine. Certo in uno sforzo condiviso. In una risata in faccia al mondo. Vivace. Loquace. Passeggera.

Dalla crepa, sottoterra, l'inconscio irragionevole ha proseguito la sua naturale visione del movimento. E l'asfalto ha lasciato il posto alla terra bagnata. La calura alla fresca pioggia. La polvere al fango. La pianura alla montagna. L'irrilevanza dell'etimologia alla sostanza dell'entelechia. Viva. Silenziosa. Finale.

Irrilevanza nel senso di "rilievi inesistenti" che la pianura non può offrire alla mente quando corro. La storia delle parole circolanti nell'allenamento senza verticalità è breve. Le radici emotivo-logiche sono corte. Pista, crono, metro. Parco, curva, piede. Puzza, striscia, moto. 

Sostanza nel senso di "sosta nutriente" che la montagna offre alla mente quando impone alla corsa di rallentare, di fermare il pensiero. E di portare a compimento una missione radicale: attraversare se stessi al contrario. Dal basso verso l'alto. Anziché scendere nelle viscere delle proprie emozioni, salire tra le nuvole dei propri desideri. Le radici sono lunghe e illogiche, ma motivanti. Mulattiera, cinguettio, temporale. Arcobaleno, tornante, pozzanghera. Inebrianza, naturalezza, movimento.

Entelechia, dal greco entelécheia, significa "avere" (échein) "il compimento" (télos) "in sé stessi" (en)’. Per Aristotele, una realtà che contiene (in se stessa) la meta finale verso cui evolvere.

Entelechia è la tensione di un organismo a realizzare se stesso secondo leggi proprie, passando dalla potenza all'atto. Una sorta di finalità interiore necessaria per raggiungere il suo pieno sviluppo. Per esempio, Giulio Cesare conteneva già in sé la vittoria sul Rubicone. E Michelangelo, parlando delle sue statue, ricordava che era il pezzo di marmo ad avere già dentro di sé quella figura, che chiedeva di uscire.

Il libero arbitrio era un concetto che Aristotele non poteva ancora stimare. Ma non importa. Ciò che conta è che per entelechia, per caso o per fortuna, sicuramente per azzardo, sabato mattina io e Paolo ci siamo spinti verso le montagne intorno a Piossasco. Erano loro a contenerci tra i sentieri erbosi, e noi a comprendere le montagne stesse, come fossero mete necessarie per poterci osservare dall'alto anche solo per qualche istante, respirare l'aria del traguardo, e poi tornare nuovamente ai piedi stanchi, con un altro sguardo...



Felici, dopo 20 km e 800 m D+

11 maggio 2015

In due crepe

Che calura. Che tormento. Uscire a correre per entrare in me stesso, dove il caldo è più liquido e animale. Potrei infilarmi in una delle tante crepe immateriali, e diventare sagoma della mia mente. Svanire dalla biologia per tutta questa strada appare così semplice... 

Ma le parole di Raffaele sono napoletane e quelle di Gabriele siciliane. Si ride a crepapelle senza osservare più nulla che sia al di sopra delle nostre fatiche. Le teste si abbassano inzuppate di sudore. 

Per terra appare un albero da una crepa. E' una radice etimologica sfuggita chissà dove. La raccolgo e scappo via. Correre diventa così lógos (discorso) sull'étymos (vero, reale, genuino). Etimo-logica-mente. O irrazionalità a forma di barbagianni?


6 maggio 2015

In una torta

La fatica è ripagata, solo adesso. Grazie Gabriele, grazie Lorenzo per la corsa di questa sera... Ma l'aria è ancora impregnata di farine di pollini integrali, e dopo l'allenamento si fa respirare - con tutta l'ansia necessaria - per impastare in fretta la torta di compleanno. La mia torta preferita, di mandorle e mele; tante mandorle e tante mele.

Aspetto con impazienza che il lievito agisca nell'intorno dei pensieri pronti per la cottura. Mi avvicino al forno, mentre alla radio Venditti canta la sua ultima canzone... 

Ma tu, torta mia, cosa avevi in mente di diventare?

La torta di compleanno

4 maggio 2015

In due note

Questa sera nell'aria dell'allenamento c'era il ritornello di un buon viaggio che rigava - leggermente distorto - l'auto di alcuni giovani fermi in mezzo alla stradina. E in mezzo al rituale muscolare ho perso il contatto con la terra e con quel che di terreno stava intorno a me. Rallentando per ascoltare le parole ho riprovato la semplicità di un'esperienza - lo spaesamento? lo Zen? - che ha luogo là dove l'inessenziale è messo da parte...    

Il Buon Viaggio di Cesare Cremonini è così diventato speciale, e "l'orizzonte verticale" ha spinto gli occhi verso l'alto, fin dove si poteva arrivare a cantare...  
"Buon viaggio, che sia un'andata o un ritorno, che sia una vita o solo un giorno, che sia per sempre o un secondo... L’incanto sarà godersi un po’ la strada... 
Ti aspetto, dove la mia città scompare, e l’orizzonte è verticale... Lasciare tutto indietro e andare, partire per ricominciare. E per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale...
In fondo è solo un mare di parole, e come un pesce puoi nuotare solamente quando le onde sono buone. E per quanto sia difficile spiegare, non è importante dove; conta solamente andare..."  

