26 ottobre 2016

musinè

Ho sempre vissuto da queste parti, eppure non sapevo che musinè significasse "asinello", in dialetto piemontese. Un po' mi vergogno, forse ho la testa d'asinello anch'io...

Intanto arriva la sera piovviginosa, e si fugge dal solito ufficio. Con Luca e Massimo puntiamo al Monte Musinè. Troppo in alto, sì, correggiamo la mira e accontentiamoci di una corsetta lungo la taglia fuoco. Una dozzina di chilometri saliscendi possono bastare. 

Quest'asinello d'un monte è "conteso tra esoteristi, paleo-complottisti, fanta-archeologi, ufologi, antagonisti no Tav e rampolli della Giovane Italia: ognuno ne fa strumento di battaglia, scenario di rivelazioni occulte, antenna di sante energie o rifugio d’anime dannate." Qualcosa di strano l’avrà pure, se nel corso dei secoli ha generato tante credenze da diventare riferimento preferito degli UFO o, addirittura, una base aliena...


Alcuni graffiti sintetizzano la storia al povero turista inesperto o a quello inconsapevole di trovarsi in un luogo misterioso. Noi graffiti umani seguiamo la traiettoria immaginaria che unisce la passione per la corsa all'impressionismo dell'anima, verso nuovi realismi e vecchi romanticismi. Non capire è il privilegio di questo Musinè.

19 ottobre 2016

Istanti

«Hai il tempo e ti credi povero?». Hai ragione, mi sento ricco. Spendiamo il tesoro correndo? Chiudo l'ufficio alle spalle, raccolgo Luca (che nasce a sud ovest di Milano) e insieme partiamo "a verdeggiare" tra raggi serali di libertà, sotto forma di abeti, querce, robinie e forse pioppi. La strada s'inerpica sopra Piossasco, sopra il tempo e le sue nuvole, che poi sono semplici ombrelli intrecciati di rami, come i nostri pensieri che ritornano a crescere. Si continua a salire con pendenza regolare, battiti in salita, getti sanguigni come germogli di fagioli magici salgono biforcandosi ad ogni falcata.  

«Continua ciò che hai cominciato e forse arriverai alla cima, o almeno arriverai in alto ad un punto che tu solo comprenderai non essere la cima». Arriviamo con antica filosofia fin dove il tempo si ferma e il sudore condensa qualche istante di felicità. Poi la discesa continua, sorridendo. Al tempo.



9 ottobre 2016

Circolare

Da tempo ormai inanello una serie di strade immaginarie e poi tiro dritto verso qualche luogo di raduno podistico. Circolo, come dice Ferdinando Camon a proposito di opere letterarie, speditamente, senza trascinarmi dietro l'autore (di una gara). Mi sento libero come sono liberi (gli autori) che adottano nomi falsi, pseudonimi, eteronimi, dietro cui nascondersi per esprimersi con tutta la naturalezza e la spontaneità che possiedono.

"Tra l’uomo reale e l’uomo che scrive libri non c’è identità. E non è vero che se non conosci l’identità non puoi capire quello che scrive"... dice Camon. Così tra l'uomo reale e l'uomo che corre in mezzo alle sue follie non c'è identità, almeno durante la fisica lettura interiore. E non è vero che se non conosci te stesso non puoi capire quelle sensazioni che affiorano all'improvviso, dopo venti o trenta sferzanti chilometri di corsa. Anzi, proprio non conoscendosi, non aspettandosi, chi corre è nelle condizioni di percepire l'essenza altrui che ad un certo punto emerge, dimenticando la sfida, la gara, la conquista del posto. Tra l'uomo reale e l'altrui che scrive con le gambe c'è questa assenza di identità, mutevole, folle e immaginaria. Si legge il ritmo, si ascolta una conversazione, si entra nell'altra storia. Si confrontano le amnesie, si colorano ricordi in bianco e nero, senza sapere chi è l'autore che corre al proprio fianco.

Da un po' di tempo corro così, anonimo in me stesso. La scorsa settimana ero alla maratona di Torino dove ho immaginato momenti di gloria alla Forrest Gump. Questa mattina ero al giro di Testona, a Moncalieri, partito da lontano per arrivare lontano. Una decina di chilometri per raggiungere la partenza, una decina di chilometri di percorrenza, una decina di chilometri di rientranza. 

Il viaggio interiore è stato avventuroso. Grazie a Carmelo, Fausto, Marco, Paolo, Elisa... e agli altri anonimi. Come vuoi essere chiamato? Quello è il tuo nome. L'altro non c'è più...



Scrive Ferdinando Camon: "Sul contratto di un esordiente l’editore dovrebbe chiedere: «Come vuoi essere chiamato?», come si fa col Papa appena eletto. Quello è il suo nome. L’altro non c’è più.
Ci sono aneddoti su Leopardi che mi disturba conoscere. Come non si lavava… Come risolveva i suoi problemi sessuali… Come puzzava così tanto, che se andava a trovar amici all’ora di pranzo quelli smettevano di mangiare. La conoscenza di questi dettagli non mi serve per capire l’Infinito o A Silvia, anzi m’intralcia. Voglio dire: se non sapessi quegli aneddoti, quei versi li capirei meglio. Ingenuo come un bambino nel maneggiar denaro era il Foscolo, ma quando leggo I Sepolcri devo sgombrar la mente da questo ricordo. Ottieri beveva i profumi di sua moglie, perché era assuefatto all’alcol e i profumi contengono alcol. Lo rivela il suo analista, Cesare Musatti. Non c’è peggior vizio che quello di consultare un analista per scoprire la vita segreta di uno scrittore. Non c’è identità tra l’uomo che scrive e l’uomo che va in analisi. Se ci fosse identità, non andrebbe in analisi. Dopo la Ciociara, la vita di Moravia diventò un martirio. Come quella di Bassani dopo i Finzi-Contini. Come quella di Pasolini dopo i Ragazzi di vita. Lo scrittore che scrive sotto pseudonimo scrive in sincerità e verità. È libero perché è sconosciuto. Gli scrittori che scrivono col proprio nome e cognome sono schiavi della famiglia, dei parenti, del quartiere, degli amici… Sono ricattabili."