30 marzo 2012

Le montagne

Questa mattina ho guardato le montagne. Poi la strada da percorrere e di nuovo le nevi, nello smarrimento solare, accecante. Sopra le campagne,  il duende, “el diablillo de la creadividad”, esiste e resiste nelle anime pendolari. Fa cantare senza voce, salire senza fiato. Mi fa angelo, tremendo come ogni angelo di Rilke, per volare nella bellezza, nell’altezza. Tra lo spirito delle terre alte, le semplici pietre, le piante. Gli animali, i montanari, i girasoli.

Le montagne sono là, ne abbiamo bisogno come di Mozart, Van Gogh o Michelangelo. Regno del freddo e della lentezza, del caldo e della velocità. Luci e ombre, armonie di opposti come vorremmo fosse la vita, l’universo. La ruota dello ying e dello yang ne risale le pendenze: il bianco e il nero si abbracciano nel passo. Un puntino nero all’interno del bianco e un puntino bianco nel nero, dall’alto dell’aquila che scruta. L’acqua e il fuoco, sole e luna salutano, inseguono. Perché non c’è piacere senza sofferenza e sofferenza senza piacere, in montagna. A mare…

Perché la prima montagna delle Alpi è a fil di mare (racconta Paolo Rumiz), poco a sud di Fiume. Si chiama Risnjak, “Monte delle Linci”. Lassù cominciano le Alpi, in un posto di nome Vrata, lo stesso termine che i dalmati usano per indicare gli stretti fra le isole e che in slavo significa “porta”. Sul valico come sul ponte di una barca: il vento gonfia le vele… e sotto, il mare.

Dall’altro versante dell’arco alpino, il rossastro massiccio dell’Argentera- Mercantour, primo grande castello di roccia tra le Alpi. Qui si scorge un altro mare, il Ligure-Tirreno. Quasi lo sfiora un’altra altura, che dà inizio alla “corsa” delle Alpi: è lo sperone su cui sorge il Trofeo di Augusto, alla Turbie, a due passi da Ventimiglia, quasi a picco sul principato di Monaco.

La montagna, come la parola, è una zattera nel mare del caos. E’ l’avventura di Barry Lindon, sintetizzata nell’ultimo fermo-immagine di Kubrick: il protagonista sale in carrozza, con le stampelle e una gamba sola, mentre un servo si precipita a sostenerlo. Ha sbagliato, ha sofferto, è mutilato. Ma è ancora vivo. Chi rifiuta le sfide e la natura, le fatiche e i sogni di una vita…  cancellerà il suo paesaggio interiore, le sue montagne. E le sorgenti, le nuvole, i venti, le cime e gli abissi della propria anima…

1 commento:

Anonimo ha detto...

"... Le fatiche...i sogni di una vita...",
Decisamente un pensiero naturale, ma anche altissimo, come una montagna che cerca Dio o come una poesia d'amore che racchiude i pensieri piú profondi e intimi.