3 maggio 2015

In due parole

In salute e felice. In due parole definite, il dominio e il codominio dell'esistenza umana. Se fosse così matematica, la funzione "esistere" avrebbe per dominio "la salute", ovvero l'insieme dei giorni sereni in cui ha senso valutare l'esistenza, e avrebbe per codominio "la felicità", ovvero l'insieme dei valori della vita. Tra alti e bassi, tra immaginario e reale, tra meditazione ed azione...

Però i valori sono altri: una dozzina d'ali morali da sbattere per scrollarci di dosso la polvere sollevata in tanti anni di corsa individuale. Individualistica. Arrivistica-mente. A volte la polvere è così spessa che può spezzare un'ala. Ed è in quel momento, più d'ogni altro, che si capisce perché tutti i valori della vita sono matematicamente quelli che danno la felicità...


29 aprile 2015

Il confine

Il confine è di questo corpo. E così rimbalzo come un insaccato di carne intrisa di rosso e di tramonto dietro il cancello della casa che costeggia l'allenamento della sera. Una lunghissima frase e la serata è sconfitta, ma l'idea, nella sua forma, è sconfinata...

Questa sera è così aperta, così piatta, che mi toglie una dimensione; mi fa dimenticare che respiro, che sollevo, mastico e fatico con la ruggine addosso del tramonto che non vuole più tramontare. Mi allungo l'orizzonte a piacimento e dimentico che esiste la materia; le pietre sono lì, ma non le vedo. Le sorvolo. 

E' così bello girare con la fantasia nelle tasche o sotto la lingua, pronta a sorreggere la fatica che prima o poi si presenta. Sono un corpo di fantasia. La carne lentamente cede i suoi confini all'avventura di un fiore che nel vento vuole superare la finestra, poi il tetto e infine la mia visione del mondo. E cede al moscerino che mi entra nella palpebra dell'occhio, annerendo la visione di un emisfero. Sono un corpo che si scorpora da sé per entrare nelle cose che circondano i miei sensi. 

Ecco la parola che galleggia nell'aria ogni sera e che non riesco mai respirare: "eidos", e-i-d-o-s, in greco εἶδος, è la natura interna di una cosa, il nucleo invisibile; è ciò che causa ad una cosa quel che è, cosa è, e senza la quale quella cosa perde di significato. Ma non riesco mai a capirlo fino in fondo. Non potrò mai essere un filosofo. Più mi sforzo, lo ripeto, e meno entro nel fiore; meno entro nel moscerino, che invece è un gran filosofo perché già dietro l'orbita del mio occhio sinistro.

Eidos, lo dico e lo ripeto pensando ai mantra di chi soffre. Eidos, scolpisco la parola che già significa "forma", "aspetto" e di per sé assume la forma che uno desidera. Senza aspettare, la sformo. Forse è proprio quello che fece Platone quando si inventò questa sua parola. Giocava con le formine, con la sua filosofia bambina. Certo sarei stato attratto dalla creazione parallela di qualche parolina. Eidos, ehilà, come sta? 

Senza coscienza di ciò che accade mentre corro non c'è essenza nella corsa. E' per questo che ho rallentato ed iniziato a misurare la vita che non racconto. A cifrarne le sequenze per intuire cosa c'è che non posso essere. Cosa l'immateria oscura vuole disfare da me, facendomi sputare per ore e sperare di ottenere. 

Ancora non so quando finirà questa ricerca. Ora trovo solo parole e spiagge dell'antica grecia. Il sole è sempre alla fine della strada e non vuole tramontare; anzi, non può farlo perché non è ancora l'ora di rientrare... 



28 aprile 2015

Ali

Poi ritorna il sole sulla vita che rimane a ripensare quel battito d'ali, a colmare. L'abisso che tortura non è paura; s'aggira accecando il desiderio d'infinito... Mi ritraggo scosso sul momento e apro gli occhi e spengo il nero che diffondo. Evapora anche la saliva, quella mia: sulla terra non posso più sputare; e così sia.  


27 aprile 2015

Il vuoto d'un istante

Fuori il vuoto è nero; esattamente come dentro. E' più denso dell'inchiostro. Non si può strizzare e non si può capire; scivola dalla fessura, si fa respirare piano riempiendomi di buio. Non so che fare, circondato dal nulla immobile e silenzioso che ormai è diventato ciò che sono, così ombra all'improvviso da non poter attraversare più nessuna strada senza cadere nell'oscurità di questa fine. E m'accodo attorcigliato; attorcigliato a due occhi spenti.

(gatto animato)
P.S.: Dedicata a Giampaolo, amico, ex-collega, scomparso improvvisamente. 

26 aprile 2015

Soul running

Non stavo pensando, correndo, al solito dualismo. L'andatura era di quelle più che tranquille. Quasi annoiate. Piatte. Le ondine della stradina ripulita del parco scodinzolavano intorno ai miei occhi privi di salite o discese da affrontare. Era piattume. Piattumera.

L'odore nauseabondo di questo neologismo aveva di colpo risvegliato l'imperfetto dell'anima. Indicativo di una simultaneità di sensi e di stimoli trasversali che andavano traducendo il linguaggio del corpo in quello delle cose immateriali del pensiero. Il solito dualismo...

Il corpo doveva muoversi. La mente evadere, oltre i sensi inarcati dai chilometri e l'immoralità dell'anima, in una sorta di era preistorica e platonica. L'immortalità è immorale...  ma il concetto greco era stato già iniettato nella tradizione giudaico-cristiana, da Platone. La memoria mi allontana... 

