28 aprile 2012

La felicità

So che agli uomini accade d’essere felici. La felicità è dunque di questo mondo; non ci vuole molto per farsene un’idea, basta semplicemente esser stati felici. 
Poco importa che la condizione di felicità sia breve o lunga: quel che conta è che la felicità, una volta vissuta, non si può dimenticare.
Nulla perisce definitivamente, perché il tempo non è in grado di abolire l’esperienza. La coscienza consolida il fluire del vissuto, stratifica e trattiene quel che trapassa: è il passato che si immobilizza. E ogni uomo è radicato nel suo passato... mai definitivamente perduto. 

E la felicità può esser perduta come condizione di vita, ma non può esser cancellata mai.
Dalla felicità si è rapiti: giunge inattesa e altrettanto inattesa svanisce. E per questo appare immotivata come il dolore. Ma il dolore inchioda, stringe e costringe. La felicità lambisce, balena e sparisce. Il dolore è più presente della felicità, ma di certo è ad essa conseguente. 
Proust aveva ragione quando scriveva: “se non fossimo stati felici, non foss’altro grazie alla speranza, le sventure sarebbero prive di crudeltà, e per conseguenza infruttuose”. 
Fedele alla felicità è solo chi è stato felice.
Ma la felicità possiede la natura dell’attimo, e nell’attimo in cui la si possiede se ne è posseduti. 

Un’esperienza che si trasforma in meta. Una meta, o una questione di fortuna?


6 commenti:

Anonimo ha detto...

Quando si é felici ed appagati non ci si sofferma sul concetto della felicità stessa.... Si é felici e basta, si é felici anche nel dolore, nella noia e nella povertà, nella semplicità e nelle difficoltà, si é felici perché il mondo ti ha donato le montagne, il mare, gli arcobaleni, le nuvole.... Si é felici perché Dio ti ha guardato negli occhi e ti ha detto: "Vivi e sii felice con quello che ti ho donato e raggiungi la meta... La tua meta... quella che senti nel cuore e nell'anima".

Anonimo ha detto...

"Non c'è rimedio alla nascita o alla morte, se non la capacità di godersi l'intervallo che le separa."George Santayana.
"Riflettete su questo punto. Noi umani siamo esseri sociali. Veniamo al mondo per effetto di azioni altrui. Sopravviviamo qui grazie agli altri. Ci piaccia o no, ci sono pochissimi momenti nella nostra vita in cui non traiamo beneficio dalle attività altrui. Perciò non c'è da sorprendersi se gran parte della nostra felicità emerge nel contesto delle relazioni che intratteniamo con il prossimo". Dalai Lama
"Il problema di chi partecipa alla corsa dei topi è che anche se vinci resti sempre un topo." Lily Tomlin
Sono solo alcune delle citazioni che ho preso dal libro che ti voglio prestare e di cui ti parlavo stamattina.
Ciao.
Max

marianorun ha detto...

@anonimo: condivido che felice è chi raggiunge una meta che sente nel cuore e nell'anima... un pò meno che sia stato Dio a guardarmi negli occhi per farmelo capire... ma questo è un mio problema.

Condivido anche che si possa essere felici nella povertà, nelle difficoltà... un pò meno nella noia ed assolutamente no nel dolore, la negazione della felicità (non dell'amore, però)...

Lascia un nickname, se vuoi...

marianorun ha detto...

Max, grazie dei pensieri profondi.

Quello del Dalai Lama è una verità umana assoluta a cui tendere...

Allora grazie del libro che mi presterai!

Anonimo ha detto...

Ciao, ti ho "rubato" quest'immagine molto bella per un mio post. Spero che non abbia copyright :-)
Bei pensieri per un blog libero di testa.
Ciao
Francesca

Lisa *URANYA78* ha detto...

La vita è mutamento per definizione, è un perenne divenire: motivo per cui la felicità, almeno in parte, dipende necessariamente da qualcosa che si può perdere, purtroppo...