16 ottobre 2012

Felix Baumgartner

Anch'io, come milioni di altri esseri umani, dedico all'uomo coraggioso e addestrato un lungo applauso. La sua impresa m'era sembrata folle, ma ho cambiato idea.  E domenica sera, dopo averne compreso lo spirito, mi sono quasi commosso.


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Poi leggere l'articolo di Matteo Pucciarelli, Repubblica Sera

È uno strano deserto, per essere un deserto: perché fa freddo anche di giorno. Ed è qui, nel New Mexico, che l'austriaco Felix Baumgartner ha vinto la scommessa che lo ha reso immortale. Perlomeno nel suo settore: quello della spericolatezza.

  
Il 43enne si è buttato da un'altezza di 39mila metri, superando il muro del suono con una tuta speciale e toccando i 1300 chilometri orari. Un proiettile sparato a tutta velocità, in volo per quattro minuti e quindici secondo. "Il lancio è stato perfetto ma poi ho cominciato lentamente ad avvitarmi. Pensavo che avrei fatto solo qualche giro ma ho preso velocità. Quando ti avviti in quel modo, è come l'inferno e non sai se riuscirai a uscirne fuori". 

La carriera di Baumgartner, ammirato in patria ai livelli di Arnold Schwarzenegger, comincia come semplice paracadutista dell'esercito austriaco. Poi diventa base jumper. È il 1999 quando realizza il salto più alto con il paracadute da un edificio, saltando dalle Petronas Towers a Kuala Lumpur, in Malesia. Quattro anni dopo un altro Guinness dei primati: il 31 luglio 2003 è il primo uomo ad attraversare il Canale della Manica con una tuta alare in fibra di carbonio.

Poi di mezzo altre imprese: il base jump più basso, saltando dalla mano del Cristo Redentore a Rio de Janeiro; il primo a saltare dal Taipei 101 da circa 390 metri, allora il più alto edificio del mondo. Una vita spericolata: "La paura è mia amica. È quello che mi permette di non fare il passo più lungo della gamba", raccontava. Sul braccio destro ha un tatuaggio che non poteva non essere questa frase: "Born to fly", nato per volare, mica come Bruce Springsteen che al massimo correva.

Mancava la ciliegina sulla torta: "Un giorno - spiegò ai giornalisti prima dell'impresa - sarà possibile far tornare a casa gli astronauti in completa sicurezza, nel caso di malfunzionamento delle navette. Sembra quasi fantascienza, ma è questa la direzione in cui si sta muovendo la ricerca aeronautica. E poi chissà, magari tornerà utile per quando ci saranno i turisti dello spazio".

La progettazione del lancio era stata seguita da ingegneri ed esperti di prim'ordine, alcuni provenienti dalla Nasa. Lì ha trovato un grande amico, un padre putativo: Joe Kittinger, 84 anni, colui a cui ieri è stato rubato il record. Lui, nel 1960, soldato dell'aeronautica Usa, si buttò col paracadute da 31mila metri. E Kittinger è stato l'unico che durante l'ascesa della capsula e durante il volo ha parlato con Felix.

Quasi una droga: "Quando mi sono avvitato per i primi 10-20 secondi, non ho temuto per la mia vita ma ero infastidito poiché in quel modo rischiavo di non ottenere il record", ha candidamente ammesso. Uno sportivo e un duro, o anche no: "A volte bisogna andare veramente in alto per vedere come siamo piccoli", ha detto appena ritornato coi piedi sulla terra. 


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2 commenti:

Drugo ha detto...

Poco da fare una grande impresa e molto ben documentata dai media. Tempi moderni.

Enrico ha detto...

Veramente fuori di melone! Una ricerca personale lunga una vita e un grande risultato!