16 marzo 2014

Correndo-Cross-Errando

Tesi:           Sbagliando non s'impara 
Antitesi:   Imparando non si sbaglia
Sintesi:     Sbagliare è umano, imparare (errando) è divino

"Sbagliando non s'impara" è una tesi di Michele Dotti. Nel sottotitolo del suo libro si legge: "E' grazie ai successi che cambia il mondo e cambiamo noi". La provocazione è buona: "Se fosse vero che sbagliando si impara, come ci hanno sempre ripetuto, dovremmo essere tutti perfetti. Invece continuiamo a ripetere gli stessi errori, senza neppure troppa fantasia. Questo accade perché in realtà è solo dai successi che nasce il cambiamento, a tutti i livelli: personale, sociale, culturale…"

Senza tante storie, questa mattina ho deciso di correre un minuscolo cross, uno qualunque, quello della mia vecchia squadra. Era il primo Cross organizzato dall'Atletica La Certosa, nata dalle ceneri della Podistica Grugliasco nel novembre 2009, nel parco Dalla Chiesa di Collegno.

Si corre in un grande prato verde (dove nascono speranze)

"Imparando non si sbaglia" è la mia antitesi. Più che ovvia. Non è detto che non si sbagli più, ma non si sbaglia mai a voler imparare (dai propri errori). Una qualche spinta a crederci arriva da una visione ottimistica della vita. Qualcos'altro arriva dalla necessità di sopravvivere. E questo vale soprattutto nel mondo animale (l'ho potuto osservare direttamente con il cane-topo che mi sono ritrovato in casa, in addestramento para-militare). 

Dopo i saluti ci siamo ritrovati in mezzo al brivido, sotto l'arco giallo gonfiato a salamino d'aria e più su, sotto il sole dello stesso colore, in mezzo a raggi luminosi di respiri mentali. Tra questi la voce di Domenico, a riflettere sull'importanza del primo chilometro in gare brevi e campestri come quella di oggi. Ma neppure così, neppure appena ascoltato, ho imparato ad ascoltare. E quindi mi sono bruciato, chiudendo la prima frazione in 3:47, troppo veloce per le mie possibilità...


E così ci sono momenti nei quali le antiche regole della speculazione filosofica, della dialettica (da Socrate fino a Hegel, quelle che fanno di un semplice enunciato e di un altro che lo contraddice gli ingredienti per una bella torta, la sintesi) si infrangono sull'anima podistica del pivello.

"Sbagliare è umano, errare è divino" è ancora un capitolo del libro (Tesi). Qui si ricorda che sbagliare ed errare non sono sinonimi. Lo sbaglio è conseguenza di una mancanza di attenzione, di una offuscazione della vista prodotta da qualcosa che attrae l'attenzione e fa prendere una cosa per un'altra (dal latino “varius” che significa cangiante, abbagliante). In piemontese, però, si condannano le povere oche: "A l'è l'oca ca capiss ciò per broca". Comunque, sbagliare si può tradurre con “distrarsi”, “non prestare attenzione”. Che è qualcosa di assolutamente umano, ma certo non aiuta ad imparare alcunché.

Errare invece significa andare vagando, senza sapere dove, senza consiglio, da cui i termini errante ed errabondo, ovvero colui che vaga qua e là in luoghi diversi. Questo è un modo naturale ed efficace – caratteristico in particolare dell’infanzia- che ci fa conoscere mediante l’esplorazione e l’esperienza diretta. Come sosteneva Gandhi: “Un genitore saggio permette al figlio di fare degli errori. E’ un bene, per loro, che di tanto in tanto si brucino le dita.” 

Combinare le idee è l'essenza della creatività, ed è determinante per migliorare la nostra vita. Errare dunque, alla ricerca di qualcosa. 

Ecco, io stamattina erravo nel prato, anche zigzagando a volte tra le buche scelte appositamente per sbaglio. E così, errabondo, ho disatteso le raccomandazioni di Domenico, le mie, quelle dei bruchi. Il secondo chilometro in 3:55 poteva mettermi in guardia sul calo. Il terzo in 4:06 tracciava la salita al purgatorio dei successivi tre chilometri a 4:16 ciascuno, un altipiano dissestato e deserto di pensiero, dove porgere al nemico la mia fragilità...

Ho chiuso (abbattuto) in 23:56 (5850 metri da Garmin). Sbagliando, imparando ed errando insieme. Continuerò così?


Amici della Certosa: Marcello, Lorenzo, Raffaele, Giuliano, Domenico, Ennio, Vito, Gianni, Andrea e Damiano
  
Appena arrivati al traguardo i primi tre assoluti (al centro Domenico)

Un selfie ristretto per noi (a fine gara)

4 commenti:

Gianni ha detto...

Ciao Mariano io ho anche un altro modo di vedere, solo chi non fa niente non sbaglia mai, uno ci prova e vede anche i propri limiti, almeno non hai il rimpianto, e se partivo forte?

marianorun ha detto...

Ciao Gianni, hai ragione... E' che vedevo la tua maglietta sempre davanti e non volevo lasciarla andare... La tua ottima prestazione mi consola e quel minuto e più che mi hai rifilato me lo merito tutto!

Alain ha detto...

Complimenti per come hai sviluppato l'analisi, e anche per lo stile della scrittura! La partenza concitata è un errore talmente diffuso che permette a chi non lo commette - il saggio podista dal sangue freddo, dal ritmo costante e implacabile - di gareggiare superando dall'inizio alla fine i colleghi che via via perdono i colpi. D'altra parte se non ci fossero le prede non ci sarebbero neanche i predatori...

marianorun ha detto...

Da preda a predatore, dunque. Questa è l'evoluzione auspicabile per un podista. Grazie Alain!