27 gennaio 2012

Il terremoto

Quando corro non sento il terremoto, lo produco. Fuori e dentro gli strati di fibre e cartilagini e altro magma ancora (che rivestono le bianche ossa imprigionate nella danza). E’ un cortometraggio stile Walt Disney, dove lo scheletro usa se stesso come xilofono e racconta la paura, il tremore, la follia esilarante della libertà ritrovata. 


Certo per gli insetti della terra che calpesto l’esperienza è devastante. Nel fango, uno tsunami potrebbe cancellare intere popolazioni di microrganismi della cui sensibilità non mi sono mai curato… 

Per gli scaffali che avevo nella testa prima di iniziare a correre, il terremoto è un’onda (sul respiro già ritmato) che sbatte i ripiani sulle ossa parietali. Cadono giù le frasi, i nomi, le parole straniere. I numeri rimangono impigliati nei montanti, dondolano ad ogni chilometro e poi cedono anche loro alla forza oscillatoria e sussultoria della mezz’ora in movimento. 

E’ qualcosa che va sperimentato per essere compreso. Alla fermata, lo spazio interno è più ampio di prima. Le cose rotte vanno sostituite o rilette, e la vita rivissuta daccapo. Questo il significato di una vera corsa. Un terremoto fisico non ben governato e un terremoto non fisico di cui si deve governare ogni particolare sensazione, emozione, gioia ed euforia… 

E sono anche più sereno quando leggo che ieri... 
“sono bastati 5 millimetri per scuotere l'intero nord Italia. Di tanto infatti si sposta ogni anno la placca adriatica, il frammento di crosta terrestre responsabile dei sismi in Pianura Padana e nelle Prealpi Venete. La placca sotto accusa occupa il fondale del Mar Adriatico, ha il suo margine occidentale sul crinale degli Appennini, fino alla punta della Calabria, e confina a nord con quella porzione delle Alpi che attraversa Friuli, Veneto e Lombardia. 
La Pianura Padana in passato ha sperimentato sismi molto forti pur essendo considerata relativamente sicura. Il più violento di cui si abbia traccia risale al 1695 ed è avvenuto nell’Asolano con una magnitudo di 6.6 gradi Richter. Nel Veronese bisogna andare al 1117 con 6.4 gradi. In terza posizione c’è Brescia nel 1222 (6 gradi). In Emilia Romagna il record è stato raggiunto nel Reggiano nel 1832 con 5.6 gradi. Tra Est e Ovest, però, i comportamenti sono molto diversi anche nelle conseguenze. Se le aree centrali della pianura e quelle a Ovest sono tranquille, cioè generano terremoti di contenuta intensità, a Est, in Friuli, la situazione cambia perché in quella zona c’è una convergenza tra le placche da cui si sprigionano movimenti della crosta più violenti. Tutti ricordiamo il terremoto del 1976 (6.4 gradi). 
Prima del terremoto dell´Irpinia il 25% del territorio italiano era considerato a rischio, e quindi doveva adottare determinate misure antisismiche. Questo valore fu portato poi al 70% e innalzato all´80% dopo la strage di San Giuliano di Puglia. Con il risultato che il 70% degli edifici italiani sono costruiti con criteri insufficienti per lo stato di rischio attuale. 
Nel mondo, dal 2001 a oggi si sono verificati undici terremoti catastrofici. E in nove casi il pericolo era stato nettamente sottostimato. Prevedere con precisione i terremoti resta comunque un´impresa al di là della nostra portata.” 


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