23 settembre 2012

Turin Half Marathon 2012

Oggi ho fatto il portoghese. Mi sono infiltrato nella XIII Turin Half Marathon senza iscrizione. Irregolare a tutti gli effetti. L’ho fatto perché pensavo di fare un allenamento in compagnia, una “preparazione” di base per la maratona di novembre, risparmiando una costosa iscrizione e l’obbligo di onorare l’Atletica.
Eppure sapevo che qualcosa non era in sintonia, che in profondità qualcuno non avrebbe accettato questa proposta. E infatti, alle 9:15 di questa mattina, il portavoce dei miei diavoletti s’è appeso alle ciglia e ha minacciato di cancellarmi la vista con la sua saliva se non avessi deciso di accettare la sfida competitiva.
Perché ormai si divertono, i miei piccoli demoni dell’orgoglio. E dire che non me la sentivo proprio. Colazione abbondante, improvvisata raccolta di indumenti da allenamento, crocchette per la gatta e via, senza fare troppo rumore in casa. Arrivo all’ultimo minuto e osservo dantescamente la folla biblica di peccatori del podismo che dal prato della Pellerina si accinge a riempire il guado del controviale transennato d’azzurro, per qualche centinaio di metri, richiamato da evidenti strumenti del demonio: elicotterini con telecamere in volo, display, gonfiabili, migliaia di rilevatori satellitari da polso.
Trovo i compagni dell’Atletica e mi lancio euforico nella mischia in attesa d’essere traghettato. Saluto Fedele che non vedevo da mesi, poi Max, Ennio, Fabrizio, Luca, Gianluca, Marco, Diego. Siamo un bel gruppo. Io sono l’unico senza divisa! Vergognoso. Umiliante. Non resisto alle urla dei piccoli demoni e annuncio battaglia: ragazzi, voglio, ehm… mi piacerebbe tentare l’aggancio dei palloncini rossi, i pacers dell’ora e mezza! Mi scappa da ridere mentre lo dico, anche perché non ci credo minimamente. E’ solo l’aria nebulizzata della competizione che stordisce i sensi e i buonsensi.
Si ridacchia osservando quanti siamo: una marea ondeggiante di calorie prossime alla dissipazione rapida, di muscoli e profumi di creme contro i crampi. Non c’è più spazio neppure per respirare! Davanti qualche centinaio di atleti, dietro un paio di migliaia. Le parole non sono udite: si tenta di articolare le frasi, ma ciò che rimane è solo una densa sensazione di presente. C’è il tempo presente che si spalma sulle immagini, i volti, i sorrisi, le smorfie, le mani. Una melassa di occhi accesi all’infinito in mezzo alle frasi in dissolvimento, emesse e propagate senza essere ascoltate da nessuno.
Non so quanti minuti siano passati, ma di colpo si parte! O si dovrebbe. Piano piano, per qualche secondo non si muove nulla. Poi qualche passo, e infine scarpe contro scarpe, zig zag da gran premio e posizionamento nel gruppo omogeneo. Spingo come posso e chiudo il primo chilometro in 4:18”. Siamo in gruppo: Max, Luca, Ennio, Diego e Marco. La strada è tutta per noi. Torino si è ristretta in altre vie; il serpentone inizia ad allungarsi e a sagomarsi tra le case e i palazzi di periferia. Corro senza accorgermi che il secondo chilometro è passato in 4:18, esattamente come il primo. Affianco Max e gli chiedo di accelerare un pelino, tanto per non perdere di vista i palloncini rossi… che già non vedo più! Saranno scoppiati? Max accenna alla condivisione e senza troppe chiacchiere infiliamo una tripletta di chilometri uguali: 4:14 - 4:14 - 4:14: eccellente!
Ora inizia il sesto chilometro e mi distraggo un po’. Mi accorgo della fatica di mantenere il passo veloce e di colpo vengo proiettato nelle sensazioni dure e penetranti provate nella precedente mezza maratona di Trino Vercellese, lo scorso ottobre. Era la prima volta e non sapevo cosa significasse la zona rossa tra il 16° e il 19° chilometro: un tappeto di ostacoli e sofferenza. Penso e ripenso e rallento per la paura: 4:20 - 4:26 i tempi dei chilometri della memoria.
