17 maggio 2013

Le metafore

Pensando ai paradossi bergonzoniani, mi accorgo che i nostri discorsi sono intessuti di metafore. Le metafore spesso nascono dal tentativo di colmare l’ignoto con la fantasia. Altre volte sono espressione genuina della nostra anima. “Non c’è montagna più alta di quella che non scalerò” canta Jovanotti, e questa è una grande verità. “Il maratoneta è un samurai senza spada” scrive Mauro Covacich, e questa è una piccola soddisfazione.

Quando corro, le metafore mi entrano dalle narici, mi spettinano, mi schiariscono anche i capelli. In genere non le capisco perché non ho più tanto sangue nel cervello. Una di queste, però, mentre rallentavo, l’ho assimilata. Quando “la discussione è una guerra” – ecco la metafora – la riunione va immediatamente interrotta, trasportata altrove, meglio nelle piste della posta elettronica.

Anzi, semplicemente “la discussione è una guerra” è la metafora di un’altra grande verità umana. Perché noi non soltanto parliamo delle discussioni in termini di guerra, ma vinciamo o perdiamo nelle discussioni: noi vediamo la persona con cui stiamo discutendo come un nemico, attacchiamo le sue posizioni e difendiamo le nostre, guadagniamo o perdiamo terreni, facciamo piani e usiamo strategie, se troviamo una posizione indifendibile, la abbandoniamo e scegliamo una nuova linea di attacco.

Molte delle cose che noi facciamo durante una discussione sono in parte strutturate sul concetto di guerra. Sebbene non ci sia un combattimento fisico, c’è tuttavia un combattimento verbale, che si riflette sulla natura della discussione: attacco, difesa, contrattacco. Questa metafora è dunque parte della nostra cultura, anzi, la struttura.

L’essenza della metafora è comprendere e vivere un tipo di cosa in termini di un altro.

Per esempio, questa sera mi trasformerò in gazzella di savana, sul tapis roulant di una palestra molto bella. Ma non sono sicuro di riuscirci. Una metaforica vocina potrebbe rivelarsi schietta come la vignetta…  

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