17 maggio 2012

Il daimon

Il daimon non è di carne ed ossa, e non è un essere spirituale. Non è l'Ego, nè l'Io. E' super partes.

E’ una metafora che aiuta a comprendere qualcosa sulla nostra interiorità.
Il daimon è un’immagine antica, presente con nomi diversi in diverse culture. Nella nostra, potrebbe essere assimilata a quella dell’angelo custode. Nelle culture dell’America Centrale è definito come un “nagual”, un animale sacro, uno spirito guida percepito nelle esperienze di coscienza alterata, quelle che si raggiungono con le droghe psicotrope.

Nell’antica grecia il racconto che più diffusamente ne parla è conosciuto come “Il mito di Er” che Platone riporta nel decimo libro de “La Repubblica”. Si narra di Er, un guerriero caduto in battaglia che si risveglia poco prima d’esser bruciato sul rogo funebre, e si mette a narrare la sua esperienza “fra le vite”. Er racconta di ciò che ha visto nell’aldilà: un luogo in cui le anime si raccolgono dopo aver lasciato il loro corpo terreno, scelgono un nuovo destino da adempiere e poi ridiscendono sulla terra con il loro daimon. Prima, però, il daimon guida l’anima alle tre Moire e l’accompagna nella pianura del fiume Lete, ma non beve l’acqua che invece farà dimenticare all’anima il proprio destino.

Sulla terra, dunque, l’anima percorrerà la propria vita seguendo ciò verso cui è stata orientata.

Ciò che “conduce” è il daimon: una parte dell’uomo che non ha mai scordato la propria natura, la propria scelta. La propria impronta.

Il daimon è il carattere, l’impronta che si dà alle cose quando le si toccano. E’ il modo di porsi nelle relazioni con gli altri. E’ la forza che si mette nelle azioni, soprattutto in quelle guidate dall’istinto, il modo più autentico di esprimersi. E’ ciò che decide la realizzazione di un sogno, di un desiderio. E’ un fuoco che corrode e diventa motivazione e spinta, non “solo volontà”, ma “voglia”…

Sentire il proprio daimon è appassionarsi, coinvolgersi, trarre piacere da ciò che si sta facendo, e farlo bene!
Gli antichi greci chiamavano questo stato eudaimonia: l’essere in armonia con il proprio demone. Una condizione che rende alcune delle moderne definizioni di felicità anemiche e sterili.

Felici si è se ben guidati nel momento delle decisioni, delle scelte, in tempo di crisi. I greci chiamavano kairos il momento decisivo, quello dell’atto cruciale che può fare la differenza tra la vita e la non vita.

C’è libertà di scelta. E l’anima, che sempre metaforizza (lo dice Plotino), sceglie la sua metafora.


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