Le parole con cui l'antropologia biblica descrive l'uomo sono parole ebraiche, si sa. Sono state tradotte in greco ed hanno assunto un altro significato, quello che apparteneva alla filosofia platonica appunto. Ce ne sono quattro fondamentali che non posso dimenticare.
Un colpo di tosse e libero la gola. Nefes. Questa parola ebraica dell'Antico Testamento venne resa in greco con "psyche" e con "nous"; in latino con anima (755 volte). Ma "nefes" è una parola che designa l'indigenza dell'uomo, i suoi bisogni: gli storici sanno che la parola più affine è "gola", l'organo di nutrizione attraverso cui ci si sazia. Che inganno...
In cielo, un asino che vola. Basar. Questa seconda parola ebraica venne resa in greco con "soma" e in latino con carne (273 volte). La parola "basar" non è mai riferita a Dio, in ebraico. Carnivori latini...
Un colpo di vento, sbando. Ruah. Questa terza parola ebraica venne resa in greco con "pneuma" e in latino con spiritus (389 passi). La parola "ruah" è sempre riferita a Dio, in ebraico. Spiritosamente latini...
Non sento più il battito cardiaco. Leb. Questa quarta parola ebraica è l'espressione antropologica più frequente (ricorre 858 volte), riferita quasi sempre all'uomo. Venne tradotta in greco con "kardia" e in latino con cor (cuore).
L'uomo dell'Antico Testamento non conosceva il dualismo antropologico tra anima e corpo che ha conquistato il mondo greco. Semmai conosceva un dualismo cosmico, dove non esiste un'anima naturalmente buona e un corpo naturalmente cattivo...

Uno scatto e supero di cattiveria questi concetti. L'andatura diventa spinta propulsiva. L'uomo del mio testamento è quello che sa d'essere "una tessera d'un mosaico geniale"...

Un frammento di disegno dalla forma ondulata per l'incastro nella vita (il disegno, l'anima; la forma, il corpo) possono sembrare solo un gioco. Ma un gioco da eroi... per dirla con i Negrita.



21 aprile 2015

Trail me up



Ho scoperto che "Trail me up" è uno "street view" dei sentieri, ed è italiano. E' ancora povero, ma è bello. Spero che possa ampliarsi e coprire in qualche modo tante valli da esplorare con l'immedesimazione visiva, almeno per chi non può recarsi in modalità più "sensibile"...

Trail me up suona come una sveglia, come wake me up degli Avicii. E si addice alle mie condizioni al contorno, e alle soluzioni reali della vita. 

So wake me up when it's all over 
When I'm wiser and I'm older 
All this time I was finding myself 
And I didn't know I was lost 

Traduzione: 

Svegliatemi quando sarà tutto finito 
Quando sarò più saggio e più vecchio 
Per tutto questo tempo stavo trovando me stesso 
E non sapevo che mi ero perso

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Ora che sono più saggio e più vecchio mi accingo a ripartire così: 

- 30 maggio 2015: Montesoglio, 35 km, 2000 D+
- 7 giugno 2015: Monteservin, 31 km, 1900 D+
- 28 giugno 2015: Chaberton, 25 km, 2000 D+
- 12 luglio 2015: Tre rifugi Valpellice, 34 km, 2200 D+
- 6 settembre 2015: Thabor: 30 km, 2600 D+
- 20 settembre 2015: Oulx, 48 km, 2800 D+


L'ultimo (Oulx) sarà una seconda chance. 

Potrei canticchiare "trail me happy", oppure "trail me far away"... Per fortuna so che non mi perderò più. 

20 aprile 2015

Dualismo

E’ domenica. Si corre tanto per allenare o tanto per cambiare. Come cambia l’aria, che espone i contrasti della materia al giudizio affrettato di chi è più veloce. Del muretto che si sbriciola alla luce che lo scalda, e sbianca. Del rumore profumato che la marmitta solleva di rosa dai petali accumulati sull’asfalto. Più veloce del gusto di sé stessi, nell’intorno della propria saliva. Del gusto di pensare a qualcos’altro. 

Una salitella, e la bocca si stringe intorno ai denti, chiudendo il vuoto sterminato di pensiero. Poi si scende poco poco e c’è l’aggancio ideale con la terra: si sente l’erba che taglia il vento della memoria ritrovata, e si ferma il tempo.

Appare un vecchio libro: “Il lupo della steppa” (di Hermann Hesse) che racconta del contrasto tra lo spirito e l’istinto, due macigni della psicologia e della sua analisi. Il lupo della steppa sono io. Lo sei anche tu, quando corri per ritrovare te stesso. “Come corpo ognuno è singolo, come anima mai” scrive Hesse. E l'esperienza della realtà, nella corsa, è singolare. E’ fisica, ma plasma per istinto anche lo spirito. 

E’ l’esperienza, in generale, che permette alla mente di comprendere la realtà. E l’esperienza di peso solleva la leggerezza di pensiero. Scuote come una tovaglia il dualismo mente-corpo umano. Le briciole, disumane, cadono alla portata di animale... 

E' l'istantanea di questo allenamento. Un autoscatto, tanto per osservare la superiorità dell'istante che è passato a mangiarsi il reale e l'immaginario. Una zampata di gatto? 


Autosgatto reale

Autosgatto immaginario

16 aprile 2015

Lenti allenamenti

Ieri sera Gabriele mi ha fatto da “spacciatore di lenti”. Si correva per le solite strade, tra polvere e catrame, con le “pupille abituate a copiare” di grigio in grigio, al palo d’un mondo che si sgretolava sul tramonto, veloce e sofferente.

