31 maggio 2012

L'equilibrio

“Tutto ciò che uno possiede è per lui che lo possiede ben nascosto. E di tutte le miniere preziose la propria è l’ultima ad essere scavata”. “Molta bontà e forza nascoste non vengono scorte. I più saporiti bocconi non trovano buongustai!”  (Così parlò Zarathustra)

Nietzsche ha scoperto l'inconscio e lo ha osservato con occhi molto penetranti. Quando ne descrive qualcosa, genera un’onda tellurica, un sisma profondo che apre zolle d’interiorità e smuove le strutture della coscienza. E per questo è stato spesso dimenticato, incompreso, cacciato dalla paura (umana)…

Gli uomini "non fanno nulla per il loro ego, bensì soltanto per il fantasma dell'ego". Il senso è che gli uomini sono "sconosciuti a se stessi", poiché "vivono in una nebbia di opinioni impersonali". Nietzsche ne individua la ragione nella supremazia degli istinti inconsci sulla coscienza e sull'intelletto.

Il linguaggio, poi, non è in grado di conoscere i nostri sentimenti profondi. E le norme morali, scritte e non scritte, censurano gli impulsi e gli istinti vitali dell’uomo, ne inibiscono la libera espressione: è questo il suo suggestivo “spirito di gravità”.

Gli istinti, di cui non conosciamo né il numero, né la forza, né le reciproche relazioni, non sono il testo, di cui la coscienza sarebbe l'interpretazione: gli istinti, in realtà sono già “interpretazione” di noi stessi.

Sono loro infatti, nella continua ricerca di un soddisfacimento, a interpretare gli stimoli interni ed esterni, e a guidare tutta la nostra vita psichica. Il soddisfacimento è opera del caso: l'esperienza quotidiana getterà "ora a questo ora a quell'istinto, una preda che viene subito avidamente afferrata". Ogni avvenimento della nostra vita è dunque interpretato da un istinto in funzione del suo appagamento. Queste dinamiche sono particolarmente evidenti nel sogno, che Nietzsche considera, vent'anni prima dell'Interpretazione dei sogni di Freud, il soddisfacimento allucinatorio di un istinto rimasto insaziato.

Ne risulta del tutto destituita di fondamento la concezione della coscienza come istanza egemone e interpretante. Essa non è autonoma, ma è interpretazione di un'interpretazione orientata dagli istinti inconsci, "un più o meno fantastico commento di un testo inconscio, forse inconoscibile, e tuttavia sentito".

Io sostengo l’equilibrio. Sento che la mente conscia e quella inconscia sono forze da comprendere profondamente. Se l’inconscio spinge dove la mente soffre, lì si deve fare leva, equilibrare. Se la mente conscia spinge dove l’inconscio fa star male, pure.

Ma se conscio e inconscio desiderano la luna o un viaggio in crociera o semplicemente una doccia calda e rilassante… allora a che serve l’equilibrio? La spinta è una fionda. Un verso, una palla rotonda…

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