2011 - Cronache di corsa

ALMESE: 18/12/2011

Corsa non competitiva

Almese è terra di speranze e iniziative, di ciliegie d’estate e cachi d’inverno.

Ci fu chi, alla fine del 1800, acquistò la porta merlata situata a nord della torre e durante i lavori di restauro rinvenne una pergamena nella quale si indicava un tesoro nascosto in una galleria che giungeva fin sotto la torre: convinto e speranzoso, iniziò a scavare un cunicolo nella viva roccia della cantina; scavò invano per due anni e per 16 metri, poi le sue speranze finirono con la "spagnola".

Il tempo matura la frutta, l’evoluzione migliora la specie: ora c’è chi sa che il tesoro esiste davvero, ed è già dentro noi. Si chiama solidarietà, una speranza da ritrovare in ogni stagione della vita, condividere e spendere come moneta corrente, anche nelle piccole cose...

Solidale è stata anche la nostra Atletica La Certosa, stretta oggi attorno all’appello del consigliere comunale Cinzia Allasia, valente podista e promotrice di questa corsa non competitiva per le vie di Almese. Il ricavato servirà per aiutare - nelle spese mediche - i genitori di un bambino malato di distrofia, Federico.

Molti i presenti, nonostante la giornata tipicamente invernale. Vario e piacevole il percorso, una sorta di triangolo da correre velocemente, in due giri, per un totale di 6700 metri. Rettilinei e salite, ampie discese e forse qualche automobile di troppo in circolo, ma sempre con una piacevole vista sul Musinè e sul Rocca Sella, all’inizio della mia bella Valle di Susa.

Purtroppo, è da segnalare la caduta di un ragazzo in bicicletta. Il nostro Francesco Sansonne ha prestato i primi soccorsi, spezzando la corsa e notando la gravità dell’impatto solo attenuato dal casco. Alla fine della gara abbiamo assistito anche all’arrivo dell’elisoccorso, ma non sappiamo altro.

Alla raccolta di oggi, insieme a Sansonne e al nostro presidente Domenico Robbe che ha “passeggiato” a 4 minuti al chilometro, da segnalare: Giuliano Moretti, il più veloce; Fabio Crepaldi, Max Nanotti, il sottoscritto (media di 4’13”/km), Giuseppe Mariniello, Andrea Buscemi, Alberto Colbertaldo, Roberto Pegoraro, Pietro Lorusso e Vincenzo Congiu, in ordine non proprio esatto.

Adesso non resta che tuffarci nelle festività, nuotare se possibile e riprendere a respirare nelle vasche dei prossimi cross 2012 di gennaio e febbraio...



TRINO: 27/11/2011

A Trino vercellese ci sono due cose di troppo: la nebbia e l’uranio. La nebbia è storia antica e forse non se andrà mai da qui. L’uranio è storia moderna e il combustibile irraggiato è ancora nella piscina di decadimento all'interno della centrale nucleare Enrico Fermi in fase di “arresto a freddo”. E’ un rifiuto nel rifiuto di un’idea disumana che non si estirpa, ma che un giorno “illuminato” potrà mettersi in marcia verso l’esilio eterno. Io lo spero, per le generazioni future.

Dagli anni di follia ai chilometri di fatica, in attesa del traguardo dell’anima. In mezzo alla strada, la nebbia, anche oggi, e la via indicata del ritorno alle origini semplici della terra e della corsa. Una via di fuga intrisa di sudori e di vapori d’uomo, atletici e balsamici amici.

Sotto il giallo gonfiabile della partenza, tutti amalgamati nell’umidità irrisoria degli alveoli, abbiamo assaporato questa “terra d’acqua” inebriante e vastissima: sostanza sospesa, saturata, confusa con i liquidi pensieri da assorbire lentamente nello sforzo: corpo e mente in un’unica scatola di pelle.

Il percorso della maratonina di 21 km è stato un unico giro asfaltato tra le risaie, attraverso luoghi suggestivi e invisibili, nei comuni di Trino, Robella e Costanzana. E ritorno. Un circuito leggermente ondulato, in compagnia di atleti e amici ordinari e straordinari, di  mostruose handbike, di gente comune, alpini, bande musicali in posa, di ottimo servizio di ristoro… e della gara.

Ivano Pozzebon ha vinto la quinta edizione valida per il campionato nazionale UISP. Un extraterrestre (amatoriale) che ha corso nel gran tempo di 1:07:31.

Per gli altri, tutto è stato un regalo di lunghissimi chilometri dopo lo sparo, fino al primo sole del mattino, inaspettato. Un abbeveraggio di vita di pianura e di fango, un tempo difficile da asciugare, spalmato come sentiero tra i campi e le case di mattoni vicine e lontane. Qualcuno a guardare per strada e ad applaudire la locomotiva umana. Qualcuno dal balcone, a rimproverare l’invasione di colori e di rumori, di automobili e fumi nei posti sbagliati. Vigili come non mai, questi trinesi…

Intorno a me tanti sorrisi di fatica e denti stretti nelle smorfie di gruppi compatti, abbracciati insieme. A sorreggersi nell’impresa di trasferire organi vivi da un punto all’altro della terra,  nel più breve tempo possibile, senza apparente motivo (per chi non corre)…

La partecipazione dell’Atletica La Certosa è stata significativa: nove presenze hanno contribuito a formare la massa critica degli atleti in gara: ben 878 giunti al traguardo cronometrico. Molti si sono anche arresi.

La corsa, come si sa, è storia personale, singolare espressione, viaggio al centro di sé. Lo start, il big bang. Nella gravità dell’attesa che precede il via si formano gli ammassi più o meno omogenei di gambe e ambizioni. Si cerca l’intesa per ripartire gli smarrimenti e le sofferenze. Si combina una tattica, nell’illusione del controllo di ogni parte del corpo, con la mente.

Tutto poi fallisce nel default di un beep esplosivo e primordiale. I legami e le alleanze durano lo spazio di una traiettoria sempre diversa, la propria e non quella dell’Altro. Più veloci, più lenti, raramente sincroni, siamo stati comunque protagonisti di migliaia di falcate vicine, di occhiate, di schiarite di gola e di orizzonti viscerali. Poche parole, ma tantissime corde emotive e psicologiche, quasi a soffocare, strangolati, prima dell’arrivo. Una giungla di fibre in risalita dalle gambe alle braccia, alla bocca, agli occhi, nel tentativo di fermare l’azione, il movimento. Una lotta tanto più dura quanto più si è disposti a combatterla, e a vincerla. Una pacca sulla spalla in allenamento, ma un pugno nello stomaco all’ultimo chilometro sforzato.

Qui i nomi di chi ricorderanno l’impresa di squadra, in ordine di arrivo e di tempo reale impiegato:

1° Marco Palmitessa in: 1:25:50
2° Domenico Robbe in: 1:26:25
3° Gianluca Bergonzo in: 1:28:20
4° Giuseppe Mariniello in: 1:32:46
5° Max Nanotti in: 1:33:17
6° Mariano Biagi in: 1:34:16
7° Ennio Moscato in: 1:36:53
8° Vito Amadio in: 1:41:35
9° Diego Zorzan in: 2:12:12

A Marco Palmitessa l’onore di guidare ancora il gruppo dei certosini nelle lunghe distanze; ricordo l’ottima prestazione nella maratona di Torino del 14 novembre scorso, corsa nel tempo di 3:07:34. Speriamo di incontrarlo anche in edizioni più corte e veloci.

Al presidente Domenico Robbe l’onore di aver attraversato la giungla con il coraggio di Sandokan, la tigre di Mompracem.

A Gianluca Bergonzo l’onore di essere annoverato quale atleta modello che nella progressione migliora il ritmo della gara dall’inizio alla fine, come si conviene nella scuola del welrunness.

Ottime le prestazioni di Giuseppe Mariniello e Max Nanotti che migliorano i loro personali sulla distanza. Superato al 14° chilometro, ho cercato di mantenere la loro scia in questa mia prima prova di gran fondo ed anche prima corsa continuativa sopra i 12 chilometri...

Ennio Moscato, in ripresa da un risentimento al ginocchio, ha dimostrato il completo recupero, così come Vito Amadio che procede nella graduale conquista di migliori piazzamenti e tempi.

Infine, Diego Zorzan chiude la cronaca in un tempo da allenamento da trasferta alle risaie…

L’arrivederci a presto è cosa scontata. Anche con la neve…



TORINO FALCHERA: 06/11/2011 

Ma che cos’è la città se non la gente? (W. Shakespeare)

In questa parte di città la pioggia entra nella gente, anche dentro casa. E si appropria delle cose e dei nomi di ognuno, da sempre…

Salvatore Scavello era consigliere militante nel PD della Circoscrizione fino alla sua recente scomparsa: a lui è dedicata l’attuale edizione della corsa.

Antonino Miccichè, detto Tonino, siciliano della provincia di Enna: a lui è intestata la piazza di partenza della corsa. Miccichè fu uno dei tanti giovani emigrati che giunse a Torino nel 1968 e che fu assunto alla Fiat, divenendo un'avanguardia interna alla testa delle lotte operaie e dei cortei dentro e fuori la fabbrica. Dopo alcuni anni travagliati ed episodi che lo videro varcare la soglia del carcere e perdere il posto di lavoro, la sua generosa militanza lo portò ad essere in prima fila nelle lotte per il diritto alla casa e ben presto, per tutti, divenne "il sindaco della Falchera". Il 17 aprile del 1975 (all’età di 25 anni), tuttavia, la sua vita fu troncata dalla mano omicida di un abitante del quartiere, una guardia giurata, che per l’occupazione di un garage gli sparò a freddo. Tonino Miccichè morì con il sorriso sulla bocca; il suo assassino se la cavò con pochi anni di carcere.

E così via, a ritroso, sino ai fratelli Giacomo e Francesco Falchero: da loro prende nome il quartiere Falchera. Erano i padroni del territorio originario che univa con una linea ideale la proprietà “Santa Cristina”, il podere “Gli Stessi” e la stazione ferroviaria Stura. Un tempo fitta boscaglia, la zona era frequentata da fuorilegge che rubavano le merci dei carrettieri canavesani in transito verso la città. Per ospitare i viandanti nacque una locanda e intorno ad essa, verso il 1850, sorse il vecchio borgo della Falchera, di cui ora rimangono solo alcuni casolari lungo strada Cuorgnè. Oggi il territorio è diviso in due parti: Falchera vecchia e Falchera nuova. Nel 2009 si sono festeggiati i 55 anni di vita della zona vecchia e i 35 anni della zona nuova: in tale occasione è stato redatto un pregevole volume con descrizioni e tante fotografie, disponibile sul sito web del periodico “Gente di Falchera”. Per i curiosi, ricordo che il cognome Falchero, tipicamente torinese, è il secondo cognome nel paese di Viù e deriva dal nome di mestiere del falconiere che ammaestra e controlla il falco durante le battute di caccia.

***

La pioggia entra nella corsa lentamente, in mezzo alle vie, ai corridori, agli arredi urbani rattristati e logorati, ai cani randagi. Parla di quartiere londinese di periferia e trasmette dolori e fatiche vecchie e nuove... Ne vuole dimezzare, oggi, il suo peso. Ed è così che la prevista competizione di oltre 9 km si sconta, si svaluta, e termina dopo poco più di 6 km.

La nostra Strafalchera inizia come lotta operaia in seno all’Atletica La Certosa. Una fila di gocce saltellanti sopra arti da lavoro, cappelli di fortuna e diritti di runner da acquisire o confermare… Si corre in mezzo al quartiere, su tre brevi giri molto grigi anche in piena estate. La fermata della linea 4, laggiù, sembra l’unica a condurre verso il centro dell’essere uomini e rapaci… (falcari).

Penso a quest’ultima gara dell’anno e agli allenamenti che avrei potuto fare e non ho fatto, ma sbaglio…

Rallento inesorabilmente dopo i primi chilometri e lascio correre le gambe della fantasia: San Pietroburgo e la Russia si comprimono in Pietro Lorusso… e una finestra sull’occidente si apre anche qui, lontano dal mar Baltico e lontano dal fronte, dove niente di nuovo appare anche nelle retrovie… Mi giro e lo cerco, ma la colonna è lunga e non riesco a salutarlo: è dal ’78 che corre nella podistica dell’area grugliaschese e vorrei ringraziarlo per il messaggio di perseveranza ed entusiasmo che incarna e sa trasmettere con semplicità ed ironia (mantengo la promessa, Pietro :-))

L’acqua scende a frizionare le cuti arrossate in superfici sempre più ampie di ricordi di imprese passate, di escursioni impegnative. Sopravvivenza, istinto e lotta contro il tempo sono parole che si fanno strada tra pozzanghere di piedi e di occhi. Ma il traguardo arriva prima dei ricordi importanti: non trovo quelle parole senza forma che l’inconscio manipola per liberare le energie più interne, nucleari, per scaldare materia muscolare e cerebrale… e finisco dietro i miei rivali delle ultime gare… nonostante gli incitamenti di Raffaele!!!

Raffaele de Luca ed il cugino Gabriele Cavaliere mi superano verso la fine; appena davanti a loro c’è Andrea Maggi che ha corso con me i primi 5 chilometri; davanti ancora vedo Max Nanotti, a ridosso di Roberto Mastrosimone (6°). Con loro, e con Giuseppe Mariniello oggi assente, spero di intrattenermi in grandi e belle sfide, la prossima stagione… da fare sul filo dei 4 minuti al chilometro!

Non vedo l’arrivo dei primi lavoratori delle gambe (quelli che corrono in meno di 4 minuti al chilometro), ma so che Giuliano Moretti ha terminato davanti al Presidente Domenico Robbe e a Gianluca Bergonzo, un trio stabile al comando in assenza di Maurizio Giacobbi. Anche Gianni Giglio e Fabrizio Gatti (4° e 5°) si sono rimboccati le maniche e non hanno fatto né pause né scioperi alla catena di montaggio…

Un accenno di cronaca: dietro di me, in semplice elenco, Francesco Sansonne, Ennio Moscato, Vito Amadio, Fedele Di Michele, Alberto Colbertaldo, Andrea Buscemi, Sacha Garziano, Diego Zorzan, Vincenzo Congiu, Pietro Lorusso (ecco perché non lo vedevo!) e Aniello Damiano. Giuliana Borbone non ha gareggiato a causa dei postumi di una peperonata: grazie per il servizio al cronometraggio!

Chiedo ora a Max Nanotti le sue preziose valutazioni di gara, di classifica e di fine stagione, da pubblicare in prima pagina sul nostro sito.

Infine, chiedo a Nicola Zunino di ritornare a divertirsi insieme a noi e di riprendere le redini degli aggiornamenti web.



COLLEGNO - Allenamento: 30/10/2011

Da Collegno fino in groppa alla collina morenica di Rivoli con ritorno, disarcionati, nella veloce discesa. Diciassette chilometri mattutini perfetti per iniziare una domenica strapiena di cose da fare…

Un percorso ideale per allenarsi, un’occasione per formarsi nello spirito di squadra, un viaggio di condivisione e di esperienza. Si attraversano le idee senza scavalcarle e c’è anche il tempo di esporle con voce ossigenata, nel passo affiancato e ritmato dei riflessi incrociati.

Il tempo dell’allenamento di gruppo è tempo di manifestazione, di corteo: uno striscione arcobaleno che andrebbe mantenuto e spiegato tra capo e coda; unito nell’intento di dimostrare che la corsa è partecipazione di tante sofferenze e altrettante soddisfazioni più o meno intense…

Si corre perdendo così ogni singola ragione individuale, con l’intento liberatorio di essere supporter, trainer, coach, uno per l’altro.

All’allenamento di gruppo di oggi, però, qualcosa non ha funzionato e lo striscione si è strappato senza poter essere più letto nel suo messaggio d’insieme: “Corri in compagnia”.

La testa del corteo non ha più capito dove fosse il proprio corpo: il telo lacerato, il messaggio una voce incompresa nella salita. La prossima volta dovrà essere riscritto su un tessuto più robusto, con vernice rosso sangue… oppure con salsa al pomodoro…

Ma alla fine anche questo è allenamento. E tutti siamo più forti di prima!



TORINO - MIRAFIORI NORD: 23/10/2011 
“8 km alla 2”

"Puoi chiamarti dottore, puoi chiamarti scienziato
 puoi chiamarti ufficiale, puoi chiamarti soldato,
 puoi persino morire:
 comunque l'amore è là dove sei pronto a soffrire,
 lasciando ogni cosa al suo posto e partire…”

(dal testo della canzone: “Figlio di un Re”, di Cesare Cremonini)
Inizio questo “lungo lento” notiziario con un chiodo fisso: come starei adesso se invece dell’insalatina con prosciutto preconfezionato in atmosfera protetta avessi in pancia le sugose e fumanti lasagne della suocera di Vito Amadio! Forse sarei andato a dormire, avrei dimenticato ogni fatica e non avrei certo iniziato a battere le dita sulla tastiera. Forse il Presidente mi chiederà di mangiare le lasagne, la prossima volta!

Ma sono a “cuor leggero” e quindi scriverò dell’amore per la corsa che c’è in ognuno di voi, me compreso, sognando il tempo della besciamella sciolta nel palato e ricordando quello della dura realtà di una gara. Inizio…

Oggi si è svolta la quinta edizione della gara dal nome brutto brutto: “8 km alla 2”. E’ certo un parere personale, ma dire “otto chilometri alla due” mi fa venire in mente “sessantaquattro chilometri quadrati”. Una elevazione a potenza, non un nome. Una piccola area di depressione della fantasia, esattamente come la superficie del paese di Cento (100), altro esempio numerico tra Bologna e Ferrara (noto per il carnevale gemellato con Rio e per la maschera del Berlingaccio) e che vanta proprio 64 km quadrati di estensione! E’ tutto vero.

Mentre scrivo queste righe ci pensa anche il destino. Il titolo della canzone di Cremonini che sento alla radio è: “Marmellata 25”. Il mondo sta dando i numeri! E allora, oltre a Vito,  è a lui (Cesare) che dedico l’apertura di oggi. Scelgo la sua musica che entra nella poesia e fa ballare ogni parola. Può chiamarsi pop leggero, ma è denso di passione. Di più, è pop che corre insieme a chi lo ascolta. E parte insieme a chi è pronto a soffrire, lasciando ogni cosa al suo posto… E’ l’amore che accompagna la corsa nelle vene, la vita nelle pene. E allena sempre…

Oggi è il giorno della Circoscrizione 2. E’ un giorno atteso anche dall’Associazione Sportiva Dilettantistica "Giordana Lombardi", una eroina della Resistenza italiana di cui non si sa nulla. Insieme, hanno organizzato l’evento: partenza e arrivo alla Cascina Giajone (sede della 2), attraverso il percorso ginnico di corso Salvemini, per un totale di 7,5 km su due giri, a lambire tutto il verde raccolto nella popolosa Mirafiori Nord di Torino…

Un’altra gara di velocità, molto popolare. Un pò come quella di Orbassano (senza pomposa storia di Fiera locale), ma con troppe variazioni di direzione che la rendono “nervosa” come ho sentito dire in gergo tecnico.

Potrei ricordare la storia della Cascina Giajone, ma è tutto scritto in internet.

Solo un flash: nel bombardamento dell’agosto 1943 numerosi ordigni devastarono la Cascina e la zona circostante dove abbiamo corso…

Ecco dunque la storia di questa nostra gara appassionante.

Si parte ammassati più del solito, come reclute costrette all’ingresso del primo giorno in Caserma. Si corre facendo attenzione a non calpestarsi, e qualcuno cade anche rovinosamente. Certo, il pensiero corre alle immagini appena viste in TV di Marco Simoncelli: drammatiche, sconvolgenti, un brivido fuori misura!

La corsa continua… con alternarsi di fondo stradale: asfalto, piccoli blocchi di cemento, asfalto rialzato da radici affioranti, erba, terriccio e pietre… mischiati a trombe di fiatoni suonate dai polmoni strizzati. Tubi e tubicini di varia misura in risonanza interna tra l’aria fredda e la condensa, tra gola e trachea, lingua e narici nervose…

Mi giro molte volte, tutte quelle che mi vedono sorpassato e osservo infastidito l’orologio che rallenta inesorabile. Tengo duro tra il quinto e il sesto chilometro, ma avrei voluto fare come Maurizio Giacobbi: mollare, ritirarmi, abbandonare la spugna sul mio ring. Certo se fossi un top runner l’avrei fatto anch’io, ma visto che non lo sono non ho pesi psicologici da portare appresso. Maurizio, sei perdonato.

E così, i primi sei resistenti della Squadra d’Azione Patriottica dell’Atletica La Certosa che hanno raggiunto la nuova Cascina sono stati oggi:

- Giuliano Moretti (27’38”, a poco più di 2' dal primo assoluto)- Domenico Robbe (28’30”)- Gianluca Bergonzo (28’32”)- Fabio Crepaldi (28’42”)- Luca La Sana (28’57”)- Gianni Giglio (29’26”)che hanno concluso l’azione di gara in un tappeto volante lungo meno di tre minuti (27-28-29). A loro la medaglia d’oro al “voler volare” civile.

Poi, altri otto partigiani della Brigata Certosina hanno trasportato la massa delle munizioni e delle armi atletiche semi-automatiche all’interno della Cascina, spingendo le ruote dell’automezzo di fortuna lungo la pista dei successivi due minuti (30-31). Alla guida del gruppo carristi, Roberto Mastrosimone (30’02”). Prima staffetta: Max Nanotti (30’32”). Premio efficienza: Andrea Maggi (30’44”). A seguire, Giuseppe Mariniello (30’51”), il sottoscritto Mariano Biagi (31’15”), Raffaele De Luca (31’32”), lo svolazzante fantasma Gabriele Cavaliere (31’34”) e infine Francesco Sansonne (31’40”), un po’ affaticato.

A questi filo-spianati-atleti vanno i riconoscimenti della cronaca odierna e una medaglia d’argento al “voler vogare” civile.