E’ così che ho sentito d’improvviso la corsa senza traccia, dentro, di verde cresciuta, come erbaccia. In mezzo all’idea di libertà e di respiro c’era già la canzone di De Andrè che m’aspettava:

"Non più ottico ma spacciatore di lenti / per improvvisare occhi contenti, / perché le pupille abituate a copiare / inventino i mondi sui quali guardare. / Seguite con me questi occhi sognare / fuggire dall'orbita e non voler ritornare..."  (Fabrizio De Andrè)


Per i tornanti giù dalla montagna. Per i sentieri improvviso l’andatura. Scompare la paura. E la salita diventa come un sogno che di colpo si rivela allo svanire dell’impegno, come senso delle cose più profondo, sul punto di morire ancora in vita. La creazione, in una semplice salita, è quest'abbandonare il corpo a sé stesso, consegnandogli l'incertezza, l'improvvisazione e la bellezza...


P.S.: Ogni atto di creazione è, prima di tutto, un atto di distruzione. (Pablo Picasso)

12 aprile 2015

TrailLaghi 2015

E' stato tutto molto bello. Intenso, vissuto. Osservato con voracità. Gli occhi continuavano a sommergermi di informazioni. Ciò che ho appreso è molto più di ciò che ho dimenticato. E questo è già un potente antidoto...

Non riesco più a fare della cronaca; non è più quella, che mi interessa. Le sensazioni invece attraversano queste righe, saltando i raggi riflessi dagli specchi d'acqua, e che hanno ancora quel buio mattutino pronto a sospendere alberi e cerchi di legno e sentieri di foglie nel mezzo del loro lago. Tutto riappare per sentito vibrare. Non posso più semplicemente dire d'aver corso. E' stato un "percorso" ad ostacoli. La Natura ha messo ciascuno di fronte alla sua prova: equilibrio, velocità, pollini... Tutti da condividere almeno con un compagno, una compagna o un cane... 

Tra i famosi in gara, ho stretto la mano a Bruno Brunod ed al suo sorriso. Un uomo eccezionale, umile come solo i grandi sanno essere. Anche lui sostiene che "la psicologia legata allo sport è una frontiera ancora da valicare". Si tratta della psicologia del profondo, che si apre dentro l'uomo quando l'uomo decide di aprirsi. E di disfarsi di cose come l'orgoglio, la rivalità, la falsità... per scendere nella propria natura originale dove attingere l'energia della vita, dall'amore per la vita.

Non facendo più cronaca, non dico che ho faticato ad aspettare il mio amico, troppo lento per la mia psiche dopata (di oggi). Anche se nel giusto tempo speso per goderci lo spettacolo di una splendida giornata, abbiamo superato tre quarti delle duecento coppie al via. Un successo condiviso per passione. E questa è la sostanza della nostra missione...


Il solito selfie con Paolo...

11 aprile 2015

Salomon

Dicono ci sia un tempo per tutte le cose. Per ridere, piangere, vivere, morire. Salomonicamente aggiungo a quel tempo immaginario la contaminazione della realtà che deforma gli eventi e li rende instabili, inafferrabili, a volte insopportabili. Io rido, tu ridi. Ma poi io smetto e tu continui. Io piango, tu ridi, e già contaminiamo le cose. Si vive, si muore. In mezzo c'è tutto quello che si può fare, in mille modi differenti, in mille mondi umani diversi e colorati. C'è un tempo per tutte le cose, ma non è quasi mai quello che avevamo previsto per esse. E ci sono cose che attendono il loro tempo, che potrebbe essere il nostro...

Certo Salomone, figlio di David, re d'Israele, potrebbe illuminarmi. Suo padre sconfisse Golia. Entrambi azzeccarono il loro tempo con mire perfette. Saggezza o solo fortuna?

Salomone è celebre per i suoi giudizi. Famoso il caso delle due madri conviventi con i loro due neonati; una notte uno dei due bimbi morì e la madre lo sostituì con quello vivo preso dalla culla vicina. Entrambe le madri, però, arrivarono a pretendere la maternità sul bimbo vivo. Si ritrovarono dunque davanti al re Salomone per ottenere giudizio. Il re estrasse (salomonicamente) la spada e decretò che il piccolo sarebbe stato tagliato a metà, una per ciascuna madre. Quella vera implorò subito che piuttosto il figlio fosse dato vivo e intero all'altra... Al che Salomone capì chi fosse la vera mamma.

E così via, nella contesa per una cassa di arance fra un pasticcere e un barista, salomonicamente le scorze andranno al primo, che ne ha bisogno per grattugiarle nei dolci, la polpa al secondo che vuole vendere aranciate...

...

Tornando sulla Terra, mi ritrovo con un paio di Salomon(iche) scarpette rosse in mano. E ricordo che è venuto il tempo di correre.  E' la corsa di domani che pretende il suo ordine stabilito. Una collina, due colline, tante colline. Un lago, due laghi, tanti laghi... No, non salgo sul monte. Anche se sempre salomonicamente.... 

Un saluto. Un salto? Un volo permanente... 

Salomon Speed Cross 3. Giudizio eccellente 

1 aprile 2015

TraiLaghi 2015

Corro. Rifletto. C'è vento e c'è sole. Poi c'è solo vento. E poi c'è solo sole. Finché ci sono, penso. In salita svanisco. In discesa comprendo l'allenamento. 