Poi si entra in Collegno e il territorio ritorna amico: ci sono le strade di casa, il servizio di ristoro organizzato dalla nostra Atletica (La Certosa). Troppo presto per fermarsi a bere. Si saluta e si urla sguaiatamente lungo i metri degli amici indaffarati ai bordi della strada a passare bottigliette e spugne. Quanto basta per distrarre la mente dai vecchi pensieri e riprendere l’entusiasmo: ma dove sono i diavoletti che mi hanno punzecchiato mezz’ora fa? In quale cavità amigdala si sono nascosti? Toh! Il parco Dalla Chiesa, quello degli allenamenti di gruppo. La piazza della nostra sede! Il centro di Collegno: vedere i passanti, gli alpini, i vigili, la gente sui balconi fa accelerare il cuore e le gambe: passo l’ottavo e il nono chilometro in 4:14 e 4:15.
Il decimo lo trascorro al fianco di Max, fotografati qua e là da familiari e amici, in 4:23. Il display si aggira intorno ai 42’ e scambio due chiacchiere. Max decide di non forzare per non soffrire troppo alla fine. Concordo, ma non riesco a non avvicinarmi al “limite”, standone un pochino sotto, ma non troppo, come teorizzato con Gabriele l’altro ieri. E dopo due chilometri insieme a 4:15 e 4:25, mi sento bene e accelero. Raggiungo Luca e faccio con lui il 13° chilometro a 4:10. Poi accelero ulteriormente. Insisto per altri due chilometri, affiancandomi a un ragazzone con la maglietta “maratoneta genovese”: 4:09 e 4:11. Sembra facile, ma dopo una salita sento che ho speso un po’ troppo. Non ho il tempo di ragionare che Luca e una simpatica ragazza dell’Atletica Fossano mi raggiungono e sorpassano. Il 16°, il 17° e il 18° chilometro sono stati i più duri: 4:23 – 4:20 – 4:21. All’ultimo ristoro mi fermo un istante e bevo un bicchiere di the freddo. Lo finisco e lo appoggio anche al tavolino! Mi sento troppo educato!
Ora alzo gli occhi al cielo e riprendo sorridente a correre! L’aria è quella del finale di un’impresa, di una vetta quasi raggiunta. Cerco dei riferimenti e inaspettatamente si affianca alla mia sinistra Davide, progettista di motori nella piana di Orbassano. Non ci stringiamo la mano, ma quasi. Un breve tratto insieme prima della discesa verso il traguardo. Acceleriamo e mi sento decisamente in forma. Gli ultimi tre chilometri li corro in 4:06 - 4:07 e 3:52. Adesso ho Luca davanti si soli 20 metri. Decido di scattare, ma un guardiano mi urla che senza pettorale non si passa. Lo scanso ed un secondo si fa minaccioso davanti. Mancano 200 metri e devo uscire fuori dalle transenne. Mi fermo, scavalco e riprendo a correre sul marciapiede affollato di gente fino a dopo il gonfiabile.
Alzo gli occhi al display: 1h:30:12. Forse sarei riuscito a scendere sotto il muro dell’ora e mezza, ma va bene così!
All’arrivo ci salutiamo e Davide si rammarica di non averci creduto e spinto per scendere sotto il muretto dell’ora e mezza. Sarà per la prossima volta, sicuro! Salutiamo Maurizio, alias Stoppre, magnifico 1h:29:07 ufficiale. Lo facevo più smilzo! Ha il sorriso di un ragazzino, e le mie stesse scarpe: Brooks Pure Flow, made in China.
Anche Max si è migliorato un pochino, finendo in 1h:32:33 ufficiale. Dalla classifica Fidal scopro che c’erano anche i compagni di squadra: Domenico e Carlo, velocissimi. Fantastico anche Fabrizio, visto solo alla partenza e all’arrivo.
Il prossimo appuntamento con me stesso è il 18 novembre 2012. Ci saranno più di quarantadue motivi per non vederne l’ora!

4 commenti:

stoppre ha detto...

ah ah che bel racconto, e visto che sei portoghese da ora in poi ti chiamerò marianinho!!

grazie anche per i complimenti, però l'aggettivo "smilzo" non mi si addice da quando avevo 6 anni credo... :D, anzi, ora sono magro! alla prossima avventura

theyogi ha detto...

niente sensi di colpa: se non hai approfittato dei ristori, ci sta correre in compagnia (dei falsi magri)..... :))

marianorun ha detto...

@stoppre: il soprannome mi piace. Al prossimo calcio d'inizio avventura, allora... ciao!

@theyogi: ho approfittato, alla fine, e non poco. Anche se speravo ci fossero le crostatine, che mi piacciono così tanto... ciao!

nino ha detto...

dodici secondi. un'inezia. alla prossima crolla.