Infine, oltre una decina di fiancheggiatori della lotta certosina hanno collaborato al rifornimento, alla logistica ed alla protezione del corpo dell’Atletica. Sono giunti al traguardo della ricorrenza con gli onori delle rispettive categorie master femminili e maschili, nell’arco di svariati minuti (dai 33’25” di Fedele Di Michele ai 48’15” del professor Carmelo Stivala da Catania). Agli amici atleti vanno i riconoscimenti della cronaca odierna e una medaglia di bronzo al “voler votare” civile.

Nel settore femminile si sono distinte: Laura Bosco (44’00”) e Giuliana Borbone (45’56”), mentre segnalo il sesto posto nel settore giovanile (ma in realtà sarebbe stato il quinto se non ci fosse stata una furbetta più veloce nella consegna del cartellino) della giovanissima Alessia Pavanelli. Credo gareggiasse anche la giovane Giulia La Sana, molto forte come il papà: mi scuso per non aver chiesto notizie.

Presenti anche Giusy Amadio e Milena Copino che hanno registrato immagini, foto e tempi di squadra. Presente anche Diego Zorzan, a curiosare.

Ennio Moscato ha corso sotto tono per il ginocchio sinistro dolorante, alla ricerca dei tessuti persi (forse) nella maratona…

In un pregevole fazzoletto di tre minuti (38-39-40) sono arrivati al traguardo anche i master over 60, veterani della corsa: Vincenzo Congiu (38’34”), Salvatore Aiello (39’25”) e Aniello Damiano (40’50”).

Non presenti, tra coloro che conosco, il veloce Fabrizio Gatti, il web master Nicola Zunino e il convalescente Andrea Buscemi.

Infine, oggi ho conosciuto il giovane e sportivo atleta Massimo Ugues, mio nuovo vicino di casa, per caso giunto al mio fianco nella scorsa gara di Orbassano. Massimo: oggi eri di una squadra rivale, domani spero sarai dei Nostri!

Presidente, ho terminato! Anche perché sulla mia ristretta tavola dei pensieri da mangiare non c’è più nulla!



ORBASSANO: 16/10/2011 (Sedano rosso)
Essere Orléans      

“Alla fine la cosa più importante non è la destinazione ma il viaggio, le persone che incontri e le cose che apprendi lungo il tragitto…”
Non si può andare da Orléans ad Orbassano correndo per dieci chilometri e leggendo qua e là di sedani e moschettieri…

Orlèans è un comune nel cuore della Francia, a sette-ottocento chilometri da Orbassano che è invece nel cuore sedotto e abbandonato della periferia industriale torinese. E nel Sette-Ottocento vissero i duchi di Orléans, tra cui Anna Maria dei Savoia, futura infelice regina di Sicilia e Sardegna, e Luigi Filippo dei Borboni, futuro avventuroso re di Francia.

Alla semplice duchessa Anna Maria d’Orléans fu concesso di importare dalla Francia il sedano violetto di Tours, ritenuto più gustoso di quello piemontese, e oggi alle cronache come  il “sedano rosso” o “red celery” di Orbassano.

Al duca Luigi Filippo d’Orléans fu concesso di tutto, compreso l’avvalersi dei servigi di penna di Alexandre Dumas, che scrisse anche “I tre moschettieri”, dall’altro ieri nelle migliori sale 3D per la nuova regia del britannico Paul William Scott Anderson, mio coetaneo di talento.

Questi due eventi in viaggio da Orléans distano tra loro centocinquant’anni, come l’unità d’Italia, ma ancora oggi si salutano fuori dal tempo come nell’articolo “Moschettieri del sedano rosso” scritto su “la Repubblica” da Carlo Petrini, gastronomo e fondatore di Slow Food, intento a raccontare di quattro agricoltori anticonformisti che hanno osato sfidare i confini della città e seminare in mezzo al cemento, realizzando un Consorzio ed ottenendo nel 2010 il prestigioso riconoscimento di “presidio Slow Food” per la salvaguardia del sedano rosso di Orbassano.

Il viaggio a cavallo della storia può andare dove vuole la fantasia…

Da Orléans ad Orbassano, in crescendo verso sud, è tutto un contagio di agriturismi e di fiere di paese. Cene di gala e rituali, settimane turistiche e rievocazioni ludico-storiche per il popolo eletto-re. Palcoscenici per molta parte di una società contemporanea in cerca di passioni e nobiltà…

A riempire le strade, oggi, ho visto sedani e moschettieri, ma ho sognato spade, cannoni, fucili e macchine volanti mozzafiato riprendersi il nostro bel Paese, a partire dalle nobili piazze e dalle ricche vie della speculazione finanziaria. Solo nei sogni, però, pensavo al popolo fin troppo reale di indignados  e manipolados. Ho sognato un popolo alla riscossa pacifica, con i proiettili delle idee e le palle infuocate dalle troppe regole bruciate in nome del denaro e del potere. Un popolo di podisti moschettieri lanciati a sventare i piani del cardinal cavalier di Richelieu…

Purtroppo era solo un sogno. Ho ritrovato, però, una misticanza di cruditè atletica ben oliata, fiori di sedani con fonduta di suola e peluria distribuita intorno al risotto del re o ai fiocchi di vitella piemontese in divisa. Crespelle tricolori indossate con orgoglio e molte bottiglie di vino con le gambe, bianchi, dolcetti e moscati. Tutti felici di correre, perché tutto è ok…

La fedele processione podistica di Orbassano mi è sembrata quasi una sfida alla festa patronale di san Vito martire in Basilicata. Un percorso ad anello, su due giri di 5 km, affollato e subito depurato da elementi miracolistici, evaporati immediatamente verso il traguardo.

A proposito di sfide, l’anno scorso ci fu quella tra il pesto genovese e il pesto di sedano di Orbassano: vinse ai punti la Liguria. Oggi ha vinto ai punti la Basilicata: è un invito a guardare il bel film: “Basilicata coast to coast” di Rocco Papaleo, struggente, randagio, emozionante. E a frequentare di più le fiere locali.

Ma viaggiamo sui fatti.

Principe assoluto della “red celery race” non so chi sia stato: lo leggerò domani nel sito fidalpiemonte.it

I moschettieri della nostra squadra sono stati invece: Giuliano Moretti, Domenico Robbe e Gianluca Bergonzo, a cui si è aggiunto Gianni Giglio. A voi - che avete corso intorno ai 37-38 minuti questi dieci chilometri - consegniamo le corone di sedano, come si usava prima degli allori, nella terra di … E come premio aggiuntivo anche i nomi di Athos, Pothos, Aramis e D’Artagnan dell’Atletica La Certosa.

Correndo in mezzo a loro, come assaggiando una prelibatezza protetta, si vive il senso e lo spirito della vera “biodiversità”, come in uno slogan di Slow Food. Il pianeta uomo si svela un insieme straordinario di risorse che si uniscono nello sport come nel quotidiano. Ma nel viaggio della corsa è molto importante buttare il cuore oltre il traguardo e… arrivare, finire, sfinirsi e competere!

Come si dice nella squadra, si corre per piacere e nel rispetto delle singole diversità strutturali, espressive e di pensiero, ma si arriva al traguardo per dare il meglio di se stessi: gli altri non sono avversari da battere, ma punti di riferimento. Se chi corre accanto ti stacca puoi ritirati (tipico del nevrotico), puoi tirare i remi in barca (tipico del pigro) o puoi usarlo come punto di riferimento per dare il massimo e fare tutto ciò che potevi fare quel giorno.