La salita denatura il pensiero; assilla e stordisce le sensazioni. Le terminazioni, sofferenti, occupano il corpo. Lo assorbono e tagliano l'energia all’immaginare.

In salita non c’è tanto altro da quell'intorno di terra o di asfalto in cui (ci) si muove. L’intorno di sé si stringe in un punto, diventa inaccessibile. La coscienza non ha più il suo display. La salita non sospende mai il giudizio, lo elimina. Perdendo il controllo dei desideri, ci si avvicina pericolosamente ai limiti, agli obblighi senza logica ricompensa. Si obbedisce all’inseguimento dell’incoscienza, dell’inconscio o dell’assenza. Appunto di sé… 

Allenamento, e allenamenti al pluralismo... Infatti tollero in modo pacifico la sofferenza che allena e fa “svanire" in salita, e la gioia che allena e fa “mentire" in discesa. A svanire è la consapevolezza di sé. A mentire è il ritrovamento di sé, nell’orgogliosa illusione di ringiovanire. E poi, la gioia che non assimila la sofferenza così come la sofferenza che non assimila la gioia rendono pluralisti tutti gli allenamenti “al trail”. Tutti quanti.

Per sottolineare questo aspetto, il prossimo Trail mi vedrà contrapposto all’individualismo, partecipando in coppia con Paolo al:


Le gambe sono per natura pluraliste. La destra si alterna alla sinistra. Spero fino al traguardo!

23 marzo 2015

Il Trail dei 2 Mo(me)nti

Nella vita quotidiana ci sono "momenti di trascurabile felicità", e "momenti di trascurabile infelicità". Sono i titoli di due libri di Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore casertano, intervistato ieri sera da Fazio. I suoi "momenti" sono più che altro comici, buffi, allegri o tristi. Sono tracce di una generazione nell'intorno del culmine, dove la parabola della vita azzera la propria derivata e stabilisce l'inizio del declino. Un po' prima, o un po' dopo, certe 
cose non si apprezzano più...

Un po' come scrive Lorenzo... ieri ero (tra le nuvole) alla ricerca di un gusto particolare. Certo non ancora "dell'amarognolo dell'ultima volta", ma comunque sensibile al fatto che certi momenti di trascurabile felicità - come la zuppa di pioggia e neve che si scodella all'improvviso sulla faccia mentre si corre - presto potrebbero diventare momenti di trascurabile infelicità, di desideri impossibili, di cose irraggiungibili, di corse al passo del pensionato (per dirla come l'Orco Paolo).


Ad Almese, alle 8 di mattina di domenica, la coperta bianca di nuvole faceva passare gocce minute di gelida pioggia, e lasciava solo immaginare cosa ci fosse mille metri più sopra, dove avremmo dovuto arrivare, se tutto andava bene, un'oretta dopo. Momenti invisibili come buchi neri nelle pupille dilatate di quelli che ho incrociato, tra il ritiro del pettorale e la spunta dei partecipanti nella griglia di partenza...
      
Poi tutto è stato un susseguirsi di flash verdi e opachi nel bosco, marroni e lucidi nella pietraia, bianchi e trasparenti nel crinale tra i monti, nelle tracce selvagge predisposte dal soccorso alpino. Un alternare di freddo e caldo naturale a decifrare la discesa e la salita. Momenti di trascurabile felicità che messi uno dopo l'altro hanno coperto quasi tre ore vissute dilatate e per questo "relativamente" meravigliose.


Il tempo del Trail è migliore, ma forse è proprio dalla cima della parabola della vita che se ne apprezza la vista. Vedere il tempo che rimane, dalla cima, è pura malinconia. Di una purezza malinconica che rende felici d'aver vissuto "proprio" quel tempo del trail, appunto il migliore.

Per la cronaca, ho dato il meglio di me piazzandomi al 35° posto assoluto tra i 144 guerrieri della luce e delle ombre arrivati al traguardo...  in 2 ore e 57 minuti. 

Nella salita al Musinè

All'arrivo solitario
In crisi di zuccheri

19 marzo 2015

Pensieri elevanti

"Eccola qui, la felicità della corsa, il gusto di un gesto senza senso, che non produce niente, che non serve a niente. Nemmeno il traguardo conta. Nemmeno il risultato. Kilian Jornet con una semplice frase dice tutto quello che c'è da dire: 'Non è più forte colui che arriva primo, bensì colui che gode maggiormente facendo ciò che fa'. Vince chi gode di più. In fondo, quale felicità più grande si potrebbe rincorrere?"
< tratto dal libro "Correre è una filosofia" di Gaia De Pascale >

Domenica cercherò di portare con me questa leggerezza in più. Non voglio pensieri pesanti; non voglio filosofi erranti. Solo due piccoli monti da scalare. Due occhi per osservare quella valle a cui appartengo. Da un'essenza all'altra. La natura sarà lì ad attendere il passaggio delle fibre nervose. Tante fibre, da rilassare in salita e in discesa. Per circa 22 km, 1500 D+ e tre ore-viaggio. Il finestrino promette questo:

    

15 marzo 2015

Running

C'è una meravigliosa canzone di James Bay che mi accompagna da qualche settimana, in pratica da quando ho deciso di "risalire" l'istinto del verticale, nella corsa...

