15 marzo 2012

L'anniversario

È passato un anno dal disastroso terremoto e dallo tsunami che ha colpito il Giappone, ma il triste bilancio di Fukushima è sempre attuale. L’eredità radioattiva e i rischi sono impossibili da prevedere. 

Secondo la Commissione Regolatrice per il Nucleare degli Stati Uniti ci sono al mondo 400 reattori in funzione, e un incidente come quello di Fukushima, che coinvolge la fusione del nocciolo, dovrebbe in teoria verificarsi una volta ogni 250 anni: in realtà ne abbiamo già visti 3 in 32 anni: Three Mile Island nel 1979, Chernobyl nel 1986 e Fukushima nel 2011. 

L’impianto di Fukushima rimane instabile e altamente vulnerabile. La “pulizia” della zona richiederà decine di anni. Oltre ai reattori stessi e alla zona di esclusione di 20 km, l’intera provincia di Fukushima resterà contaminata per generazioni. La quantità di Cesio 137 (che ha un periodo radioattivo di circa 30 anni) liberato durante il disastro è circa 170 volte superiore a quello sprigionato dalla bomba di Hiroshima. 

Fukushima ci ricorda che il nucleare è una tecnologia ad alto rischio. 

In tempi di crisi, l’analisi costi-benefici è perdente su tutta la linea. La costruzione dei due nuovi reattori nucleari in Europa (tecnologia EPR, in Finlandia e Francia) ha raggiunto costi proibitivi, del cento per cento oltre il loro preventivo, con fine lavori sistematicamente rimandata. 

I costi nascosti del nucleare (l’estrazione dell’uranio, lo smaltimento delle scorie, l’assicurazione, lo smantellamento) e la sicurezza, sono enormi. 

Non avrebbe dunque molto più senso investire gli stessi miliardi di euro in tecnologie sostenibili che già esistono e possono essere ancora migliorate? 

Speriamo di non dovere aspettare un ulteriore disastro per convincere il mondo che è tempo di abbandonare questa tecnologia vecchia, costosa e rischiosa. 

Intanto, siamo in molti a pensarla come Nicola Armandi, chimico del CNR (intervistato a Presa Diretta lo scorso lunedì 11 marzo): con le energie rinnovabili ce la si può fare. Basterebbe pannellare una superficie pari alla provincia di Piacenza, circa 2400 kmq, per fornire il 100% del fabbisogno energetico italiano.

E allora, che aspettiamo? Rispecchiamoci, puliti, nell’energia che il sole ci offre e illuminiamo la strada alle future generazioni!





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