Oggi ho messo in pratica questo concetto nella sfida sul filo di lana con Giuseppe Mariniello che ha dovuto sforzarsi non poco per battermi d’un soffio sul finale. Davanti a noi, a pochi secondi, c’era già Francesco Sansonne (41’29”) e prima ancora, di quasi un minuto, Roberto Mastrosimone (40’52”), sicuramente il miglior look da pirata dell’Atletica.

Risalendo ancora, prima dei quattro moschettieri, solo più Fabio Crepaldi e Fabrizio Gatti, ottimi come sempre, quando corrono...

Significative le assenze di: Maurizio Giacobbi, Luca La Sana, Diego Zorzan (impegnato a pedalare altrove), Nicola Zunino e Max Nanotti che ha optato per allenamenti marini. Scusate se ho dimenticato qualcuno, ma la confusione, oggi, era assai evidente.

Occorrerrebbe la classifica completa per indagare sui miglioramenti o i rilassamenti degli amici atleti non citati: per esempio, Ennio Moscato era reduce dalla maratona di Carpi conclusa nel validissimo tempo di: 3 ore e 44 minuti, se ricordo bene, e in piena fase di ripresa dalla gran fatica; Andrea Maggi ha corso, credo, un po’ rilassato: nessun segno di affaticamento al traguardo! Forza Andrea, più grinta! (In realtà ci pensa Giusy a tenerlo sveglio fino a tardi); Vito Amadio era ben sudato, invece, come fosse davanti al forno a legna acceso, nel mezzo del programma di lento recupero; Andrea Buscemi ha corso soddisfatto con una media di 4’45” al chilometro, pronto e agguerrito per recuperare gli altri 20 secondi al chilometro che lo separano dal suo standard, prima della delicata operazione chirurgica del luglio scorso: bravo Andrea!

In netta e significativa ripresa, infine, abbiamo tutti notato Raffaele De Luca, ormai pronto a riprendersi le posizioni di classifica che gli competono. Oggi ha corso con la media di 4’13” al chilometro, sempre se ricordo bene le sue parole. E’ il segnale della svolta: Raffaele, procediamo insieme sulle ali delle corse!

Ritornando al pensiero iniziale: “alla fine la cosa più importante non è la destinazione ma il viaggio, le persone che incontri e le cose che apprendi lungo il tragitto” vorrei ricordare il mio “sempre fratello” Roberto Giavarini e la sua famiglia, di Orbassano, che m’hanno riconosciuto nel viaggio tra la folla, salutato e incoraggiato: a presto! A Roberto chiedo uno sforzo contro la pigrizia, perché il fisico c’è: riprendiamo le corse lungo il Sangone!

Infine, oggi ho conosciuto Pietro Cristini, autore del libro “Essere Corsa” (www.esserecorsa.it). Ho in mano il suo libro con dedica personale e so già che questa sera, come menù di gala, lo troverò sulla mia succulenta tavola dei pensieri da mangiare!



COLLEGNO: 02/10/2011 - (sociale-2)

Ci siamo. Si corre. Tutti insieme inquadrati nell’Atletica gara sociale di circa 8 km.

Il raduno della squadra è massiccio: più di trenta divise blu e azzurre. E tutti ci osserviamo negli occhi e nei gesti degli altri, nei racconti delle ultime corse impegnative: i reduci della mezza maratona di Torino si distinguono perché indossano uno strano volto luminoso di fierezza, di vittoria dopo la battaglia.

Il clima è perfetto: autunno estivo e tutti gli elementi della chimica pronti per aggregarsi e dare corpo alla dinamica fisica dei motori cellulari, molecolari, organici e via via dei più grandi e mostruosi  transformers di atleti che sfidano le emozioni proprie e altrui, le razze della fatica, la memoria propria e quella del luogo, per combattere giocattolose sfide personali.

C’è il giro di riscaldamento, comunitario e perlustrativo. Il perimetro è dentro un paio di chilometri di storia dell’uomo e reclama il proprio sforzo di memoria…

Perché qui "si scorre" accanto ai luoghi incantati della Certosa di Collegno, la ventiseiesima di cinquantatre certose costruite in Italia, una delle duecentottantadue d’Europa! Certose dell’altro mondo, unitevi prima della scadenza…

Perché qui, su più corsie del grande Parco, corpi mitologici di conifere (i cedri dell’Atlante Glauco), salici piangenti e abeti rossi centenari sognano lo scompiglio ramificato del vento: e noi solleviamo per loro il cielo e spostiamo l’ossigeno dai polmoni verdi ai globuli rossi, facendogli solletico! Ed è così che gli alberi sorridono…

Perché qui ritornano i corpi dei fantasmi dei Savoia: si materializzano nel grande silenzio certosino come quattrocento anni prima, si mischiano ai monaci, ma si distinguono nel nobile controluce del mattino. E i corpi ricomposti dei dieci Cavalieri della Santissima Annunziata: sono usciti dal sepolcro e ci inseguono con armature pesanti, dal portale di Juvarra all’atrio, al chiostro, alla foresteria, sul prato… Perché qui ci sono troppi corpi della psiche malata che vagano perdutamente tra le ville, i padiglioni a pettine e le camicie di forza sudate: gli smemorati di Collegno mi guardano i pensieri più profondi senza saper che fare, fino ad esaurire le mie energie e quelle di Raffaele, a cui li sto indicando, al primo giro veloce insieme… subito dietro il gruppo dei moderni cavalieri dell’Atletica (rotonda) della Certosa.

Più tardi, immagino, arriveranno i corpi delle panchine che attendono la quarta età, le farfalle e gli insetti più fastidiosi, e poi i corpi senza età di chi sogna di vedere il raggio verde anche  lontano dal mare, il raggio verde di Jules Verne.

Si corre ora nel secondo giro: il nostro corpo risponde ansimando, sudando, spugnoso come la fantasia generatrice, con le parole, di nuove cavità midollari. Si spreme e si asciuga e diventa corpo divino, estratto secco e ossatura spirituale. Diventa solida struttura, e infine mucillagine. Diventa minerale. Magro, debole, robusto o pesante, il corpo viene degustato, come vino, nella sua corsa; visto ed annusato quello altrui, fermentato come buccia d’uva. Il corpo viene colorato nello sforzo e infine digerito come cibo per la mente, consapevolezza dell’essere… esseri quasi volanti!

Leggo negli occhi di chi sta correndo con me la fatica e la soddisfazione del pensiero d’aver compiuto una grande impresa: due immagini sovrapposte che dal terzo giro alla fine ciascuno di noi trasmette in modulazione di frequenza cardiaca (agli altri della squadra) e riceve, quindi, costantemente come segnale di sintonia, spesso disturbato, fino al faccia a faccia sul traguardo, con il bicchiere del tè di Francesco che riflette le due doppie facce sorridenti e sofferenti.

Il corpo dell’Atletica ha anche oggi allungato la sua pelle per deformarsi dalla testa ai piedi in tutta una serie di arti e protuberanze: Carmelo ha cercato nel cilindro magico la sua natura di lepre, scattando, allo start, per una fuga più breve del viaggio d’un neutrino; la testa si è subito formata con Maurizio, Giuliano e Domenico al posto dei neuroni, molti grandi a formare gli altri organi del capo: Gianluca, Gianni, Fabrizio, Luca, Roberto, Francesco, Ennio, Max, Giuseppe e via via verso un collo di atleti che hanno dimostrato circolazione sanguigna e metabolismo di valore; il tronco della squadra è stato di buona misura, con anelli concentrici sulla vita a volte da controllare; gli arti inferiori sono stati fondamentali per condurre a buon fine una gara sociale di una rinascente Atletica.