Nella terra di mezzo di questi anni brizzolati, "Running" (to the place where I belong) mi sta spingendo nell'andare, e poi nel ritornare; nel salire tutti i tornanti contrastando la gravità, e poi nel far scendere tutti i muscoli, schiacciando le molle del corpo e del luogo a cui appartengo. E' la montagna, il corpo ed il mio luogo dove posso comprimere le necessità ed espandere l'aria delle inquietudini, confondere il mio tempo che inesorabile si allontana... 

Vivo così la folle corsa non più come "folle", ma come "naturale" destinazione. Da raggiungere al meglio, seguendo la luce del cielo e l'odore dell'aria, seguendo il destino proprio come in "Country Roads" di John Denver...

Ma per fortuna mi dimentico sempre qualcosa, e per qualche istante, ad ogni allenamento, sogno d'essere ancora un elastico umano lanciato come in questo video. E poi... "when the world spins in reverse", quest'istante diventa il mio anti-country, il mio anti-age (essential dream), o solo un maledetto antifurto dell'anima...

14/3/2015 - Running al monte San Giorgio (con Paolo)

8 febbraio 2015

Correre con il branco



Mark Rowlands

Correre con il branco 
La filosofia della corsa e tutto quello che ho imparato dalla natura selvaggia.

Mondadori

***

Ecco la copertina di questo bellissimo libro che da prestito, presto, si trasformerà in acquisto. Da leggere, rileggere, sottolineare ed assimilare per chi, come me, sente la memoria della corsa affiorare per un senso, afferrare per un braccio e chiedere conto di tutto quel tempo...

Mark Rowlands ha corso e si è allenato per gran parte della sua vita: per lui, filosofia e corsa sono strettamente legate. Alla soglia dei cinquant'anni, alle prese con una crisi di mezz'età e con una maratona imminente per cui non si è praticamente allenato, Rowlands si trova a ripensare alle sue corse più memorabili in compagnia del suo inseparabile «branco»: il lupo Brenin, i cani Hugo e Nina, il cucciolo di cane lupo Tess. Dall'infanzia nelle campagne del Galles alle corse lungo le spiagge francesi fino alle colline irlandesi e alle foreste della Florida, Rowlands ha imparato che correre non deve necessariamente servire a qualcosa ma è un'attività che ha valore per se stessa e che ci permette di capire quali sono le cose che danno senso all'esistenza, nonché una fonte inesauribile di idee filosofiche e spunti di riflessione. Ironico e appassionato, Rowlands intreccia ai suoi ricordi le meditazioni che la corsa gli ha ispirato sull'esistenza, l'invecchiamento e la morte: con l'aiuto di Sartre ci farà capire perché correre lo fa sentire libero; perché la corsa è gioco, e quindi l'antitesi della feroce etica del lavoro americana; e in che senso incarna ciò che Platone chiamava la forma del bene, la cosa più preziosa. E, soprattutto, ci racconta perché farlo a ritmo del suo branco lo ha avvicinato ogni volta alla purezza e all'essenza della natura selvaggia, permettendogli di dimenticare, anche solo per un momento, gli obblighi e le sovrastrutture del quotidiano, per riscoprire il valore profondo dell'esistenza: un senso di libertà e pienezza che, ci ricorda, è dentro di noi da sempre, ma che la vita da adulti ci ha fatto dimenticare. «Correre è uno spazio in cui posso ricordare. Non i pensieri altrui, bensì ciò che molto tempo fa sapevo, ma sono stato costretto a dimenticare via via che crescevo e diventavo una persona. Sapevo, anche se non me ne rendevo conto; e in questo ero identico a tutti gli altri. Correre è un luogo del rimemorare. Ed è in questo luogo che ritroviamo il significato della corsa.»

29 gennaio 2015

Wagogo

Allenamento serale al gelo…

Questa sera proverò a sognare l’Africa, subsahariana. Non sarà difficile: la temperatura sta approssimandosi allo zero della neve padana. Andrò lontano, credo. Sicuramente come Salgari mi intrufolerò in mezzo a qualche runner di ceppo bantù.

Forse mi manca qualcosa. Certo ho trovato degli integratori a base di semi di pompelmo straordinari. Forse un po’ troppo. Neurostraordinari.

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Esistono, incredibile google! I runner di ceppo bantù! Sono i Wagogo, un milione e mezzo di pastori e agricoltori della Tanzania. Li cercherò con un sovradosaggio mentale.

Wa-Go-Go. Wanna–Gonna-Gotta. Voglio, Ho intenzione di, Devo. Anche questi sono contratti dal freddo: Want to, Going to, Got to...  Lo sanno tutti (o quasi).

E allora non mi resta che cantare: “I wanna go far away”, voglio andare lontano?
O forse: “I am gonna far away”, sto per andare lontano?
Credo che l’unica che funzioni sia una costrizione morale: “I gotta go far away”: devo proprio andare lontano…

Tutte queste abbreviazioni mi mettono i brividi addosso. 
Ho deciso che vado all'orizzonte e torno. Ancora due minuti, per favore...



