28 maggio 2015

Avvistamento Trail

"Quando siedi, siedi; quando cammini, cammina; quando lavori, lavora." (Proverbio Zen)

Ritorno sempre al punto di partenza. Mi metto le scarpe da ginnastica, i pantaloncini aderenti, la maglietta tecnica, il cappellino; poi esco e corro. Almeno ci provo, ma non faccio in tempo a capire cosa succede esattamente, cos'è questa fatica nell'aria profumata di glicine, quel fiore d'acciaio a cui è appesa un'anima o l'orologio che mi confonde il polso e si piazza sopra di me, all'orizzonte del parco... che già torno al punto di partenza più felice.

E' una mezz'ora di Zen, la strada. Occorre "esercitare l'attenzione" e poi "calmare la mente", per "agire concentrato"; "non voler raggiungere nulla" ed "essere indipendenti da tutto". Questi pilastri di filosofia sono da vivere possibilmente in ogni istante. Percepire l'attimo e viverlo così com'è: questo è Zen. 

Dopodomani ci sarà una lunga strada da fare. Non devo pensarla tutta in una volta. Solo al passo successivo, al respiro successivo, al tratto di strada successivo. E ogni volta a quello successivo ancora. Si dice che solo così si provi piacere, attraversando l'esistenza del momento, nel momento in cui la vita lo richiede. E sentire gli istanti come si sentono i propri istinti.


17 maggio 2015

In due salti

Nell'ultima corsa avevo accolto l'etimologia di una radice che spezzava l'asfalto rovente. Correre poteva dunque parlare di cose genuine. Certo in uno sforzo condiviso. In una risata in faccia al mondo. Vivace. Loquace. Passeggera.

Dalla crepa, sottoterra, l'inconscio irragionevole ha proseguito la sua naturale visione del movimento. E l'asfalto ha lasciato il posto alla terra bagnata. La calura alla fresca pioggia. La polvere al fango. La pianura alla montagna. L'irrilevanza dell'etimologia alla sostanza dell'entelechia. Viva. Silenziosa. Finale.

Irrilevanza nel senso di "rilievi inesistenti" che la pianura non può offrire alla mente quando corro. La storia delle parole circolanti nell'allenamento senza verticalità è breve. Le radici emotivo-logiche sono corte. Pista, crono, metro. Parco, curva, piede. Puzza, striscia, moto. 

Sostanza nel senso di "sosta nutriente" che la montagna offre alla mente quando impone alla corsa di rallentare, di fermare il pensiero. E di portare a compimento una missione radicale: attraversare se stessi al contrario. Dal basso verso l'alto. Anziché scendere nelle viscere delle proprie emozioni, salire tra le nuvole dei propri desideri. Le radici sono lunghe e illogiche, ma motivanti. Mulattiera, cinguettio, temporale. Arcobaleno, tornante, pozzanghera. Inebrianza, naturalezza, movimento.

Entelechia, dal greco entelécheia, significa "avere" (échein) "il compimento" (télos) "in sé stessi" (en)’. Per Aristotele, una realtà che contiene (in se stessa) la meta finale verso cui evolvere.

Entelechia è la tensione di un organismo a realizzare se stesso secondo leggi proprie, passando dalla potenza all'atto. Una sorta di finalità interiore necessaria per raggiungere il suo pieno sviluppo. Per esempio, Giulio Cesare conteneva già in sé la vittoria sul Rubicone. E Michelangelo, parlando delle sue statue, ricordava che era il pezzo di marmo ad avere già dentro di sé quella figura, che chiedeva di uscire.

Il libero arbitrio era un concetto che Aristotele non poteva ancora stimare. Ma non importa. Ciò che conta è che per entelechia, per caso o per fortuna, sicuramente per azzardo, sabato mattina io e Paolo ci siamo spinti verso le montagne intorno a Piossasco. Erano loro a contenerci tra i sentieri erbosi, e noi a comprendere le montagne stesse, come fossero mete necessarie per poterci osservare dall'alto anche solo per qualche istante, respirare l'aria del traguardo, e poi tornare nuovamente ai piedi stanchi, con un altro sguardo...