Lascio a Max il testimone per la cronaca della giornata, l’analisi della classifica e le sue attente riflessioni sul comportamento del gruppo.

Chiudo però questa pagina di oggi con un pensiero stupendo di Vito Amadio, pubblicato sul suo blog “icuginichecorrono”. E’ una riflessione profonda che condivido, ma che ancora non sono riuscito ad assimilare del tutto, nella vita, purtroppo…

Scrive Vito, in ripresa dopo un lungo infortunio: “Non vi dico che sofferenza… credo che questa esperienza mi servirà per gli anni che verranno… certo ci sono cose molto peggiori nella vita, uno fa sempre gli scongiuri, ma quello che conta è superare le difficoltà sempre, con entusiasmo, forza di volontà e senza mai abbattersi troppo: la corsa ci insegna tutto questo ogni giorno. Abbiamo imparato a resistere, a tenere duro, a cadere e a rialzarci sempre, ogni volta più forti e determinati di prima. E tutto ciò viene proiettato anche nella vita quotidiana, la corsa è un serbatoio infinito di vitamine per affrontare la giornata… e finalmente godere di tutto questo!”

Vito, continua per me e per noi!



ROBASSOMERO: 18/09/2011 

Il frutto della collaborazione tra la Pro-Loco di Robassomero e il gruppo sportivo GSPT Torino 75 è maturato nell’onorevole 2° edizione della corsa “Le Borgate” (Trofeo Italmotor), valido per il campionato canavesano UISP di podismo.

Il paese, coinvolto ed ospitale, già affaticato dalla settimana settembrina della festa patronale “La Madona d’Rubasume’”, ha raccolto quel che la giornata autunnale poteva offrire: atleti pel di carota, color fagiolino verde, signore melanzane, patate ricche di selenio, piselli di varie categorie, ultimi pomodori rossi dallo sforzo, zucchine non competitive e così via fino al completo esaurimento dello spazio della partenza e dell’arrivo, proprio di fronte al Municipio del paese. Chissà com’era ai tempi di Peppone e Don Camillo!

Mancavano le cipolle. Dov’erano le cipolle? Cosa poteva mai essere successo? Mi ci son voluti i fiati della gente del posto, dell’edicola e del bar per capire che la “Sagra dli siuli pijni” aveva sterminato anche quest’anno tutto il raccolto di cipolle della piana della Stura di Lanzo. Solo un forestiero come me poteva non accorgersene subito: la 16° “Sagra della cipolla ripiena” (e i suoi tipici piatti) aveva appena traghettato le serate di paese nella tradizionale festa “fluviale” ed anche rievocativa delle vicende storiche in costume del conte di Robassomero, certo Cesare Cernusco di Chiusavecchia!

E’ più forte di me: non riesco a non divagare. E allora partiamo, per un percorso di circa 9,5 km, intorno alle 9:45, per le vie di questo “straordinario” paese. Sì, proprio straordinario perché il primo “comune denuclearizzato d’Italia”: una delibera fortemente simbolica, datata 17 dicembre 1981. Qui sottoscrivo tutta la mia stima ed ammirazione per i saggi dell’epoca, e rimando all’articolo “Il Pentolone nucleare” di Paolo Rumiz de “La Repubblica” per chiunque intenda approfondire il tema (delle scorie, soprattutto).

I primi chilometri sono leggeri, il clima è mite, il cielo plumbeo, ma non piove più. Si fiancheggia il lato est del paese, paralleli alla Stura, protetta da argini alberati (roveri) e altra folta vegetazione. Ecco via Martiri della Libertà e poi via Bove… e già dal primo ansimare vado incontro all’origine del toponimo Robassomero: “roba” e “somero”, che in piemontese significano “(de)ruba bestia da soma”, ruba mandrie: è la testimonianza dei frequenti assalti di predoni e, immagino, della resistenza all’invasore…

Ora i passi si susseguono veloci ripiegando verso sud, fino alla borgata Verde, di nome e di fatto. Si attraversano dei prati, su sentiero per fortuna non troppo fangoso; comunque sia, ci si appesantisce nel tragitto e ci si muove come ortaggi, quasi del tutto sradicati dai propri vasi sanguigni…

Superata la lingua di terra (e ritrovata la propria in mezzo ai denti), si attraversa l’ampio corso Kennedy che  imbocca appena la borgata Colombè, una piccola rete di villette - a giudicare da quel che vedo su google maps - proprio a nord di una piccola e quadrata area industriale.

Gli altri chilometri attraversano un periodo di affaticamento mentale. Ci vorrebbe un mito del podismo per risollevarmi dalla stanchezza. Dimentico Filippide, perché dopo il famoso Nenikékamen (abbiamo vinto) ha perso tutto il suo resto di vita. Mi solleva, però, Ermes, il tredicesimo degli dei, anche perché perfetto per la corsa di oggi: Ermes ruba il bestiame di Apollo, commette abigeato come gli antichi predoni della zona, è l’astuto messaggero dai sandali alati, apportatore di sogni e con il potere di entrare ed uscire dagli inferi, come accompagnatore di anime…

Entro ed esco dagli inferi anch’io, nell’ultimo chilometro. Ma è solo un breve passo di liscio…

***

Prima della cronaca della giornata, e per verificare se il nostro Presidente Domenico sia riuscito a leggere fin qui senza morire di stenti, vorrei salutare un collega runner dell’Atletica Settimese: Giovanni Perrone, simpatico amico, esempio di sportività, stimolo e rivalità tra amatori della corsa.

Per la cronaca dell’Atletica La Certosa: tra i 15 atleti in gara, oggi l’amico Max Nanotti non c’era! Max! Ho corso senza lepre! Qui vanno i miei saluti, sperando sia stato comunque bene altrove.

Parecchie le altre assenze: dal top-runner Giuliano Moretti, che speriamo di ritrovare presto, a Francesco Sansonne e Andrea Buscemi (che ha saltato due gare di fila), passando per Andrea Maggi, Giusy e Vito Amadio, Giuliana Borbone, Milena Copino, Luca La Sana, Garziano Sacha, Fabrizio Gatti: ci vediamo la prossima volta?

Raffaele De Luca non ha ancora ritrovato l’equilibrio fisico, anche se la forza psichica e la voglia di correre lo faranno tornare prestissimo tra i forti della squadra.

Complimenti a Maurizio Giacobbi che si conferma il nostro atleta numero uno, dopo la grande prestazione di domenica scorsa. Stessi complimenti all’atleta Gianluca Bergonzo, a pochi secondi dal primo, ma soprattutto straordinario 2° assoluto della sua categoria (e secondo di squadra).

Il Presidente Domenico Robbe mantiene le posizioni di fuga (terzo di squadra), anche se leggermente distaccato dalla coppia di testa, eccellente 5° assoluto di categoria.

Ottima la prestazione di Giovanni Giglio, quarto di squadra e 9° di categoria.

Chiude il primo quintetto la buona prestazione di Roberto Mastrosimone.

Per completezza riporto i risultati di squadra, ricavati dalla classifica UISP, sperando di non aver sbagliato nella trascrizione. Per il dettaglio tempi, vedere la classifica in excel, appena sarà inserita.

