23 settembre 2013

Oulx: le prime impressioni

La partenza

Oulx, 22 settembre 2013

Dopo un’oretta di autostrada arrivo nella piazza del paese di montagna. Mi colpisce il porfido perfettamente allineato che sembra proseguire dalla terra verso il cielo grigio di nuvole basse. Sono le sette di mattina e sopra le case ondeggiano imperscrutabili vapori immaginari. Scendo e mi oriento. Laggiù dovrebbe esserci il punto di accoglienza. Mi sento tranquillo, anche se un po’ spaventato, come prima di un esame. Ritiro il pettorale e il chip da infilare tra i lacci della scarpa. Passano pochi minuti, ma sembrano tanti; vivo una specie di lungometraggio di primi piani, sorrisi e suggerimenti. Poi attraverso la piazza e annuso l'aria fresca. Ci sono meno di dieci gradi.

Appena fuori, mi accorgo di una faccia nota: è Nico Valsesia che sorride e chiacchiera con altra gente. (Più tardi, alla partenza, lo saluterò chiedendogli della traversata del Salar, il "deserto di sale" in Bolivia, dove lui e Marco Gazzola sono stati protagonisti per Deejay TV - Fino alla fine del mondo (vedi qui); è molto simpatico e forte: quando gli racconto che il filmato mi ha entusiasmato mi dice che è tutto falso, è stato tutto un montaggio, e poi ride.


Nico Valsesia

Il piazzale si popola di mormorii, mentre il cielo si apre proprio in direzione del colle del Vin Vert (a duemilasettecento metri) che dovremo raggiungere tra poche ore. Mi sembra quasi impossibile. Non lo guardo più di tanto. Mi spaventa. Passo in rassegna il vestiario di chi mi sta accanto, per osservare quanto sono "sprovveduto". Quasi nessuno indossa le scarpe leggere (come me). Quasi tutti hanno uno zaino tecnico con porta borracce e spalline rinforzate, mentre il mio è del 1995 e appare un oggetto non identificabile. Per il resto sono all'altezza della situazione. Ho anche il berretto da soldato, ma soprattutto il coraggio d'affrontare l'ignoto.

L'adunata è in un prato riservato del parco. Qui c'è Marco Abbà, l'atleta e organizzatore del Trail che spiega rapidamente il tracciato, la sua asprezza, ma anche l'importanza di divertirsi, in quest'occasione che rientra nel circuito di "I run for Find The Cure", un team di volontari che ha deciso di impegnarsi attraverso lo sport nella raccolta fondi per aiuti umanitari alle popolazioni più povere e meno libere.

Mi guardo attorno e chiedo informazioni. Scopro che tutti vorrebbero sfogarsi e raccontare la loro preparazione e le loro esperienze. Siamo uguali. Tanti sono veterani. Io non lo sono ancora, ma penso che questa potrebbe essere l'occasione per imparare "dalla diretta della vita". Mi chiedo quanto sono disposto a cedere (il passo) alla fatica. Quanto sono disposto a perdere, come dice Jovanotti. 

Osservo le facce. Più di cento paia di occhi e un solo grande sguardo. Mi piace. E' lo sguardo dell'animale che ama la Natura, i sentieri e le pietre, i greti e l'acqua gelata che disseta. Le rocce attendono a breve distanza.

Il percorso del Trail è tutto qui. Nel senso che tutti sapevamo di dover fare tante migliaia di passi. Lunghi o brevissimi. E tutti avevamo memorizzato più o meno come e dove avremmo fatto i conti con i nostri limiti. Eppure ogni corsa è imprevedibile, tanto più quanto meno ci si conosce. Elementare a dirsi. E poi si cambia pelle, dopo essersi conosciuti arrendevoli o resilienti, affaticati o leggeri. Si diventa qualcun altro, dopo ogni ultra-trail.

Ciao sono Mariano. Ciao sono Mario di Oristano. Anche tu nuovo del percorso? Che posto! Poi si parte ed ha inizio la trasformazione. Per noi due, e per tutti gli altri cento. A metà della via può capitare d'incontrare la sofferenza, dolori e crampi. A noi due è capitato. E il dolore non lascia spazio ad altri pensieri. Lui lavora nel profondo. Chiede in prestito la tua anima e poi la logora, restituendola quando prometti di non evocarlo più, e di fuggire dalla sua maledetta morsa. Il crampo è doloroso e sopraggiunge quando la fatica supera la soglia che il muscolo è in grado di sopportare. L'allenamento è fondamentale, molto più della biochimica di un sale. Ma siamo ancora lontani dall'arrivo, molto lontani.
Venticinque chilometri di lotta con i muscoli delle gambe, con i polpacci, con le deformazioni della sensibilità che stravolge il paesaggio ed accende lampi di luce negli spasmi che durano meno di un minuto, e minano il sentiero di fantasmi e di paure di non poter più correre dal dolore.

L'importante è non fermarsi. Appena passa, rimettersi in piedi e saltellare. Questo è stato il mio Trail, nella seconda parte, e anche quello di Mario. Nella prima, invece, puro divertimento e meraviglioso spettacolo della Natura settembrina ad alta quota.



Mario di Oristano (e Mariano)
(segue seconda parte e foto)

4 commenti:

Bio Correndo ha detto...

Mario...Lo conosco!!!! Se vi siete scambiati la mail me la gireresti? Diversamente so come rintracciarlo.. Per il commento alla tua gara aspetto la fine del racconto

Saverio ha detto...

Bel racconto e coinvolgente! Compimenti per l'impresa.

marianorun ha detto...

Ok, fatto, Fausto.

marianorun ha detto...

C'è Fausto che mi sprona a (s)battere sulla tastiera quel che resta (della mia gioventù).