4 novembre 2012

La Folle del Ruffini

Il cielo è bianco e grigio un po’ perlato, quasi un camice usurato d’infermiere, o l’uniforme da karate sporca di sudore. Ci sono tredici gradi, ma sembra tutto rigido e invernale più del solito.

Arrivo nei dintorni del Parco Ruffini, qui a Torino, e intravvedo il fermentare anaerobico di centinaia d'atleti pronti a ribollire. Mi avvicino attratto dal fiuto e parcheggio nel primo buco che trovo. Intorno c'è la spettacolare ramificazione dei colori che insegue un orizzonte (di Mandelbrot) verso l'infinito e oltre.

Oggi si corre la tredicesima edizione della gara provinciale FIDAL denominata “La folle del Ruffini". Per me è la prima volta, e mi chiedo perchè folle, ma subito mi do una buona risposta da solo. Mentre approfondisco le cause, vedo Ennio e Diego e mi aggrego.

Dell'Atletica siamo in pochi oggi, e guarda caso neppure mi hanno iscritto. Il Direttivo si attiene scrupolosamente alle regole, senza eccezioni, e le richieste automatiche vanno manualmente inoltrate a tutti gli interessati (evvai!). Le iscrizioni alla competitiva sono chiuse. Mi travesto dunque da clandestino e corro la gara sotto falso nome.

 

Il cielo è ancora bianco e grigio argento, quasi un trofeo luccicante  di carrozzeria Fiat e capigliatura brizzolata del primo Agnelli. Abbasso lo sguardo, e come per magia ci troviamo nella pista di atletica dello stadio Primo Nebbiolo. Calpestiamo gomma Sportflex Super X, il materiale utilizzato alle Olimpiadi di Pechino, color azzurro cielo. Altro che terra! E rimango così, sospeso in un regno animale che regala istinti di competizione e di sfida.

Mi accorgo di essere io solo quando un flebile sparo mette tutti in fuga. Il Garmin si attiva al volo come una Red Bull, e spiego le ali (nel senso dell'importanza del quadricipite in corsa...). Mi raccolgo bene e poi libero la falcata, ma c'è sempre qualcuno più veloce, per almeno un paio di minuti. Sulla scia di Raffaele e Gabriele tocco il primo chilometro, mentre non vedo più il giovane Domenico, già venti secondi davanti a noi. Mi affianca Andrea ed inizia un sodalizio di tre-quattro chilometri, prima io, poi lui, tra una chiacchiera e l'altra; poi lui allunga leggermente e mi assesta una ventina di metri che dureranno fino al traguardo. Bravo Andrea!

Al quinto chilometro mi affianca Gianni e prova ad invitarmi nella scia, ma non riesco a soffrire di più: 3:54 3:58 4:03 4:07 4:08 i tempi fino a qui. Ora cerco la tenuta e chiudo un po' gli occhi per immaginare un'altra corsa, dove il cielo non sia più grigio e l'orizzonte così scuro. Sogno ad occhi aperti e non vedo più il confine dei corpi tra gli alberi secolari, dei volti tra i nastri ad ansimare. Tutto diventa confuso, annebbiato, luminoso. Chiudo la seconda cinquina con: 4:07 4:12 4:15 4:09 e 3:56.

Sul finale, nei 400 metri di pista dello stadio, provo a chiamarmi per nome, a serrare i ranghi delle articolazioni. E' un mediocre intervento, ma alla fine, circa 200 metri dal traguardo, un ragazzo in tenuta arancione della Podistica Torino mi affianca, mi supera: ingaggio la sfida del mese. Ci spingiamo fin oltre le possibilità e arriviamo in volata folle (ecco perchè) uno sopra l'altro, prima lui e poi io, stremati, finiti. Gli stringo la mano mentre è ancora sdraiato che ansima; mi risponde che è un ex-centometrista e mi sorride. Folle io, folle lui, Gian Marco,  ma che bellezza sentirsi così vivi! Il tempo finale è 40:55 per questi 10 km, settantesimo assoluto su oltre trecento giunti al traguardo.

E torno a casa, felice d'essermi conosciuto un po' di più.



5 commenti:

Andrea ha detto...

Bel racconto! Nella seconda cinquina abbiamo rallentato un po'; l'ultimo km lo abbiamo corso alla stessa velocità. Grazie della compagnia e alla prossima!

theyogi ha detto...

ecco come la sofferenza può essere creativa, in fondo hanno la stessa energia..... ;)

marianorun ha detto...

Grazie, Andrea.
Ottimo il tuo super-report d'Oltralpe!

marianorun ha detto...

La sofferenza può essere creativa, certo. E quando lo è sviluppa molta energia. A volte brucia, ma è sempre energia... Ciao!

Anna LA MARATONETA ha detto...

L'energia si trasforma, ricorda...da sofferenza diventa piacere!