1° - Maurizio Giacobbi (26° assoluto, 8° di categoria)
2° - Gianluca Bergonzo (30° assoluto, 2° di categoria)
3° - Domenico Robbe (38° assoluto, 5° di categoria)
4° - Giovanni Giglio (60° assoluto, 9° di categoria)
5° - Roberto Mastrosimone (91° assoluto, 21° di categoria)
6° - Giuseppe Mariniello (107° assoluto, 14° di categoria)
7° - Mariano Biagi (119° assoluto, 29° di categoria)
8° - Fedele Di Michele (174° assoluto, 30° di categoria)
9° - Ennio Moscato (189° assoluto, 40° di categoria)
10° - Diego Zorzan (218° assoluto, 43° di categoria)
11° - Roberto Pegoraro (245° assoluto, 35° di categoria)
12° - Vincenzo Congiu (295° assoluto, 12° di categoria)
13° - Pietro Lorusso (318° assoluto, 36° di categoria)
14° - Damiano Aniello  (336° assoluto, 6° di categoria)
15° - Nicola Zunino (352° assoluto, 36° di categoria)

Last but not least, forza Nicola (Zunino Web Master) che ci permetti di organizzare, scrivere, leggere e pensare alle corse come alla vita.



CASALBORGONE: 11/09/2011

L’11 settembre. A Casalborgone tra corsa e jazz

Il pensiero del mondo corre a Ground Zero: qui le religioni armate s’inseguono su pareti verticali verso il traguardo di Dio, primo premio assoluto. Inshallah, God willing, Deo volente… cui prodest?

Il pensiero del motore corre in F1 a Monza: qui il pilota più bravo è quello che non fa errori quando ha la macchina migliore, diceva Niki Lauda.

Il pensiero del fuoco corre tra i pompieri di New York e quelli di Torino, nel 18° raduno nazionale dell’associazione dei Vigili del Fuoco: qui la performance dell'orchestra a fiati "Antica Musica del Corpo Pompieri di Torino 1882" è degna di nota sportiva.

Ma quanti pensieri ci vorrebbero ancora solo per l’11 settembre?

A noi ne serve ancora uno: il Jazz al Leu di Casalborgone, il “pais di pois” (il “paese dei piselli”), come indicano alcuni cartelli stradali in ingresso. L’improvvisazione in tono malinconico a volte sincopato dello swing del Festival Jazz allieterà il paese questa sera dell’11 settembre. Ho poi scoperto che il centro storico di Casalborgone è chiamato dai suoi abitanti “Leu”, che significa “luogo” o capoluogo.

E poi? Basta. Nessun pensiero va alla prova su strada del campionato regionale e canavesano UISP: “Correndo per Casalborgone”. Troppa fatica, a pensarci...

Ma no, anzi… che bellezza! Il paesino nasce su un’altura e domina ampie porzioni pianeggianti di terra, colli monferrini, cappelle campestri e antiche cascine. Le sue stradine, acciottolate, ai bordi delle quali si ergono abitazioni caratteristiche, conducono alla sommità del poggio dove c’è il Castello, edificato sui resti di una antica Torre.

E il paesino, con il suo antico maniero, è stato messo a soqquadro da atleti multicolore e da cuori multijet o semplicemente da una “grande onda di energia” di corpi e di pensieri.

“Work songs” e poliritmia, “Blue note” e superlavoro sono state le “costanti jazz” della corsa di questa mattina. Le work songs sono canzoni di lavoro nate tra le comunità di schiavi africani nelle piantagioni del sud degli States; le blue note, invece, sono note musicali suonate o cantate in maniera leggermente calante, abbassate meno di un semitono. Nelle salite il superlavoro e i lamenti delle “work songs”; nelle discese la poliritmia di arti e organi interni e la gravità delle “blue note” emesse dagli strumenti a fiato con i pettorali numerati e le scarpette colorate con il doppio nodo (come raccomanda il nostro presidente Domenico).

Ma sopra tutto, l’improvvisazione dei passi, quella stessa fantasiosa (improvvisazione) che, a corto di spartiti, ha reso famoso il jazz nel mondo e fuori dal mondo. Cos’era quel rantolo? Non lo so. Cos’erano quei fantastici assoli fuori pista? Non lo so. E quando non sai cos’è, allora è Jazz, come dice Alessandro Baricco.

Il primo chilometro della corsa è stato un doveroso omaggio al Castello del paese: una salita tutt’altro che blues e una foto al gigante. La successiva discesa in stile “hard bop” ha regalato vibranti note di “fusion” e chiuso il primo anello del paese in piena tormenta cardiaca.

Nel secondo anello (2 km), più largo, la salita morbida ha reso possibile espressioni in stile Pat Metheny con chitarre e sax in fase digestiva e intermezzi ad ampio respiro.

Nel terzo anello (4,7 km), larghissimo, si sono attraversate le strade Mongallo e Gallina, con toccatina all’Agriturismo “Il Ciabot” e infine strada del Cerro (l’albero delle ghiande): un percorso spirituale attraverso il bosco sacro del “free jazz”; una cavalcata alla Don Cherry o alla Roland Kirk, per tromba sax e flauto in contemporanea discesa verso il Borgo e la festa dell’arrivo. Alla ricerca del sindaco…

Tra i suonatori chilometrici dell’Atletica La Certosa, spicca il giovane Maurizio Giacobbi che termina i 7,7 km della collinare nel magnifico tempo ufficioso di 31’20” (a meno di tre minuti dal primo assoluto): a lui si chiede una partecipazione più assidua se vuole ottenere il giusto riconoscimento della cronaca locale. Segue il futuro sposo Gianluca Bergonzo, con un ottimo 33’07”, spalla a spalla con il presidente Domenico Robbe, dietro di un secondo! (Ora io non so che significhi questo atto di insubordinazione e non ho assistito al reato, ma temo siano applicati seri provvedimenti disciplinari e/o sospensione prematrimoniale del tesserato). Luca La Sana ferma il cronometro a 33’50” con un quarto tempo di squadra molto onorevole: a lui va il merito di aver avviato ad una splendida vittoria di categoria la sua piccola Giulia.

Dietro, un’altra quindicina di liberi jazzisti del podismo di società (totale: 19 presenti), senza offesa nei confronti di chi corre suonandole per bene allo scrivente e di chi invece suona la libertà di correre con armonia, salute e divertimento, al ritmo della musica che ha dentro. E che musica!



SAN GILLIO: 19/06/2011

Lo slogan di San Gillio

Il termine slogan deriva dallo scozzese “sluagh-gairm” che in origine significava “chiamata all'esercito” e in seguito “grido di guerra”…

“Correre insieme per vincere nella vita” è lo slogan lanciato dal palco di San Gillio nella splendida mattinata di domenica 19 giugno 2011. Il messaggio s’impenna e poi plana sulle divise per unirle intorno ai problemi sociali di chi lotta contro le malattie rare, le miopatie. Questo è l’intento seminato: un piccolo grido di guerra della coscienza civile… in uno spazio forse un po’ troppo ristretto.

“Correre insieme per vincere” è anche lo slogan imposto ai fanti piumati, i bersaglieri, che oggi hanno sfilato per le strade torinesi nel loro 59° raduno.

