10 gennaio 2016

Inside out

La montagna più alta rimane sempre dentro di noi 
(Walter Bonatti)


Non potendo superare la vertigine del primo giro, l'OrcoDoctor ci guida in una doppia salita al monte San Giorgio, così da appagare i mille metri di dislivello che scintillano nei suoi occhi. Sono loro che illuminano la nostra spedizione. 

Non patendo nella normale salita, l'OrcoDoctor devìa per la variante est della montagna, inseguendo pendenze imponenti dove proiettare l'immagine della propria roccaforte interiore. Calpestiamo le rocce della zona, peridotìti ricche di magnesio. Le scavalchiamo faticosamente aiutandoci con le mani che si stringono sui tronchi emergenti, fino alle corde fisse poco prima della vetta. 

Nella salita, una certa solitudine è indispensabile. Una certa sensibilità animale si fa più acuta. Sono questi artigli emotivi che spuntano dal corpo. Quando il corpo risolve la formula del movimento attraversando in equilibrio la Natura che lo circonda, allora la propria natura si rivela, e graffia sempre. Assetata di spazi liquidi di cui riempirsi, affamata di vuoti d'aria da cui farsi risucchiare. La nostra natura cerca di risalire la variante est della cima mentale (dove la parte cosciente si rifugia). O almeno ci prova. 

Dopo due ore e un quarto di movimento arrivo ai piedi della mia montagna. Non mi sembra così alta. Forse sono cresciuto. Forse è la mia vista che è peggiorata, e la neve si confonde con il cielo.

Bosco del San Giorgio
Nature umane al San Giorgio

2 commenti:

Davide Massone ha detto...

Facile andare adesso sul San Giorgio ma circa 1000 anni fa un drago regnava padrone assoluto della montagna!!!!

marianorun ha detto...

Hai ragione Davide. Tra i tanti santi sauroctoni, Giorgio della Cappadocia fece stragi di draghi (forse più umani di alcuni alti prelati)...;-)