29 ottobre 2013

La compagnia della corsa

Domenica 27 ottobre 2013 

Ritrovo al Parco Dalla Chiesa di Collegno
(Carmelo accovacciato, Andrea, Vito, Gabriele, Gianni, Ennio, Roberto, Marcello e Raffaele)


Abbracci e sorrisi prima della gara sociale
(Carmelo, Vito, Gabriele, Gianni, Marcello, io ed Ennio)


Foto ricordo dell'Atletica La Certosa (quelli che c'erano)

E tutti gli altri?

25 ottobre 2013

La mia ignoranza

“Ho sempre venduto la mia ignoranza” (Richard Saul Wurman) 

Chi non ha mai venduto la propria ignoranza scagli la prima pietra. Io certamente non mi sottraggo, anzi. Quasi quasi mi avvicino all'illuminato, diffuso pensiero... 

Ci sono tante persone che vendono le proprie competenze. Io ho sempre venduto la mia ignoranza”. Si presenta così, Richard Saul Wurman, il fondatore delle celebri conferenze Ted, che uniscono luminari di varie discipline all’insegna del motto “ideas worth spreading”, idee che vale la pena diffondere, di passaggio a Milano per incontrare giornalisti e pubblico nell’ambito della manifestazione Frontiers of Interaction. 
A 78 anni, l’uomo che Fortune in un memorabile articolo definì, un “edonista dell’intelletto” non ha perso la voglia di girare il mondo e guardare da punti di vista inediti ciò che gli altri danno per scontato. “Mentiamo spesso a noi stessi – continua Wurman – fingendo di capire quello che non capiamo e di interessarci a cose che non ci interessano. Prendiamo la crisi economica, di cui si è detto che è costata trilioni di dollari: c’è qualcuno che riesce davvero a capire con l’intelletto quanto sia un trilione? No. Perciò la questione oggi, non è tanto quella di Big Data, quanto di Big Understanding, trovare un linguaggio attraverso cui rendere comprensibili tutti i dati che abbiamo”.

Quasi il manifesto di una vita, per un ex architetto il cui primo grande successo professionale fu, negli anni ’80 del secolo scorso, la serie di guide di viaggio Access, in cui le informazioni turistiche erano organizzate in maniera tale da agevolare, attraverso un nuovo sistema di mappature per aree limitrofe, colori identificativi e simboli grafici di vario tipo il più possibile la consultazione da parte del lettore.
Wurman lancerà l’anno prossimo un nuovo ciclo di conferenze, intitolato “555 ” e reclamizzato come “davvero globale” perché condotto girando in tour per il pianeta.
Se mi avessero chiesto da giovane quello che volevo dalla vita – afferma  è vivere una vita interessante, non per forza bella, ma interessante”. Missione compiuta.

Chi non ha mai comprato l'altrui ignoranza scagli la prima pietra. Io certamente non mi sottraggo, anzi. Quasi quasi mi allontano all'oscuro, illuminato dal pensiero...




14 ottobre 2013

Minuscole metafisiche

Come scriveva Tolstoj e ora canta Fabri Fibra, "ha ragione chi è felice". La felicità dà diritto di cittadinanza alla ragione, la ospita e la ripaga con il sentimento, la partecipazione, la commozione, la necessità di un'appartenenza nuova. 

Ha ragione chi è felice perché ha torto chi felice non è. L'appartenenza politica, la classe sociale, la religione statale, la carriera aziendale, la famiglia tradizionale... sono luoghi non più felici. Singolarità del passato. 

In questa orizzontalità di vedute, gli artisti si sono trasformati in "maestri", i cantanti in "guru", gli attori in "pensatori"... per le nuove generazioni. E questo sulla base di un criterio che è stato battezzato dai sociologi: "autorevolezza sentimentale": qualcosa che guida l'emozione personale. Ti credo perché mi commuovi; ti credo perché mi trasformi, immediatamente, in una persona più felice.

Si è accorciata l'antica filiera, quel cammino "dio-sciamano-credente" dei tempi pre-globali, pre-internautici. Quando Bob Marley cantava il rastafanesimo e i suoi fan si facevano crescere i dreadlocks e si facevano le canne, non era lui che adoravano. Lui era il tramite della religione proclamata dal negus di Etiopia, a sua volta incarnazione di Jah, il dio supremo.

Oggi i sociologi dicono più o meno che "la figura dell'artista-guru ha creato l'illusione che la divulgazione equivalga al contenuto e che poche regole seguite alla lettera siano il viatico per la felicità e il benessere, e magari pure l'lluminazione". 

Una parola, una nota, un'espressione, e si attraversa il confine. Dall'altra parte, dalla parte dell'illuminazione, c'è l'illimitato, conosciuto il quale non c'è più niente da temere. E' una sensazione che stravolge e che potenzia. La nuova conoscenza. 

I sociologi insistono: "la conoscenza non è un dono, è l'indicazione per un cammino, lungo e complicato... In un tempo velocissimo, nessuno può permettersi troppa speculazione: serve il risultato. Semplicità, velocità, brevità. E tatuaggi, slogan sulle magliette e tweet sono libri sapienziali di tali minuscole metafisiche."

Forse la conoscenza può essere un dono, come la felicità, ma deve essere questa: 


12 ottobre 2013

Il confine

E poi ci sono cose che sento mie, ma non so spiegarne il perché. Cose semplici, ripetizioni, moltitudini, suoni. Come certi sacchi di fagioli che vedo al mercato. Ce ne sono di piccoli, grandi, chiari, scuri. Sfumature che sembrano liquidi, vicino ad altri semi, lenticchie, mandorle, nocciole. Si comprano insieme al loro rumore. Cesti rotondi e attraenti, sguardi della natura, strumenti di una terra matura. 