“Correre insieme” è poi lo slogan della nostra Atletica La Certosa e dei suoi amatori della corsa più o meno piumati e non proprio discendenti di Alessandro La Marmora…

Ed è stata, come in questo preambolo, la “lunga attesa” del via a caratterizzare la corsa di San Gillio. Insetti di varia natura se la ridevano osservando la mandria delle libere articolazioni forestiere imprigionate, a disposizione per qualche strana impollinazione…

Andamento lento: “vieni vieni con me, alelai alelai alelai, vieni appresso a me, show me, show me the way…”. E Tullio inizia a suonare mentre i passi si fanno percussioni; “alelai bum bum” continua la voce delle scarpe nella successione di saliscendi tra l’erba ed il fango di palude; “scivola, come un’onda libera ti porta via”… quasi ci riusciva con Andrea Maggi, che al terzo chilometro, proprio davanti a me, scivolando sul fango di una pietra ha rischiato un faccia a faccia con i lombrichi: un incredibile colpo di reni (e forse il santo protettore dei pescatori) lo ha sorretto e vivacizzato dopo il numero da circo; incredulo, mi ha salutato ed è scappato via…

Gaber: “La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione…”

Nessuna piuma di gallo cedrone è rimasta illesa dagli schizzi di melma, e questo vuol dire partecipazione. La “macchina” del fango ci ha guidato per due giri di 4 km ciascuno, a quattro tempi: quelli dei runner turbocompressori sovralimentati di buona cilindrata, tra cui spicca il modello nuovo del presidente Domenico Robbe, classificatosi primo della nostra Atletica con il tempo di 31’43”, seguito da quello di Gianluca Bergonzo con 32’31” e del giovane Luca La Sana con 33’03” (Giuliano Moretti, invece, ha avuto qualche problema al turbo, forse, perché giunto alla spalle dei primissimi); quelli dei runner turbo di media cilindrata, gli aspirati e i diesel, di cui parleranno esclusivamente i numeri di matricola abrasi

In sintesi, una corsa impegnativa dove ogni battito del cuore ha saputo contare sugli altri…



COLLEGNO: 05/06/2011 (sociale-1)
Run in the rain (corsa socializzante)

Questa mattina, 5 giugno 2011, miliardi di goccioline di pioggia hanno corso insieme all’Atletica La Certosa Social Club. Come Buena Vista, quartiere dell’Avana, così La Certosa, quartiere di Collegno, si è popolata delle sue etnie appassionate della corsa e della musica interiore che la corsa esprime sotto battente di ritmi fluidi e campestri.

Appassionati tesserati dell’Associazione, schierati in vista di un obbiettivo anche fotografico, chiamati a raccolta dallo spirito del “born to run” (nati per correre) - e dall’invito del presidente - hanno così celebrato in autentica armonia la “gara sociale”: 8 km in cinque giri, senza soste.

In mezzo ad alti fusti del parco Dalla Chiesa, altri piccoli e veloci bipedi dai colori nazionali (le nuove divise) hanno così ingaggiato la competizione, non prima di una lunga sosta in attesa di segnali distensivi dal cielo plumbeo… Segnali del quorum: l’acqua è libera di scendere, noi di scegliere senza referendum la partenza e l’arrivo sul tracciato segnato con la vernice bianca sull’asfalto nero, a quota “zero”.

Ancora la foto di gruppo e poi si parte, ma non è stato facile! Il ritmo nelle gambe inizia a sciogliersi nelle note di frenesia… E in fondo, tutto quel che è corsa ha a che fare con il ritmo, anche etimologicamente: parole come river, rivus, rein, run contengono in sé lo scorrere del fiume, il saliscendi dell’onda, ma anche lo scatto della renna (rein, in norvegese), il rivolo di sudore che salta dalla fronte e detta legge: “davanti a te c’è un’altra vita”… run! Non è finita!

Ma ecco il folto gruppo radunato e pronto al via: lo sparo è rimandato; un giro di prova verifica le condizioni del circuito e identifica la segnaletica per i neofiti, i post-runner e i diesel. In questo magnifico giro, però, tutto rallenta e prende corpo l’Atletica, l’Alfa, la testa di bue rovesciata da cui ha origine il simbolo fenicio e prima ancora egiziano della “A”, per dire: “Azz!, che bello correre insieme!!!”… e non sembra di vedere solo animali! Nel giro lento e comunitario ognuno si esprime senza parole, molto chiaramente: se corri tu corro anche io; se butti giù la pancia lo faccio anche io; se ti togli il cappello, prendi la pioggia e sei fesso… un giro che vale un gruppo di giri! Per un po’ tutti insieme come figli del vento… questo è social club!

La gara, ok, è scontata! Mancano all’appello alcuni atleti che ricordo: Max Nanotti, Luca La Sana, Nicola Zunino: assenti più o meno giustificati! Alla prossima dovranno portare il diario firmato al Presidente. Peccato, perché il sito non li vedrà comparire, a meno di possibili foto-montaggi…

Vince la competizione “corri sotto la pioggia” - in 32 minuti - il nostro top-runner Giuliano Moretti, seguito a pochi secondi dallo straordinario presidente Domenico Robbe e da Fabrizio Gatti: complimenti!!!. Gli altri tempi sono disponibili nella classifica della gara che (spero) si possa vedere da qualche parte nel sito…

Un ringraziamento particolare ad Andrea Maggi e Giusy che hanno provveduto a gestire le foto singole e di gruppo, nonché a diffondere il messaggio dello sport a tutti i livelli (compreso il mio), lavorando per il gruppo (per renderlo accogliente) e con il gruppo (per correre come oggi, anche senza vincere).



SAN MAURIZIO: 29/05/2011
Running from the back (nelle retrovie)

Questa mattina, 29 maggio 2011, gli atleti della nostra società hanno gareggiato su un doppio elenco di vie (con partenza e arrivo in piazza della ferrovia) nella cittadina di San Maurizio Canavese, tra larghi margini asfaltati, qualche strettoia ed un breve tratto sterrato in cui erano appositamente inserite tre o quattro pozzanghere coloratissime di fango.

I top-runner della squadra sono come guerrieri fantasma, si riconoscono per la divisa che indossano come un’armatura medioevale; si preparano con rituali sconosciuti alle reclute (lo scrivente è una recluta); si mimetizzano nella mischia di profumi e sudori occidentali prima della gara; compaiono infine in una propria trincea di aura naturale, sul fronte della partenza, e poi inseguono lo sparo come proiettili di carne e muscoli all’attacco della “crono” sfera…

I top-runner della squadra hanno i nomi che leggo in classifica, tra i primi delle loro categorie: Giuliano, Domenico, Gianluca, Francesco, Fabio, Roberto, Giovanni, Fabrizio… nomi comuni, silenziosi combattenti con la freccia del tempo, che misteriosamente rallenta per noi “from the back”… nelle retrovie.

Come “l’onore delle armi” rende ossequio al valore dell’avversario battuto, lasciando passare in rassegna con il diritto di bandiera una delegazione di sconfitti, così noi (bottom-runner) chiediamo l’”onore della corsa”: una rassegna con il “presentat’arm” dei top-runner che così potrebbero essere riconosciuti e nello stesso tempo riconoscere alla fortunata combinazione genetica il giusto merito…

In tal modo la vita del bottom-runner sarebbe più bella e più felice!

Oggi, comunque, ci siamo divertiti… con la serenità di chi osserva gambe variamente pelose alternarsi in più rapida successione delle sue, e non le imita…; con il piacere di sentire a pochi metri l’ansimare infiammato della mucosa bronchiale del fumatore cronico, e non lo imita…

Condividendo però il pensiero-nuvoletta rivolto ai chilometri mancanti, chiedendosi perché non rallentare ancora, e poi farlo senza pudore, sentendosi già feriti nelle retrovie, colpiti dall’interno della propria materia. Colpiti dallo spirito del traguardo, laggiù, molto lontano dallo sguardo degli dei, ma umani, se non troppo!