28 gennaio 2015

Correre di gusto

«A forza di correre, vedi che prima o poi ci provi gusto...» mi diceva Max...
Correndo, ho notato che le papille gustative si portano a livelli di selezione salivare molto grossolana. In pratica, si perde la finezza del palato. Un po' come si perde tutto il resto, visto che lo sforzo accentra sangue ed energia quasi esclusivamente dove serve, assetando le forme di pensiero che andrebbero a sfiorare l'orgoglio, se solo potessimo osservarci in movimento... 
Senti? Senti che puzza c'è nell'aria? Mi sembra di assaggiare i rifiuti molecolari che dalla ciminiera "surfano" le aspirazioni fino al naso. Ci sento tutti i gusti. C'è un avanzo di dolce, un pizzico di salato, qualcosa di molto amaro e anche dell'acido, troppo acido.... - Ne mancano due, dice Max. Due cosa?... Gira qui. Facciamo un po' di salita, ti va? Due cosa?- Due gusti. Il quinto ed il "sesto senso" della lingua. Il sapore "grasso"! Il grasso è il sesto senso che puoi spalmarti sulla lingua, per sentirti un falso obeso. Ignoro tutto ciò e ne vado fiero. E il quinto gusto? Qual è?- Umami. Umani? Come noi? In che senso?- "u-ma-mi" in giapponese significa saporito, delizioso. La quintessenza del ristorante cinese... Max... sei troppo bello-zio-nista... 
Di questo allenamento mi basta una parola: "umami". Avrei giurato fossero abitanti ciccioni della foresta amazzonica. Invece abitano il glutammato (monosodico). L'umami indica con precisione il sapore di glutammato, che è particolarmente presente in cibi come la carne, il formaggio ed altri alimenti ricchi di proteine. M'appello al quinto emendamento dell'ignoranza, non testimoniando contro me stesso solo per una questione di gusto...

«L’umami è il quinto gusto, ossia un gusto primario che si unisce agli altri quattro (dolce, salato, amaro, acido) che abbiamo imparato a riconoscere fin da bambini. L’umami è stato scoperto nel 1909 in Giappone. Se ne discusse per anni solamente nei laboratori di ricerca, fino al 1985 quando, al primo simposio sull’umami che si tenne alle Hawaii, venne riconosciuto ufficialmente come quinto gusto, per il quale fu dimostrato che esistono nella lingua specifici recettori che ne portano le informazioni al cervello»
«L’acido glutammico (GA) è uno degli aminoacidi più presenti nei cibi, sia in forma libera che combinato in proteine. La sua funzione nell’organismo è essenziale come neurotrasmettitore, ma la sua presenza deve rispettare dei limiti di concentrazione con valori rispetto ai quali ancora oggi gli scienziati non si trovano d'accordo»
«Indipendentemente dal tipo di dieta o religione che ciascuno è libero di scegliere nella vita, sia i vegetariani che i carnivori, sia i cattolici che i mussulmani eccetera tutti hanno a che fare con l’acido glutammico ogni volta che si siedono a tavola. Fra gli alimenti che presentano un’altissima concentrazione di acido glutammico c’è il nostro prezioso e inimitabile Parmigiano Reggiano con circa 1600 mg di GA ogni 100 gr di prodotto; nella carne di pollo troviamo 12 mg/100 gr, nella carne bovina 6 mg/100 gr, nel prosciutto stagionato (18mesi) ben 337 mg/100 gr, nel mais 106 mg/100 gr e nel pomodoro maturo 175 mg/100 gr.»



27 gennaio 2015

First of all

Nessun uomo è un'isola

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento
perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto
perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato
perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente
perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Bertolt Brecht




Cake's horizon

L'orizzonte mi sorprende sempre. Nell'ultima corsetta sotto il sole c’era un chiaro arcocoseno. Fungeva da sipario, dalle Alpi alla mia ombra, scendendo dalla vetta del pigreco (in meno di uno sguardo) e precipitando sull’asfalto, col tramonto a quota zero…

Mi prefiggo una qualunque meta all’orizzonte. Ci arrivo. Poi ritorno. In soli 9 km. Basta ricordare il teorema di Pitagora per misurarne la distanza: d=√(h²+2rh), dove h = l’altezza dei miei occhi ed r = il raggio della terra. Visto che h è trascurabile rispetto ad r, d è quasi uguale alla radice quadrata di 2rh. 

Ecco dunque il mio orizzonte: è a 4,58 km esattamente (h=0,00165 ed r=6371, in km). Eppur è faticoso. Come sono lento. Credo di soffrire ancora più controcorrente. Se ci penso, l’arco della terra è un po’ più lungo della retta all’orizzonte, ma questo vale per lunghissime distanze, dove l’arcocoseno è più preciso del greco teorema del Metaponto. 

Il punto, nel frattempo, s’è allargato. L’orizzonte ha preso forma dentro un senso. Nella teglia di una torta, e nel palato…