Mi fermo e inizio a pensare. Sono fagioli rampicanti. Sento nelle mani il sapore del tempo che è passato sul mio corpo lasciando per aria le stesse sfumature che ora vedo e respiro. Un passo avanti e due indietro, una foglia sospesa; sono nel quadro l'apertura, la luce nella tela.

Infilo le mani nel cesto, sono insieme a loro, e provo a fare le radici. Nessuno sa il (proprio) confine. In questo viaggio impossibile...





8 ottobre 2013

Cosa significa pensare

"Cosa significa pensare?" se lo domanda Heidegger. Per noi occidentali, pensare significa afferrare, prendere. Acquisire un pensiero per elaborarlo, piegarlo alla nostra volontà, per non lasciare le cose così come stanno. Pensare per possedere, per scoprire il segreto della natura e disporne. 

La tecnica è qualcosa di molto occidentale. L'istinto, qualcosa di molto orientale. La ricchezza materiale è qualcosa di molto occidentale, la ricchezza spirituale qualcosa di molto orientale. Le parole sono più occidentali dei silenzi, quelli che servirebbero nei disastri.

In Oriente, il pensiero non afferra le cose, ma semplicemente le conosce per connettersi ad esse e comprendersi nel tutto che ospita. In Oriente, il pensiero non è mai stato declinato nella direzione del potere. In Occidente, la conoscenza non rivela mai la sua innocenza, ma quasi sempre la sua cupidigia: il potere del tiranno genera esodi di massa; il potere finanziario genera masse di esodati.

In Occidente non lavoriamo per vivere, lavoriamo perché siamo preda di un pensiero che pensa in termini di elaborazione della natura, quella natura che al tempo di Eraclito "amava nascondersi" e che ora, aggredita dal pensiero occidentale, è diventata un deposito di risorse. La terra si coltiva, il sole e il vento si sfruttano, la montagna si frantuma, l'acqua si turbina; dalle piante alle imbarcazioni, dalla pesca alle catene utilitaristiche. Tutto converge nell'homo faber, il soggetto che è in grado di operare una trasformazione reale del pensiero in qualcosa di pratico. In fondo, non sappiamo pensare se non agitandoci.

"Così pensa l'Occidente, da Socrate a Nietzsche: in termini di volontà di potenza e quindi di aggressione e conquista. E non c'è più da stupirsi se il mondo è diventato tutto occidentale, percorso da un pensiero che conosce solo progetti e conquiste".

Eppure, ad un certo punto, Heidegger iniziò a dire che "pensare significa lasciar-essere (lassen) le cose come in se stesse sono, udirne il richiamo (heissen), disporsi all'ascolto (danken)". Un distacco dall'occidente senza mezzi termini!

Scrive ancora Heidegger: "E' venuto il momento di disabituarsi a sopravvalutare la filosofia e, di conseguenza, a pretendere troppo da essa. Nell'attuale povertà del mondo, questo è necessario: meno filosofia e più attenzione al pensiero; meno letteratura e più cura alla lettura delle parole. Il pensiero, infatti, col suo dire, questo solo fa: porta al linguaggio la parola inespressa dell'essere. Ed è per questo che il linguaggio è insieme la casa dell'essere e la dimora dell'essenza dell'uomo. Il pensiero deve scendere nella povertà della sua essenza provvisoria e raccogliere il linguaggio nel dire semplice. Il linguaggio è il linguaggio dell'essere come le nuvole sono nuvole del cielo. Il pensiero, con il suo dire, traccia nel linguaggio solchi poco vistosi. Essi sono ancora meno vistosi dei solchi che il contadino, a passi lenti, traccia nella campagna".

***

Il linguaggio di un corpo libero di correre non sente il fruscio di un pensiero che cerca di trovarne le ragioni... 

Una sola lingua, quella interiore, è assetata di essenze orientali, ma non sempre riesce ad esprimersi. E così si ripiomba in un sonno profondo ed incosciente... 


  

4 ottobre 2013

Omelia del runner

"When you've lost yourself in a minute..." canta in questa canzone, Ocean 5 a.m., il grande Jack, nel breve incipit di un grande concerto di questa estate...

E l'Inferno si è aperto, in un minuto, proprio alle 5 di mattina di ieri, di fronte all'isola dei conigli di Lampedusa. Si è perso l'uomo, si è persa l'umanità, nell'oceano dei sogni bruciati ed affogati. Nella stiva di una vecchia bagnarola, intrappolate, le urla sono riuscite a spaccare i cuori, anche quelli che non battevano più per certi diritti: la libertà di vivere, di sopravvivere e di partecipare. Non sono cose scontate, e qualcuno paga un prezzo insopportabile. Io sento quelle urla vicino...

"And you'll always burn...Ocean 5 a.m  

L’hangar della morte è un capannone alla fine della pista dell’aeroporto di Lampedusa, dove sono state deposte oltre cento anime finora recuperate insieme al rispettivo corpo. Sopra ogni sacco è spillato un numero che servirà alla polizia scientifica. In file doppie seguono il perimetro dell’hangar, dove chi entra ed esce non parla, sente solo il dolore che si è materializzato tra i tessuti ed il calore del proprio sangue.

I sudari di plastica soffocano di rabbia e di dolore. Ed io niente posso fare, neppure dimenticare. E dio pure. "Forgiven"