Felici, dopo 20 km e 800 m D+

11 maggio 2015

In due crepe

Che calura. Che tormento. Uscire a correre per entrare in me stesso, dove il caldo è più liquido e animale. Potrei infilarmi in una delle tante crepe immateriali, e diventare sagoma della mia mente. Svanire dalla biologia per tutta questa strada appare così semplice... 

Ma le parole di Raffaele sono napoletane e quelle di Gabriele siciliane. Si ride a crepapelle senza osservare più nulla che sia al di sopra delle nostre fatiche. Le teste si abbassano inzuppate di sudore. 

Per terra appare un albero da una crepa. E' una radice etimologica sfuggita chissà dove. La raccolgo e scappo via. Correre diventa così lógos (discorso) sull'étymos (vero, reale, genuino). Etimo-logica-mente. O irrazionalità a forma di barbagianni?


6 maggio 2015

In una torta

La fatica è ripagata, solo adesso. Grazie Gabriele, grazie Lorenzo per la corsa di questa sera... Ma l'aria è ancora impregnata di farine di pollini integrali, e dopo l'allenamento si fa respirare - con tutta l'ansia necessaria - per impastare in fretta la torta di compleanno. La mia torta preferita, di mandorle e mele; tante mandorle e tante mele.

Aspetto con impazienza che il lievito agisca nell'intorno dei pensieri pronti per la cottura. Mi avvicino al forno, mentre alla radio Venditti canta la sua ultima canzone... 

Ma tu, torta mia, cosa avevi in mente di diventare?

La torta di compleanno

4 maggio 2015

In due note

Questa sera nell'aria dell'allenamento c'era il ritornello di un buon viaggio che rigava - leggermente distorto - l'auto di alcuni giovani fermi in mezzo alla stradina. E in mezzo al rituale muscolare ho perso il contatto con la terra e con quel che di terreno stava intorno a me. Rallentando per ascoltare le parole ho riprovato la semplicità di un'esperienza - lo spaesamento? lo Zen? - che ha luogo là dove l'inessenziale è messo da parte...    

Il Buon Viaggio di Cesare Cremonini è così diventato speciale, e "l'orizzonte verticale" ha spinto gli occhi verso l'alto, fin dove si poteva arrivare a cantare...  
"Buon viaggio, che sia un'andata o un ritorno, che sia una vita o solo un giorno, che sia per sempre o un secondo... L’incanto sarà godersi un po’ la strada... 
Ti aspetto, dove la mia città scompare, e l’orizzonte è verticale... Lasciare tutto indietro e andare, partire per ricominciare. E per quanta strada ancora c’è da fare, amerai il finale...
In fondo è solo un mare di parole, e come un pesce puoi nuotare solamente quando le onde sono buone. E per quanto sia difficile spiegare, non è importante dove; conta solamente andare..."  

3 maggio 2015

In due parole

In salute e felice. In due parole definite, il dominio e il codominio dell'esistenza umana. Se fosse così matematica, la funzione "esistere" avrebbe per dominio "la salute", ovvero l'insieme dei giorni sereni in cui ha senso valutare l'esistenza, e avrebbe per codominio "la felicità", ovvero l'insieme dei valori della vita. Tra alti e bassi, tra immaginario e reale, tra meditazione ed azione...

Però i valori sono altri: una dozzina d'ali morali da sbattere per scrollarci di dosso la polvere sollevata in tanti anni di corsa individuale. Individualistica. Arrivistica-mente. A volte la polvere è così spessa che può spezzare un'ala. Ed è in quel momento, più d'ogni altro, che si capisce perché tutti i valori della vita sono matematicamente quelli che danno la felicità...