26 gennaio 2015

Sassolini

Gennaio è un "mese spaziale". Dopo la cometa Lovejoy, oggi è previsto l'arrivo di 2004 BL86, un asteroide che passerà a distanza ravvicinata dal nostro pianeta.
L'asteroide è stato scoperto il 30 gennaio 2004 dal telescopio del LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research), il programma di ricerca del MIT, per l'individuazione dei NEO (Near-Earth Object). 
Il flyby avverrà approssimativamente a 1.2 milioni di km dalla Terra, pari a tre volte la distanza della Luna. 2004 BL86 ha un diametro considerevole, circa 500 m, e secondo la NASA bisognerà aspettare il 2027 per il passaggio ravvicinato di una roccia spaziale delle stesse dimensioni. E' prevista una magnitudo di circa 8.8, il che significa che non sarà abbastanza luminoso per essere visto ad occhio nudo (la magnitudine limite per l'occhio umano è 6).
Il passaggio di 2004 BL86 sarà ripreso in diretta streaming dalle 17.20 (ore italiane) dallo Slooh, il robot telescopico on line installato a Santiago del Cile, in grado di coprire il cielo del sud del mondo. L'asteroide passerà (con velocità relativa alla Terra di 15,6 chilometri al secondo) tra le costellazioni di Idra, Cancro e Leone e sarà visibile fino alle prime luci del 27 gennaio, giorno della memoria.
Mi limito ad “osservare” la similitudine tra la parola Slooh (che deriva da "slew" per indicare un movimento di un telescopio, modificato in "ooh" per esprimere una sorpresa) e la parola Shoah (che in ebraico significa catastrofe, “oah” per esprimere una distruzione).
L'asteroide sarà visibile in Europa, Africa, Nord e Sud America al massimo della sua luminosità. 2004 BL86 si muoverà di circa quattro gradi ogni ora attraverso il corso della notte, più veloce della Luna (circa mezzo grado ogni ora).
Mi limito ad “osservare” le seguenti parole di un giornalista: “A causa di un sistema scolastico che considera di vitale importanza l'analisi approfondita di ogni metafora, allitterazione, ossimoro, virgola e punto... contenuti nei Promessi Sposi, ci troviamo spesso, in età adulta, a soffrire di carenze conoscitive in materia di astronomia e a confondere gli anni luce con misure temporali, i buchi neri con creature diaboliche e gli asteroidi con altrettanti sassolini lanciati a caso nel vuoto cosmico…”
Resta il fatto che la tentazione di alzare gli occhi è irresistibile, anche nell’ignoranza pura di chi lancia un sassolino e attende l’eco di un senso, una caduta sicura; una cacca, un tombino, una certa paura...

25 gennaio 2015

Hystory

Le religioni che hanno promesso la vita oltre la morte (il "colpo di genio", per dirla con Nietzsche) sono quelle che hanno superato la dimensione tragica dell'uomo e vinto la partita nella storia. Vinto contro i greci, ancora vivi dentro i libri. Vinto contro i pensatori, i ricercatori. Vinto contro tutti quelli che hanno acceso le luci del dubbio...

Perché la verità è quella greca. Di Tzipras? No, di Eraclito: l'uomo non è al vertice dell’ordine naturale, ma, al pari di tutti i viventi, appartiene alla natura, pensata come “sfondo immutabile, regolato dalla legge della necessità, che nessun uomo e nessun dio ha fatto”.

Gli antichi greci, pur avendo due nomi, ánthropos e anér, per dire “uomo”, non li utilizzavano quasi mai, preferendo i termini brotós all’epoca di Omero e thnetós all’epoca di Platone, che significano “mortale”. 

Gli antichi greci prendevano sul serio la morte e non si concedevano quelle che Eschilo chiama “cieche speranze (týphlàs elpídas)”. 

Ecco l’essenza tragica della cultura greca, secondo la quale l’uomo per vivere è costretto a costruire un senso, in vista della morte che è l’implosione di ogni senso.

"Il fatto che la vita non abbia alcun senso è una ragione di vivere, la sola, del resto" scriveva Emil Cioran, avvicinandosi pericolosamente all'orizzonte che tutto nasconde. Avvicinandomi pericolosamente.


18 gennaio 2015

Snowfall

La mezzaluna, la nuova luna crescente, rappresenta la luce che illumina le oscurità, quelle dell'ignoranza o della miscredenza. La parola mezza luna "hillal" e la parola "allah" hanno lo stesso valore, seguendo l'assegnazione in arabo di un numero ad ogni lettera. 

La stella a cinque punte, invece, appare come per magia scrivendo in arabo il nome del Profeta Muhammad.

Il sole è ostile e secondario; il suo calore brucia e paralizza. La luna è benevola e fecondante; insieme a Venere orienta le greggi nel deserto.

La falce e la stella rappresentano la congiunzione fra Luna e Venere che si verificò all'alba del 23 luglio 610. Alcuni ritengono che sia esattamente la notte in cui il Profeta Maometto ricevette la sua iniziale rivelazione da Dio.

Sul ponte sventola bandiera bianca. Sul monte nuvola dell'orizzonte. Solo una piccola ombra rimane stesa su questa candida neve...



12 gennaio 2015

Freedom

Il cielo attende la libertà dell'uomo, il perdono per la pace, il sacrificio per la fratellanza. 
La libertà d'esistere con dio, senza dio, con un altro io... 

Il sole rivela con coraggio le bianche ossa; ma il rosso, il giallo e poi le tenebre, dietro una pupilla di pensiero, sventoleranno più forti della paura. 

Il vento della vita più quello della morte non mi spostano più da qui. E' qui che deciderò come e quando sarò raggiunto dall'oscurità... 

  

17 novembre 2014

Run again



"Everybody run until the sun goes down.
I wish I could see this world again...".

20 luglio 2014

Gloom




Ma è anche possibile che quando non si è per nulla motivati, le montagne si spostino dal sole. Basta sedersi dall'altra parte del terrazzo, a casa mia, per esempio. Garantisco. 

Intanto mi sdraio e leggo. Non sopporto altri schiamazzi motivazionali che affittano il fegato; non ho più il coraggio per certe età. E viceversa, cerco il digestivo. Tuona.

Poi un raggio di sole comincia a scaldare. E dove prima le montagne si facevano amare, adesso che ho tutto per loro ma non brillo, assaporo chinino e un amaro declinare...