14 settembre 2012

Addio Atomo?

Il Giappone fissa l’obiettivo di chiusura dei suoi reattori nucleari nell’arco di circa 30 anni, optando per un forte cambiamento strategico a 18 mesi dal disastro della crisi atomica di Fukushima.

Le nuove linee energetiche nazionali, approvate oggi dalla riunione voluta dal premier Yoshihiko Noda, hanno recepito «una strategia flessibile: una linea di partenza è stata tracciata e anche se è difficile, non possiamo rimandare i compiti», ha spiegato Noda sul passaggio verso le fonti rinnovabili, mentre fuori dal suo ufficio erano già pronte le consuete proteste anti-nucleare del venerdì. «Non possiamo non avere presente lo scenario economico» visti gli investimenti richiesti, «anche se deve essere chiaro che il nostro obiettivo è l’uscita».

Sulla via nipponica di addio all’atomo, il ministro per le Politiche nazionali Motohisa Furukawa ha notato «che proveremo ad arrivare a zero in uno scenario incerto» quanto a tecnologie realmente alternative. Tuttavia, «pensate - ha detto ai giornalisti - a internet 20 anni fa e a cosa è oggi». I problemi hanno una duplice natura, pratica e strategica. Prima di Fukushima, la terza economia al mondo generava il 30% del fabbisogno elettrico dall’atomo e puntava a superare il 50% entro il 2030. Per compensare un taglio corposo e contenere il balzo dei costi con i combustibili fossili, il ministro dell’ Ambiente, Goshi Hosono, aveva ipotizzato l’aumento di 6 volte della capacità di generazione da 4 categorie rinnovabili al 2030, investendo miliardi di euro. Sufficienti, a coprire solo il 16-17% totale, secondo gli esperti consultati dall’ANSA. Il governo attuerà tutte le misure possibili per portare la produzione nucleare a zero negli anni 2030, seguendo però tre principi: no a nuovi reattori, smantellamento di quelli con più di 40 anni di vita, riavvio delle unità che hanno superato i test di sicurezza dell’Authority di settore.


Il secondo aspetto è di natura strategica e si collega ai rapporti con gli Usa. Il Giappone è l’unico paese senza ordigni atomici ad avere un accordo con Washington (negato alla Corea del Sud) sul ciclo di riprocessamento e arricchimento: controlla tutta la filiera del combustibile usato per fini civili e, in linea di principio, anche per applicazioni militari. È un fattore di forte deterrenza, senza contare tutta l’esperienza tecnologica e scientifica accumulata, per un Paese con vicini imprevedibili (Corea del Nord) e militarmente attivi (Cina). 

Il Giappone, terzo paese al mondo per numero di reattori (50 di cui due in funzione) si aggiunge - pur con il lungo percorso a ostacoli - alla lista di Stati che hanno optato per scelte drastiche, come la Germania (stop alle 17 unità entro il 2022) e la Svizzera, che vuole chiudere i 5 reattori entro il 2034.

La Francia ha annunciato la chiusura della centrale nucleare di Fessenheim, in Alsazia, al confine con la Germania, nel 2016. Hollande ha anche ricordato il suo obiettivo di ridurre dal 50% al 75% entro il 2025 la quota nucleare nella produzione di elettricità nazionale.

Queste premesse sono per me essenziali. Una vera finestra da cui guardare il mondo con occhi più verdi e sereni. Soprattutto per chi dovrà vivere la parte migliore dei propri giorni, ovvero i nostri figli.




1 commento:

Anonimo ha detto...

Finalmente la tendenza dei governi mondiali va verso questa direzione!!!

C'é poi il problema dello smaltimento delle scorie nucleari. Una irradiazione da materiale contaminato provoca molteplici malattie, possono nascere bambini malformati anche a distanza di anni.
Gli effetti nocivi di tali materiali rimangono attivi per millenni e non ci sono ancora metodi validi per uno stoccaggio sicuro!

Bé, per il momento il primo passo é stato fatto e non é poco!

Ciao
Mosto selvatico