23 marzo 2015

Il Trail dei 2 Mo(me)nti

Nella vita quotidiana ci sono "momenti di trascurabile felicità", e "momenti di trascurabile infelicità". Sono i titoli di due libri di Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore casertano, intervistato ieri sera da Fazio. I suoi "momenti" sono più che altro comici, buffi, allegri o tristi. Sono tracce di una generazione nell'intorno del culmine, dove la parabola della vita azzera la propria derivata e stabilisce l'inizio del declino. Un po' prima, o un po' dopo, certe 
cose non si apprezzano più...

Un po' come scrive Lorenzo... ieri ero (tra le nuvole) alla ricerca di un gusto particolare. Certo non ancora "dell'amarognolo dell'ultima volta", ma comunque sensibile al fatto che certi momenti di trascurabile felicità - come la zuppa di pioggia e neve che si scodella all'improvviso sulla faccia mentre si corre - presto potrebbero diventare momenti di trascurabile infelicità, di desideri impossibili, di cose irraggiungibili, di corse al passo del pensionato (per dirla come l'Orco Paolo).


Ad Almese, alle 8 di mattina di domenica, la coperta bianca di nuvole faceva passare gocce minute di gelida pioggia, e lasciava solo immaginare cosa ci fosse mille metri più sopra, dove avremmo dovuto arrivare, se tutto andava bene, un'oretta dopo. Momenti invisibili come buchi neri nelle pupille dilatate di quelli che ho incrociato, tra il ritiro del pettorale e la spunta dei partecipanti nella griglia di partenza...
      
Poi tutto è stato un susseguirsi di flash verdi e opachi nel bosco, marroni e lucidi nella pietraia, bianchi e trasparenti nel crinale tra i monti, nelle tracce selvagge predisposte dal soccorso alpino. Un alternare di freddo e caldo naturale a decifrare la discesa e la salita. Momenti di trascurabile felicità che messi uno dopo l'altro hanno coperto quasi tre ore vissute dilatate e per questo "relativamente" meravigliose.


Il tempo del Trail è migliore, ma forse è proprio dalla cima della parabola della vita che se ne apprezza la vista. Vedere il tempo che rimane, dalla cima, è pura malinconia. Di una purezza malinconica che rende felici d'aver vissuto "proprio" quel tempo del trail, appunto il migliore.

Per la cronaca, ho dato il meglio di me piazzandomi al 35° posto assoluto tra i 144 guerrieri della luce e delle ombre arrivati al traguardo...  in 2 ore e 57 minuti. 

Nella salita al Musinè

All'arrivo solitario
In crisi di zuccheri

19 marzo 2015

Pensieri elevanti

"Eccola qui, la felicità della corsa, il gusto di un gesto senza senso, che non produce niente, che non serve a niente. Nemmeno il traguardo conta. Nemmeno il risultato. Kilian Jornet con una semplice frase dice tutto quello che c'è da dire: 'Non è più forte colui che arriva primo, bensì colui che gode maggiormente facendo ciò che fa'. Vince chi gode di più. In fondo, quale felicità più grande si potrebbe rincorrere?"
< tratto dal libro "Correre è una filosofia" di Gaia De Pascale >

Domenica cercherò di portare con me questa leggerezza in più. Non voglio pensieri pesanti; non voglio filosofi erranti. Solo due piccoli monti da scalare. Due occhi per osservare quella valle a cui appartengo. Da un'essenza all'altra. La natura sarà lì ad attendere il passaggio delle fibre nervose. Tante fibre, da rilassare in salita e in discesa. Per circa 22 km, 1500 D+ e tre ore-viaggio. Il finestrino promette questo:

    

15 marzo 2015

Running

C'è una meravigliosa canzone di James Bay che mi accompagna da qualche settimana, in pratica da quando ho deciso di "risalire" l'istinto del verticale, nella corsa...

Nella terra di mezzo di questi anni brizzolati, "Running" (to the place where I belong) mi sta spingendo nell'andare, e poi nel ritornare; nel salire tutti i tornanti contrastando la gravità, e poi nel far scendere tutti i muscoli, schiacciando le molle del corpo e del luogo a cui appartengo. E' la montagna, il corpo ed il mio luogo dove posso comprimere le necessità ed espandere l'aria delle inquietudini, confondere il mio tempo che inesorabile si allontana... 

Vivo così la folle corsa non più come "folle", ma come "naturale" destinazione. Da raggiungere al meglio, seguendo la luce del cielo e l'odore dell'aria, seguendo il destino proprio come in "Country Roads" di John Denver...

Ma per fortuna mi dimentico sempre qualcosa, e per qualche istante, ad ogni allenamento, sogno d'essere ancora un elastico umano lanciato come in questo video. E poi... "when the world spins in reverse", quest'istante diventa il mio anti-country, il mio anti-age (essential dream), o solo un maledetto antifurto dell'anima...

14/3/2015 - Running al monte San Giorgio (con Paolo)