23 febbraio 2012

I neutrini

E così riprendo a correre, finalmente, dopo la pausa freezer e quella delle fibre di un polpaccio macilento, forse, o solo deboluccio di costituzione…

La ripresa non è cauta: l’istinto, come nervo scoperto, mi fa saltare senza progressione le tappe tra il fango residuo e le tante deiezioni di cani, ostacoli sul suolo pubblico. Ringrazio i padroni privi di palette, perché a loro devo la mia ritrovata velocità.

Certo potrei migliorare di tanto, e sono felice di poterlo pensare abbandonandomi a quelle sequenze di geni campani che inspiegabilmente si attivano. Li aspiro, napoletani, dagli albumi zuccherini che gonfiavano le torte della mamma di Tonino, figlio dell’immigrazione degli anni ’60. Memoria indelebile masticata per anni, gusto e consistenza che ora viaggiano più veloci della luce del tramonto, nei tunnel della corteccia frontale o laterale, o nel baule che trascino appresso. Pensieri immateriali che la metafisica accoglie nella sua mensa per i poveri della filosofia…

Però la Fisica non si tocca, ed è notizia fresca che:
I neutrini non sono più veloci della luce. E’ stato un falso allarme. La velocità della luce rimane una costante della fisica.

Lo scrive il numero in uscita della rivista «Science». L’errore non stava della relatività di Einstein ma in una banale connessione in fibra ottica tra il ricevitore GPS e il computer usato per calcolare il tempo impiegato dai neutrini a viaggiare dal Cern di Ginevra al Laboratorio sotterraneo del Gran Sasso.

Era il 23 settembre dell’anno scorso quando l’équipe dell’esperimento «Opera» diretto da Antonio Ereditato diede l’annuncio bomba. I neutrini prodotti a Ginevra, dopo aver attraversato la crosta terrestre sotto le Alpi e gli Appennini fino al Gran Sasso per 720 chilometri, sembravano guadagnare 60 miliardesimi di secondo rispetto alla velocità della luce.

I fisici di «Opera» furono i primi a stupirsi e decisero di comunicare il loro sconcertante risultato proprio per chiedere ai colleghi americani e giapponesi, che hanno esperimenti simili, di verificare come stessero le cose.

Subito dopo l’équipe di «Opera» si sono messi a controllare meglio il proprio esperimento. I fasci di neutrini erano un po’ troppo lunghi, non si poteva sapere se si catturava un neutrino della testa o uno della coda dei fasci: li hanno accorciati perché la misura fosse più precisa. Poi con i satelliti GPS hanno meticolosamente controllato la distanza Cern-Gran Sasso, riducendo l’incertezza a una ventina di centimetri. Il sospetto era che ci fosse un errore sistematico, perché la differenza di tempo saltava fuori in modo costante su 15 mila neutrini osservati. In effetti era così: l’errore sistematico si annidava in un pezzetto di fibra ottica, dove la luce non viaggia alla velocità della luce ma più lentamente, sia perché non è nel vuoto sia perché dentro la fibra viene continuamente rifratta. Era quel rallentamento a far sembrare i neutrini più veloci.

L’annuncio del 23 settembre ebbe un risvolto divertente. L’allora ministro dell’Istruzione e Ricerca Mariastella Gelmini fu anche lei più veloce della luce nel rivendicare al proprio ministero il merito di un fantomatico tunnel nel quale i neutrini disputerebbero le loro corse travolgenti da Ginevra all’Abruzzo. Non sapevano, il ministro e il suo ufficio stampa, che per i neutrini la materia è perfettamente trasparente perché sono particelle a interazione debolissima. E neppure che non esistono al mondo tunnel così lunghi, il che è geografia, non sofisticata fisica delle particelle.

Qualche riflessione dovranno fare anche gli scienziati. E’ vero, si impara sbagliando. Ma è anche vero che i media oggi hanno i nervi scoperti e ciò modifica il vecchio modo di procedere delle riviste scientifiche, dei controlli tra pari, degli esperimenti indipendenti che si verificano vicendevolmente.

Nessun commento: