23 marzo 2015

Il Trail dei 2 Mo(me)nti

Nella vita quotidiana ci sono "momenti di trascurabile felicità", e "momenti di trascurabile infelicità". Sono i titoli di due libri di Francesco Piccolo, scrittore e sceneggiatore casertano, intervistato ieri sera da Fazio. I suoi "momenti" sono più che altro comici, buffi, allegri o tristi. Sono tracce di una generazione nell'intorno del culmine, dove la parabola della vita azzera la propria derivata e stabilisce l'inizio del declino. Un po' prima, o un po' dopo, certe 
cose non si apprezzano più...

Un po' come scrive Lorenzo... ieri ero (tra le nuvole) alla ricerca di un gusto particolare. Certo non ancora "dell'amarognolo dell'ultima volta", ma comunque sensibile al fatto che certi momenti di trascurabile felicità - come la zuppa di pioggia e neve che si scodella all'improvviso sulla faccia mentre si corre - presto potrebbero diventare momenti di trascurabile infelicità, di desideri impossibili, di cose irraggiungibili, di corse al passo del pensionato (per dirla come l'Orco Paolo).


Ad Almese, alle 8 di mattina di domenica, la coperta bianca di nuvole faceva passare gocce minute di gelida pioggia, e lasciava solo immaginare cosa ci fosse mille metri più sopra, dove avremmo dovuto arrivare, se tutto andava bene, un'oretta dopo. Momenti invisibili come buchi neri nelle pupille dilatate di quelli che ho incrociato, tra il ritiro del pettorale e la spunta dei partecipanti nella griglia di partenza...
      
Poi tutto è stato un susseguirsi di flash verdi e opachi nel bosco, marroni e lucidi nella pietraia, bianchi e trasparenti nel crinale tra i monti, nelle tracce selvagge predisposte dal soccorso alpino. Un alternare di freddo e caldo naturale a decifrare la discesa e la salita. Momenti di trascurabile felicità che messi uno dopo l'altro hanno coperto quasi tre ore vissute dilatate e per questo "relativamente" meravigliose.


Il tempo del Trail è migliore, ma forse è proprio dalla cima della parabola della vita che se ne apprezza la vista. Vedere il tempo che rimane, dalla cima, è pura malinconia. Di una purezza malinconica che rende felici d'aver vissuto "proprio" quel tempo del trail, appunto il migliore.

Per la cronaca, ho dato il meglio di me piazzandomi al 35° posto assoluto tra i 144 guerrieri della luce e delle ombre arrivati al traguardo...  in 2 ore e 57 minuti. 

Nella salita al Musinè

All'arrivo solitario
In crisi di zuccheri

19 marzo 2015

Pensieri elevanti

"Eccola qui, la felicità della corsa, il gusto di un gesto senza senso, che non produce niente, che non serve a niente. Nemmeno il traguardo conta. Nemmeno il risultato. Kilian Jornet con una semplice frase dice tutto quello che c'è da dire: 'Non è più forte colui che arriva primo, bensì colui che gode maggiormente facendo ciò che fa'. Vince chi gode di più. In fondo, quale felicità più grande si potrebbe rincorrere?"
< tratto dal libro "Correre è una filosofia" di Gaia De Pascale >

Domenica cercherò di portare con me questa leggerezza in più. Non voglio pensieri pesanti; non voglio filosofi erranti. Solo due piccoli monti da scalare. Due occhi per osservare quella valle a cui appartengo. Da un'essenza all'altra. La natura sarà lì ad attendere il passaggio delle fibre nervose. Tante fibre, da rilassare in salita e in discesa. Per circa 22 km, 1500 D+ e tre ore-viaggio. Il finestrino promette questo:

    

15 marzo 2015

Running

C'è una meravigliosa canzone di James Bay che mi accompagna da qualche settimana, in pratica da quando ho deciso di "risalire" l'istinto del verticale, nella corsa...

Nella terra di mezzo di questi anni brizzolati, "Running" (to the place where I belong) mi sta spingendo nell'andare, e poi nel ritornare; nel salire tutti i tornanti contrastando la gravità, e poi nel far scendere tutti i muscoli, schiacciando le molle del corpo e del luogo a cui appartengo. E' la montagna, il corpo ed il mio luogo dove posso comprimere le necessità ed espandere l'aria delle inquietudini, confondere il mio tempo che inesorabile si allontana... 

Vivo così la folle corsa non più come "folle", ma come "naturale" destinazione. Da raggiungere al meglio, seguendo la luce del cielo e l'odore dell'aria, seguendo il destino proprio come in "Country Roads" di John Denver...

Ma per fortuna mi dimentico sempre qualcosa, e per qualche istante, ad ogni allenamento, sogno d'essere ancora un elastico umano lanciato come in questo video. E poi... "when the world spins in reverse", quest'istante diventa il mio anti-country, il mio anti-age (essential dream), o solo un maledetto antifurto dell'anima...

14/3/2015 - Running al monte San Giorgio (con Paolo)

8 febbraio 2015

Correre con il branco



Mark Rowlands

Correre con il branco 
La filosofia della corsa e tutto quello che ho imparato dalla natura selvaggia.

Mondadori

***

Ecco la copertina di questo bellissimo libro che da prestito, presto, si trasformerà in acquisto. Da leggere, rileggere, sottolineare ed assimilare per chi, come me, sente la memoria della corsa affiorare per un senso, afferrare per un braccio e chiedere conto di tutto quel tempo...

Mark Rowlands ha corso e si è allenato per gran parte della sua vita: per lui, filosofia e corsa sono strettamente legate. Alla soglia dei cinquant'anni, alle prese con una crisi di mezz'età e con una maratona imminente per cui non si è praticamente allenato, Rowlands si trova a ripensare alle sue corse più memorabili in compagnia del suo inseparabile «branco»: il lupo Brenin, i cani Hugo e Nina, il cucciolo di cane lupo Tess. Dall'infanzia nelle campagne del Galles alle corse lungo le spiagge francesi fino alle colline irlandesi e alle foreste della Florida, Rowlands ha imparato che correre non deve necessariamente servire a qualcosa ma è un'attività che ha valore per se stessa e che ci permette di capire quali sono le cose che danno senso all'esistenza, nonché una fonte inesauribile di idee filosofiche e spunti di riflessione. Ironico e appassionato, Rowlands intreccia ai suoi ricordi le meditazioni che la corsa gli ha ispirato sull'esistenza, l'invecchiamento e la morte: con l'aiuto di Sartre ci farà capire perché correre lo fa sentire libero; perché la corsa è gioco, e quindi l'antitesi della feroce etica del lavoro americana; e in che senso incarna ciò che Platone chiamava la forma del bene, la cosa più preziosa. E, soprattutto, ci racconta perché farlo a ritmo del suo branco lo ha avvicinato ogni volta alla purezza e all'essenza della natura selvaggia, permettendogli di dimenticare, anche solo per un momento, gli obblighi e le sovrastrutture del quotidiano, per riscoprire il valore profondo dell'esistenza: un senso di libertà e pienezza che, ci ricorda, è dentro di noi da sempre, ma che la vita da adulti ci ha fatto dimenticare. «Correre è uno spazio in cui posso ricordare. Non i pensieri altrui, bensì ciò che molto tempo fa sapevo, ma sono stato costretto a dimenticare via via che crescevo e diventavo una persona. Sapevo, anche se non me ne rendevo conto; e in questo ero identico a tutti gli altri. Correre è un luogo del rimemorare. Ed è in questo luogo che ritroviamo il significato della corsa.»

29 gennaio 2015

Wagogo

Allenamento serale al gelo…

Questa sera proverò a sognare l’Africa, subsahariana. Non sarà difficile: la temperatura sta approssimandosi allo zero della neve padana. Andrò lontano, credo. Sicuramente come Salgari mi intrufolerò in mezzo a qualche runner di ceppo bantù.

Forse mi manca qualcosa. Certo ho trovato degli integratori a base di semi di pompelmo straordinari. Forse un po’ troppo. Neurostraordinari.

*** 
Esistono, incredibile google! I runner di ceppo bantù! Sono i Wagogo, un milione e mezzo di pastori e agricoltori della Tanzania. Li cercherò con un sovradosaggio mentale.

Wa-Go-Go. Wanna–Gonna-Gotta. Voglio, Ho intenzione di, Devo. Anche questi sono contratti dal freddo: Want to, Going to, Got to...  Lo sanno tutti (o quasi).

E allora non mi resta che cantare: “I wanna go far away”, voglio andare lontano?
O forse: “I am gonna far away”, sto per andare lontano?
Credo che l’unica che funzioni sia una costrizione morale: “I gotta go far away”: devo proprio andare lontano…

Tutte queste abbreviazioni mi mettono i brividi addosso. 
Ho deciso che vado all'orizzonte e torno. Ancora due minuti, per favore...



28 gennaio 2015

Correre di gusto

«A forza di correre, vedi che prima o poi ci provi gusto...» mi diceva Max...
Correndo, ho notato che le papille gustative si portano a livelli di selezione salivare molto grossolana. In pratica, si perde la finezza del palato. Un po' come si perde tutto il resto, visto che lo sforzo accentra sangue ed energia quasi esclusivamente dove serve, assetando le forme di pensiero che andrebbero a sfiorare l'orgoglio, se solo potessimo osservarci in movimento... 
Senti? Senti che puzza c'è nell'aria? Mi sembra di assaggiare i rifiuti molecolari che dalla ciminiera "surfano" le aspirazioni fino al naso. Ci sento tutti i gusti. C'è un avanzo di dolce, un pizzico di salato, qualcosa di molto amaro e anche dell'acido, troppo acido.... - Ne mancano due, dice Max. Due cosa?... Gira qui. Facciamo un po' di salita, ti va? Due cosa?- Due gusti. Il quinto ed il "sesto senso" della lingua. Il sapore "grasso"! Il grasso è il sesto senso che puoi spalmarti sulla lingua, per sentirti un falso obeso. Ignoro tutto ciò e ne vado fiero. E il quinto gusto? Qual è?- Umami. Umani? Come noi? In che senso?- "u-ma-mi" in giapponese significa saporito, delizioso. La quintessenza del ristorante cinese... Max... sei troppo bello-zio-nista... 
Di questo allenamento mi basta una parola: "umami". Avrei giurato fossero abitanti ciccioni della foresta amazzonica. Invece abitano il glutammato (monosodico). L'umami indica con precisione il sapore di glutammato, che è particolarmente presente in cibi come la carne, il formaggio ed altri alimenti ricchi di proteine. M'appello al quinto emendamento dell'ignoranza, non testimoniando contro me stesso solo per una questione di gusto...

«L’umami è il quinto gusto, ossia un gusto primario che si unisce agli altri quattro (dolce, salato, amaro, acido) che abbiamo imparato a riconoscere fin da bambini. L’umami è stato scoperto nel 1909 in Giappone. Se ne discusse per anni solamente nei laboratori di ricerca, fino al 1985 quando, al primo simposio sull’umami che si tenne alle Hawaii, venne riconosciuto ufficialmente come quinto gusto, per il quale fu dimostrato che esistono nella lingua specifici recettori che ne portano le informazioni al cervello»
«L’acido glutammico (GA) è uno degli aminoacidi più presenti nei cibi, sia in forma libera che combinato in proteine. La sua funzione nell’organismo è essenziale come neurotrasmettitore, ma la sua presenza deve rispettare dei limiti di concentrazione con valori rispetto ai quali ancora oggi gli scienziati non si trovano d'accordo»
«Indipendentemente dal tipo di dieta o religione che ciascuno è libero di scegliere nella vita, sia i vegetariani che i carnivori, sia i cattolici che i mussulmani eccetera tutti hanno a che fare con l’acido glutammico ogni volta che si siedono a tavola. Fra gli alimenti che presentano un’altissima concentrazione di acido glutammico c’è il nostro prezioso e inimitabile Parmigiano Reggiano con circa 1600 mg di GA ogni 100 gr di prodotto; nella carne di pollo troviamo 12 mg/100 gr, nella carne bovina 6 mg/100 gr, nel prosciutto stagionato (18mesi) ben 337 mg/100 gr, nel mais 106 mg/100 gr e nel pomodoro maturo 175 mg/100 gr.»



27 gennaio 2015

First of all

Nessun uomo è un'isola

Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento
perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto
perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato
perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente
perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare.

Bertolt Brecht




Cake's horizon

L'orizzonte mi sorprende sempre. Nell'ultima corsetta sotto il sole c’era un chiaro arcocoseno. Fungeva da sipario, dalle Alpi alla mia ombra, scendendo dalla vetta del pigreco (in meno di uno sguardo) e precipitando sull’asfalto, col tramonto a quota zero…

Mi prefiggo una qualunque meta all’orizzonte. Ci arrivo. Poi ritorno. In soli 9 km. Basta ricordare il teorema di Pitagora per misurarne la distanza: d=√(h²+2rh), dove h = l’altezza dei miei occhi ed r = il raggio della terra. Visto che h è trascurabile rispetto ad r, d è quasi uguale alla radice quadrata di 2rh. 

Ecco dunque il mio orizzonte: è a 4,58 km esattamente (h=0,00165 ed r=6371, in km). Eppur è faticoso. Come sono lento. Credo di soffrire ancora più controcorrente. Se ci penso, l’arco della terra è un po’ più lungo della retta all’orizzonte, ma questo vale per lunghissime distanze, dove l’arcocoseno è più preciso del greco teorema del Metaponto. 

Il punto, nel frattempo, s’è allargato. L’orizzonte ha preso forma dentro un senso. Nella teglia di una torta, e nel palato…


26 gennaio 2015

Sassolini

Gennaio è un "mese spaziale". Dopo la cometa Lovejoy, oggi è previsto l'arrivo di 2004 BL86, un asteroide che passerà a distanza ravvicinata dal nostro pianeta.
L'asteroide è stato scoperto il 30 gennaio 2004 dal telescopio del LINEAR (Lincoln Near-Earth Asteroid Research), il programma di ricerca del MIT, per l'individuazione dei NEO (Near-Earth Object). 
Il flyby avverrà approssimativamente a 1.2 milioni di km dalla Terra, pari a tre volte la distanza della Luna. 2004 BL86 ha un diametro considerevole, circa 500 m, e secondo la NASA bisognerà aspettare il 2027 per il passaggio ravvicinato di una roccia spaziale delle stesse dimensioni. E' prevista una magnitudo di circa 8.8, il che significa che non sarà abbastanza luminoso per essere visto ad occhio nudo (la magnitudine limite per l'occhio umano è 6).
Il passaggio di 2004 BL86 sarà ripreso in diretta streaming dalle 17.20 (ore italiane) dallo Slooh, il robot telescopico on line installato a Santiago del Cile, in grado di coprire il cielo del sud del mondo. L'asteroide passerà (con velocità relativa alla Terra di 15,6 chilometri al secondo) tra le costellazioni di Idra, Cancro e Leone e sarà visibile fino alle prime luci del 27 gennaio, giorno della memoria.
Mi limito ad “osservare” la similitudine tra la parola Slooh (che deriva da "slew" per indicare un movimento di un telescopio, modificato in "ooh" per esprimere una sorpresa) e la parola Shoah (che in ebraico significa catastrofe, “oah” per esprimere una distruzione).
L'asteroide sarà visibile in Europa, Africa, Nord e Sud America al massimo della sua luminosità. 2004 BL86 si muoverà di circa quattro gradi ogni ora attraverso il corso della notte, più veloce della Luna (circa mezzo grado ogni ora).
Mi limito ad “osservare” le seguenti parole di un giornalista: “A causa di un sistema scolastico che considera di vitale importanza l'analisi approfondita di ogni metafora, allitterazione, ossimoro, virgola e punto... contenuti nei Promessi Sposi, ci troviamo spesso, in età adulta, a soffrire di carenze conoscitive in materia di astronomia e a confondere gli anni luce con misure temporali, i buchi neri con creature diaboliche e gli asteroidi con altrettanti sassolini lanciati a caso nel vuoto cosmico…”
Resta il fatto che la tentazione di alzare gli occhi è irresistibile, anche nell’ignoranza pura di chi lancia un sassolino e attende l’eco di un senso, una caduta sicura; una cacca, un tombino, una certa paura...

25 gennaio 2015

Hystory

Le religioni che hanno promesso la vita oltre la morte (il "colpo di genio", per dirla con Nietzsche) sono quelle che hanno superato la dimensione tragica dell'uomo e vinto la partita nella storia. Vinto contro i greci, ancora vivi dentro i libri. Vinto contro i pensatori, i ricercatori. Vinto contro tutti quelli che hanno acceso le luci del dubbio...

Perché la verità è quella greca. Di Tzipras? No, di Eraclito: l'uomo non è al vertice dell’ordine naturale, ma, al pari di tutti i viventi, appartiene alla natura, pensata come “sfondo immutabile, regolato dalla legge della necessità, che nessun uomo e nessun dio ha fatto”.

Gli antichi greci, pur avendo due nomi, ánthropos e anér, per dire “uomo”, non li utilizzavano quasi mai, preferendo i termini brotós all’epoca di Omero e thnetós all’epoca di Platone, che significano “mortale”. 

Gli antichi greci prendevano sul serio la morte e non si concedevano quelle che Eschilo chiama “cieche speranze (týphlàs elpídas)”. 

Ecco l’essenza tragica della cultura greca, secondo la quale l’uomo per vivere è costretto a costruire un senso, in vista della morte che è l’implosione di ogni senso.

"Il fatto che la vita non abbia alcun senso è una ragione di vivere, la sola, del resto" scriveva Emil Cioran, avvicinandosi pericolosamente all'orizzonte che tutto nasconde. Avvicinandomi pericolosamente.


18 gennaio 2015

Snowfall

La mezzaluna, la nuova luna crescente, rappresenta la luce che illumina le oscurità, quelle dell'ignoranza o della miscredenza. La parola mezza luna "hillal" e la parola "allah" hanno lo stesso valore, seguendo l'assegnazione in arabo di un numero ad ogni lettera. 

La stella a cinque punte, invece, appare come per magia scrivendo in arabo il nome del Profeta Muhammad.

Il sole è ostile e secondario; il suo calore brucia e paralizza. La luna è benevola e fecondante; insieme a Venere orienta le greggi nel deserto.

La falce e la stella rappresentano la congiunzione fra Luna e Venere che si verificò all'alba del 23 luglio 610. Alcuni ritengono che sia esattamente la notte in cui il Profeta Maometto ricevette la sua iniziale rivelazione da Dio.

Sul ponte sventola bandiera bianca. Sul monte nuvola dell'orizzonte. Solo una piccola ombra rimane stesa su questa candida neve...



12 gennaio 2015

Freedom

Il cielo attende la libertà dell'uomo, il perdono per la pace, il sacrificio per la fratellanza. 
La libertà d'esistere con dio, senza dio, con un altro io... 

Il sole rivela con coraggio le bianche ossa; ma il rosso, il giallo e poi le tenebre, dietro una pupilla di pensiero, sventoleranno più forti della paura. 

Il vento della vita più quello della morte non mi spostano più da qui. E' qui che deciderò come e quando sarò raggiunto dall'oscurità... 

  

17 novembre 2014

Run again



"Everybody run until the sun goes down.
I wish I could see this world again...".

20 luglio 2014

Gloom




Ma è anche possibile che quando non si è per nulla motivati, le montagne si spostino dal sole. Basta sedersi dall'altra parte del terrazzo, a casa mia, per esempio. Garantisco. 

Intanto mi sdraio e leggo. Non sopporto altri schiamazzi motivazionali che affittano il fegato; non ho più il coraggio per certe età. E viceversa, cerco il digestivo. Tuona.

Poi un raggio di sole comincia a scaldare. E dove prima le montagne si facevano amare, adesso che ho tutto per loro ma non brillo, assaporo chinino e un amaro declinare...

7 luglio 2014

Relax

“Scegli un lavoro che ami, e non dovrai lavorare nemmeno un giorno della tua vita” [Confucio]

ovvero: "no choise, no chore"

Meglio essere protagonisti della propria tragedia che spettatori della propria vita [Oscar Wilde]

ovvero: "no choise, no chanche"

Faccio sempre ciò che non so fare, per imparare come va fatto[Vincent Van Gogh]

ovvero: "change your choise"

4 luglio 2014

minchia signor tenente...

Attore, comico, cantante, romanziere, pittore...
Da un'intervista di tre anni fa.


Lo sport è una metafora?
"Dell'esistenza. È la guerra senza morti, feriti o bombardamenti. Una lotta senza lutti, in cui vince o dovrebbe farlo chi è più preparato. A volte non succede perché la vita non è un'equazione".


E cosa serve nella vita?
"Raggiunta la statura per guardarmi allo specchio del bagno, ho capito che sulla bellezza non potevo contare. Della mia intelligenza dubito, ma alla curiosità non ho mai rinunciato".

Il segreto del successo?
"La gente ha olfatto. Smaschera i bluff, le operazioni a tavolino, i volumi creati in laboratorio per trasformarsi in caso editoriale. Io scrivo ciò che sento, mi diverto e lavoro senza avere l'impressione di farlo. Se ci pensa, un vero privilegio".

Come nasce un bestseller?
"I miei hanno visto la luce qui, davanti al mare. Sveglia alle otto, colazione, salvifici ciondolii senza costrutto e poi, via, al computer. È un percorso lungo. Dura almeno sei mesi, ma non mi lamento. Se penso che faccio lo stesso mestiere di Hemingway e Vargas Llosa, mi sento mancare".

Dopo la malattia il tempo è più importante?
"Per un istante ho creduto che il tempo fosse finito. La malattia ha aspetti truffaldini e nessuno ti viene ad avvertire. Arriva e basta. Uno ti batte sulla spalla: "È ora di andare. Subito". Rischiare l'esistenza mi ha cambiato la prospettiva. Ho imparato a non rimandare. Faccio solo quello che mi convince. Nei limiti di una ragionevole umanità, credo di essere coerente".

Per Prezzolini era la virtù degli imbecilli.
"Secondo me non è una virtù, ma una caratteristica. Coerenza non significa immutabilità. Tutti cambiamo e, all'improvviso, non siamo più gli stessi. Io sono corretto, dico le cose in faccia e mi rifaccio a un antico proverbio veneto: "La minestra ti sarà servita con lo stesso mestolo con cui l'hai servita tu"".

Cova rancori?
"Pochi, ma ci sono cose che non riesco a perdonare. Umiliazioni gratuite, persone che hanno colpito con perizia quando ero più debole e incapace di reagire. Non dimentico e non stimo i vigliacchi".

Ascendenze familiari?
"Sono cresciuto in una casa modesta, ma uno nasce dove indica il destino. Cinquanta chilometri in là e avrei potuto chiamarmi Agnelli, invece sono, senza rimpianti, figlio di Carlo Faletti. Mio padre era ambulante, mia madre sarta. Vivevano in periferia, quando raggiungevano il centro dicevano seri: "Andiamo ad Asti"".

I suoi la sostennero?

"Non avevano gli strumenti. Papà era meticoloso. Sognava di entrare in banca come fattorino, ma a causa di uno zio disertore nella Grande Guerra, un'onta incancellabile, non ce la fece mai. Mamma almeno ebbe la ventura di seguire il mio percorso. Ho voluto bene a entrambi, di quell'affetto che non ha bisogno di dimostrazioni".

Infanzia difficile?
"Felice. Colorata. Fantasiosa. Se uscivo dalla porta principale avevo il viale, sul retro si spalancava il Far West. La pianura, il ponte, la ferrovia, la libertà. La sera, in cortile, i grandi tornati dal lavoro giocavano con i più piccoli a Pallapugno. Nessuno aveva niente e ogni cosa era pulita, vivace, meravigliosamente semplice".

Imparò a leggere allora?
"Mio nonno aveva un magazzino. Come molti altri, nell'Italia del dopoguerra, si arrangiava. Comprava, rivendeva, ammassava senza requie i materiali più vari. Un giorno scaricò alcuni scatoloni di libri. La mia educazione alla lettura sbocciò nella sua cantina. Ho letto dei classici a un'età in cui di solito si leggono i fumetti. Ricordo "Per chi suona la campana" e un capolavoro dell'umorismo, "Tre uomini in barca". Per capire certi meccanismi comici, la lezione di Jerome è stata fondamentale".

Poi si laureò.
"In Giurisprudenza, per far felice papà. Tuttavia, più che il pezzo di carta potè il mio primo mentore, il dottor Villavecchia. Mi assoldò per una rivisitazione di Giulietta e Romeo. Andò benissimo: "Potresti persino fare l'attore". Gli diedi retta".

La rallegra il consenso?
Non amo le persone che si esibiscono ma stravedo per quelle che una volta arrivate in cima, rimangono uguali al giorno prima".

All'Elba è possibile?
"Si è guardato intorno? Che io sia scrittore o contadino, alla gente del posto importa zero. Se avessi desiderato altro, oggi sarei a Formentera".

Invece vive qui.
"Otto mesi l'anno. Avevo un bilocale, venivo di rado. Un giorno persi il traghetto e partii da Piombino che era quasi l'alba. Sbarcai qui alle sei di mattina, con l'acqua piatta e la prima luce. Odori e sensazioni che da ragazzo provavo in Liguria, alle feste dell'Unità, quando la politica era secondaria e un calamaro fritto sembrava il Santo Graal. Pochi anni dopo vidi il sole incendiare il mare al tramonto e decisi di trasferirmi qui".

Se le danno del pessimo scrittore?

"Mi rimane la libertà di pensare che esistano anche pessimi critici".

27 giugno 2014

Sitcom

In questo periodo sto girando su ambientazioni fisse. Immobili comici episodi. Addio allenamenti...
Questa setticemia da invasione cerebrale di microrganismi fancazzogeni è l'arma letale che potrebbe aprire le porte di un paradiso; una morte di runner per una nuova vita di dreamer, o solamente un soft drink per quell'ubriaco che mi abita, da mezzo mese, sottocute. Inizio neh? Nah, no. Zzz...



19 giugno 2014

hooligan

Nessun Ulisse. Nessuna eclisse. Solo un ricambio di flora batterica, una nuova idea. Intestinale, inospitale, influenzale. Uno stop tanto fisico quanto mentale.

Ho così scoperto la vastità della mucosa dell'intestino: duecento metri quadrati; ed anche la vastità delle famiglie batteriche che lo colonizzano: quattrocento specie emigrate da ogni parte del mondo; e poi i clandestini: miceti, clostridi e virus che in condizioni di equilibrio non esercitano effetti patogeni, ma se storditi da ubriacature alimentari sono peggio degli hooligans...

Rinasco ora con il bimixin e cambio sponsor, salomon(icamente) trasformato dalle Lorentziane coordinate della scienza e della coscienza. 
Sarà relativismo o solo pessimismo?




10 giugno 2014

Scaling


Se tutto va bene sono fermo a metà strada. How do I do it? (gratto e vinco un ultratrail?)

Oggi un ciclopico anticiclone subtropicale raggira ogni forma di lucidità mentale. Allentarsi? Allenarsi? Arsi? Sì, ha l'occhio deformato e proietta pensieri assolati che la gravità ripiega quanto basta per deprimermi. 

Speriamo in qualche Ulisse. In una nuova eclisse. O di cambiare idea.

1 giugno 2014

Salire

Stavo pensando alla paura. Quella che mi fece provare il corpo durante l'ammutinamento di arti e di fibre muscolari che scatenò l'insurrezione del 22 settembre, anche nota come Ultra Trail di Oulx. Intorno al quarantesimo chilometro apparvero la frenesia, l'euforia, la follia e la crampitudine, opposto altrettanto mistico della beatitudine.

Senza preparazione, come sotto esame, si riesce a dare il meglio del peggio di sé. Che non è il peggio del meglio, sia chiaro. Ci si lamenta, ci si contorce, si impreca, s'invoca. Si saltano le logiche ed i passaggi. Le conclusioni sono umilianti nella migliore delle ipotesi, quando l'autocritica prevale sulla critica altrui. E l'impreparazione atletica non è più tollerabile a se stessi.

Ecco perché quest'anno ho iniziato a meditare la corsa in montagna. Prima con le natiche ben sprofondate sul divano e poi, quando le nevi hanno abbandonato le erbe pedemontane, con le stesse a sobbalzare sul sentiero. Una, due e tre corse ben studiate con scientifica consapevolezza del tempo e dello spazio. Micro mappature mentali per la programmazione di una vera impresa.

La tre Rifugi della Val Pellice sta bussando. Insistentemente. Mi sveglia, bisbiglia dietro una porta appena socchiusa. E così giro e rigiro intorno all'idea che il 13 luglio potrebbe essere un bel giorno per... salire.

Altimetria Trail:  54,1 km / 3800 m D+

30 maggio 2014

Leo se la rideva

«Sono un uomo inquieto uscito da una famiglia quietissima» scriveva Leo (Longanesi). Intellettuale anticonformista, giornalista, pittore, disegnatore, editore e aforista. 

Era amico di Ennio (Flaiano). Precoce. A soli vent'anni fondava già un suo giornale, L'Italiano, un settimanale di cultura artistico-letteraria che si caratterizza per una presa di posizione nettamente contraria all'esistenza di un'arte fascista: «Questa rivista non ha mai stampato le parole stirpe, era, cesarea, augustea... Dio ci scampi e liberi dagli archi di trionfo e dai fasci coi festoni... Uno stile non s’inventa dalla sera alla mattina. Lo stile fascista non deve esistere. Il nostro stile è quello italiano che è sempre esistito. Oggi occorre metterlo in luce». Siamo nel 1926. 

Un anno dopo iniziava anche l'attività di editore. Si divertiva alle spalle del fascismo e ne cavalcò per anni la ritualità, scrivendo memorabili slogan. Poi spiegava che «i regimi totalitari non consentono la battuta di spirito ma hanno il merito, involontario, di suscitarla. Nelle grandi pause liberali, lo spirito, il gusto del comico, l’ironia languono. La satira è tanto più efficace quanto più è rivolta contro regimi intolleranti»

Dopo la guerra, Longanesi incarna una nuova dimensione dell'editore: l'«editore protagonista», una figura che era insieme amministratore, cacciatore di talenti, uomo di pubbliche relazioni, direttore artistico e revisore di bozze. E il primo successo di vendite arriva subito, nel 1947 con Tempo di uccidere di Ennio Flaiano, che vinse la prima edizione del Premio Strega. Un altro successo di vendite fu, l'anno seguente, l'opera prima di Giuseppe Berto, Il cielo è rosso.

***

Non resisto e rido al solo pensiero della faccia di Leo che legge i pizzini di Ennio. E di Ennio che ride sotto i baffi per quelli di Leo. E magari si suggerivano davanti al caffè. Stile Paolo e Luca (bizzarri) in un'epoca meno evoluta, per le comunicazioni.

Qualche freddura la copio qui, tanto per ricordarmene in qualche afoso pomeriggio d'estate.
  • Fanfare, bandiere, parate. Uno stupido è uno stupido. Due stupidi sono due stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica.
  • Non bisogna appoggiarsi troppo ai princìpi, perché poi si piegano.
  • L'italiano non lavora, fatica. Buoni a nulla, ma capaci di tutto.
  • Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia. 
  • Tutto quello che non so, l'ho imparato a scuola.
  • La libertà tende all'obesità. 
  • Non si ha idea delle idee della gente senza idee.
  • Sotto ogni italiano si nasconde un Cagliostro e un San Francesco. 
  • Il popolo italiano è sempre in buona fede. 
  • Gli ideali che nascono dal pane, fanno perdere il pane. 
  • Non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza.
  • Creda a me: non creda a nulla.
  • Un uomo che legge ne vale due.
L.L.

29 maggio 2014

Ennio scriveva

"Perché scrivo? Confesso di non saperlo, di non averne la minima idea e anche la domanda è insieme buffa e sconvolgente" scriveva Ennio Flaiano.

Lunatico, irriverente, arcimboldo antidemagogico, antiprogressista, anti marxista e anti borghese, personalità assolutamente originale che non può essere archiviata in nessun'area o appartenenza letteraria.

Flaiano sceneggiatore, scrittore, giornalista, umorista, critico cinematografico e drammaturgo. Creava continuamente aforismi ed epigrammi. Fu il primo vincitore del Premio Strega, nel 1947. Per molti, un non-poeta; uno scrittore di pseudo poesie e di non-romanzi (o meglio di romanzi mancati).

Nell’Almanacco del Pesce d’Oro 1960 impartiva questi consigli "ad un giovane analfabeta che vuol darsi alla letteratura attratto dal numero di premi letterari".

Chi apre il periodo, lo chiuda.
È pericoloso sporgersi dal capitolo.
Cedete il condizionale alle persone anziane, alle donne e agli invalidi.
Lasciate l’avverbio dove vorreste trovarlo.
Chi tocca l’apostrofo muore.
Abolito l’articolo, non si accettano reclami.
La persona educata non sputa sul componimento.
Non usare l’esclamativo dopo le 22.
Non si risponde degli aggettivi incustoditi.
Per gli anacoluti, servirsi del cestino.
Tenere i soggetti al guinzaglio.
Non calpestare le metafore.
I punti di sospensione si pagano a parte.
Non usare le sdrucciole se la strada è bagnata.
Per le rime rivolgersi al portiere.
L’uso del dialetto è vietato ai minori di 16 anni.
È vietato servirsi del sonetto durante le fermate.
È vietato aprire le parentesi durante la corsa.
Nulla è dovuto al poeta per il recapito.

Divertente, come sempre, fino alle parentesi da tener chiuse nella corsa, dov'è necessario essere essenziali per avvicinare il proprio limite vitale. Parole misurate per gambe fuori misura.

All'ultima riga si fa serio: nulla è dovuto al poeta per il recapito, per la consegna. Perché la vera poesia è quella gratuita. Come la gentilezza, come un'offerta. L'altro recapito, ovvero quel documento che attesta il pagamento di un'imposta (vedere il dizionario), si materializza nella testa di chi non ha capito. Il recapito, appunto, diventa un dazio che si paga a se stessi. E non è detto che prima o poi ci si arricchisca comunque!


 

28 maggio 2014

Ennio sosteneva

Quand'era giovane, Ennio sosteneva che il contrario di una verità fosse sicuramente un errore e il contrario di un errore fosse una verità. Invecchiando, capì che una verità può avere per contrario un'altra verità e l'errore un altro errore.

L'uomo non deve correre per cento chilometri se vuole continuare a vivere, sostenevo quand'ero giovane. E pensavo che tale verità valesse anche per quei pochi uomini costretti alla sfida da aberrazioni genetiche primordiali. Invecchiando, capii che quella verità aveva per contrario un'altra verità: l'uomo "deve" correre i suoi cento chilometri se non vuole morire. E' una semplice questione d'immortalità. Certo, dell'anima...

Lavorare mantiene giovani, sostenevo quand'ero appunto giovane. E gli altri pensavano che tale falsità si ripetesse in pochi uomini costretti alla sfiga da sequenze nobiliari o spirituali o dannatamente militari. Invecchiando, capii che quell'errore di pensiero aveva per contrario un altro errore: che lavorare invecchia. E' una semplice questione d'immoralità. Certo, del corpo...

(P.S.: Tra l'immortalità di un'anima religiosamente immutabile e l'immoralità di un corpo che muta inaccettabilmente laborioso c'è troppa fantasia, vera o falsa che sia la filosofia).  

***

E poi, Ennio sosteneva che l'italiano, nella sua qualità di personaggio comico, era un tentativo della natura di smitizzare se stessa. Il Polo Nord, per esempio, è abbastanza serio preso in sé; un italiano al Polo Nord aggiunge subito qualcosa di comico che prima non c'era. Ma quanti grilli aveva per la testa il grande Ennio!

100 km

21 maggio 2014

Cose vere (1)

Accetta l'accetta, lascia l'ascia, trascura la scure. Lo sapevi che...   

Le formiche si stiracchiano al mattino quando si svegliano!

Cervantes e Shakespeare, considerati i maggiori esponenti della letteratura spagnola ed inglese rispettivamente, morirono nello stesso giorno, il 23 aprile 1616.

Una giraffa può pulire le proprie orecchie con la lingua.

Se in una statua equestre il cavallo ha due zampe alzate, significa che il cavaliere morì in combattimento. Se il cavallo ha una delle zampe anteriori alzata, il cavaliere morì per le ferite riportate in battaglia. Se le quattro zampe dell'animale sono appoggiate, il cavaliere morì per cause naturali.

Milioni di alberi nel mondo vengono piantati per caso da scoiattoli che sotterrano le loro noci e non si ricordano dove.

Il maiale è l'unico animale oltre all'uomo che si scotta con il sole!

Per legge, le strade interstatali degli Stati Uniti hanno almeno un miglio rettilineo ogni cique. Questi rettilinei possono essere utili come piste di atterraggio in casi di emergenza o in guerra.

I delfini dormono con un occhio aperto!

Il nome "Jeep" deriva dall'abbreviazione, in uso nell'esercito americano, dell'espressione "General Purpose", ovvero "GP".

Un terzo di tutto il gelato venduto nel mondo è alla vaniglia!

Nel Pentagono esiste un numero di toilette doppio rispetto a quello effettivamente necessario. Il fatto è che, in origine, in ogni settore era previsto un bagno per i bianchi ed uno per i neri.

Le unghie della mano crescono mediamente quattro volte più in fretta di quelle del piede.

L'occhio dello struzzo è più grande del suo cervello!

I destri vivono mediamente nove anni più dei mancini.

La "J" è l'unica lettera che non appare sulla tabella degli elementi chimici.

Il "qua, qua" delle oche non dà eco e non si sa perché!

Il 666 tanto associato al diavolo deriva dai romani che usavano il numero DCLXVI come un numero particolare (come il nostro 654321).

Moltiplicando 111.111.111 x 111.111.111 si ottiene 12.345.678.987.654.321!!

Peggy Le Mons, studiosa del National Center for Atmospheric Research del Colorado, ha calcolato quanto pesano le nuvole utilizzando come unità di misura gli elefanti: una nuvola di piccole dimensione pesa 550 tonnellate, circa 100 elefanti; le nuvole di un temporale corrispondono a 200 mila pachidermi; 40 milioni nel caso di un uragano!

É impossibile starnutire con gli occhi aperti!!!


Nei conventi, durante la lettura delle sacre scritture, quando ci si riferiva a San Giuseppe (in spagnolo, José) si diceva "Pater Putatibus", abbreviato in P.P., ecco perché il più comune diminutivo di José è Pepe!

Lo scarafaggio può vivere nove giorni anche se privato della testa, dopodiché muore di fame.

Nel Vangelo di San Matteo si legge "É più facile che un cammello passi dalla cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei Cieli". In realtà San Geronimo, che tradusse dal greco al latino il testo, interpretò la parola "kamelos" come "cammello", mentre l'esatto significato è "grossa fune utilizzata per l'attracco delle navi". Il senso della frase resta sostanzialmente lo stesso, ma acquista molta più coerenza.

Gli elefanti sono gli unici animali che non possono saltare (la natura è saggia)!

Secnodo un pfrosseore dlel'Unviesrità di Cmabrdige, non imorpta in che oridne apapaino le letetre in una paolra, l'uinca csoa imnorptate e' che la pimra e la ulimta letetra sinao nel ptoso gituso. Il riustlato puo' serbmare mloto cnofsuo e noonstatne ttuto si puo' legerge sezna mloti prleobmi. Qesuto si dvee al ftato che la mtene uanma non lgege ongi ltetera una ad una, ma la paolra nel suo isineme. Cuorsio, no?

La canzone più cantata al mondo è Happy birthday to you. Nata nel 1893, si chiamava "Good morning to all".

L'International water management Institute di Stoccolma ha pubblicato una interessante statistica: per coltivare 1 kg di pomodori servono 180 litri di acqua. 140 per 1 kg di cipolle, 1790 per il frumento e 2380 per il riso. Per produrre invece 1 kg di carne di manzo servono 9680 litri di acqua, 3689 per 1 kg di maiale. In conclusione, il rapporto tra il consumo di acqua tra un carnivoro e un vegetariano sarebbe di 5000 a 1200 litri!


Sara e Iago

18 maggio 2014

Mo' mello (ricordo)

Germagnano (To) - Trofeo Monte Momello - 10km
Organizzazione: Walking for Wellness Italia (TO248)
18 maggio 2014 - Corsa in montagna, naturally.

Avevo giusto pensato di rilassarmi per dimenticare le ansie condensate come nuvole durante lo show di Beppe Grillo, ieri in piazza Castello a Torino... 

Mi son detto: ritrovare il sole è facile, basta cercare in qualunque calendario delle corse in montagna. Ci sono raggi dappertutto e abbaglianti per chi ha gli occhi aperti. Occhi verdi, naturally, o marroni o azzurri. L'importante è immaginare dietro poche parole grandi imprese.

A Germagnano mi invita Paolo che è sempre entusiasta di scoprire i limiti di elasticità della propria fatica. Una certa tensione di snervamento mi assale solo dopo essere partiti, alle 9:30, da questo sconosciuto paesino a pochi chilometri da Lanzo.

L'organizzazione è minimal, per non dire carente. Su internet non è presente nessuna indicazione di percorso o altimetria. Dovrebbero esserci meno di 500 metri di dislivello positivo, e allora penso che non ci sia alcun tipo di difficoltà. E invece...

I pochi nuovi del circuito non sanno che dopo i primi cinquecento metri si abbandona la strada per inerpicarsi su per il Momello (774 metri). E così nasce una corsa in salita senza senso per cinquecento metri, per accaparrarsi il miglior posto nella lunga fila indiana dello strettissimo sentiero che sale per un paio di chilometri. 

Dopo lo sparo, quindi, io e Paolo ci chiediamo se stiamo sognando o abbiamo inghiottito pietre pesanti... vedendo quel centinaio di runner correre come forsennati davanti a noi. Mi giro un attimo. Rimangono una decina di "nonnetti" subito dietro, poi il vuoto. Sorrido e dico a Paolo di stare tranquillo che tanto li riprendiamo tutti questi inesperti... 

Invece dopo poco siamo fermi. Immobili per decine di secondi in attesa che la fila indiana si sciolga. Questa è, signori miei, una vera cazzata all'italiana. Come fai a mettere in una gara Fidal una strettoia del genere alla partenza, senza avvisare almeno con il microfono prima del via... 

Inizia dunque la ricerca dell'elasticità mentale. La tua, ma anche quella altrui. E invece scopro che c'è chi non ti vuole proprio far passare e si mette sul sentiero con lo spirito dei giochi senza frontiere. Vorrebbe eliminarti e gettarti giù per il dirupo. Alla fine mi snervo e dopo aver perso due minuti buoni nella processione con la mia candelina accesa m'incazzo. Urlo a quello davanti che se non si sposta lo asfalto. E così procedo, molto sportivamente, per cinque o sei volte. Consumo anche energia psichica, nei sorpassi. Mi rattristo perché vorrei insultare di più ma non posso. Alla fine della salita sono sicuro di non essermi neppure goduto il paesaggio... 

Ma che succede?! Non è questo lo spirito giusto... Eppure ora si respira! 

E' tutta colpa di Grillo e delle sue urla. Mi sembra di correre per scappare dalla mia natura. E da quella dei più lenti di me. Che siano anche disonesti? Intanto si corricchia su falsopiani erbosi, mentre il sentiero continua a rimanere insidiosamente stretto ed il terriccio friabile, a volte ricoperto di fogliame scivoloso sotto cui emergono infami pietre trasversali, come minuscoli asparagi di Rommel a massacrare le dita dei piedi... Uno sbarco più che una tranquilla discesa...

Sarà perché uso le vecchie scarpette lisce del podista dove non dovrei?

Sarà che ho voglia di recuperare posizioni e di sentire i pelucci d'erba strappati dai denti... che mi gioco a dadoni la rincorsa nella discesa, senza troppo risparmiarmi... Gioia pura... Addio tormentone one one... Ma le pietre non mollano di sgambettare. C'è chi cade rovinosamente, davanti e dietro. Anche Paolo rimane vittima di questi concentrati metamorfici di milioni d'anni di storia, ora sul nostro sentiero... E così si ferisce una caviglia e si sbuccia un po' dappertutto...


Con Daniele (il tosto)
Anch'io... alla fine mi sono giocato un dito del piede. L'ho schiacciato in qualche infame fessura prima dell'arrivo. Ora zoppico, e mi lamento. Una tranquilla domenica da dimenticare?
Con  Paolo (sconvolto all'arrivo)

No... una bellissima domenica da ricordare con tutto l'entusiasmo che ho :-) ...

Viva la montagna!











P.S.: Per la cronaca, il mio tempo finale è di 59 minuti esatti. Non male, viste le circostanze... 

11 maggio 2014

La libertà

Cercavamo la rupicapra e abbiamo trovato il capreolus...

Sul sentiero dei camosci, alla partenza della corsa in montagna s'è presentato un capriolo. Spaventato per la presenza di troppi umani (di natura cacciatori), s'è infilato in un canale rischiando di morire, incastrato sotto un ponticello e trascinato dalla corrente. Cercava la sua libertà, ma la stava perdendo. Per sua fortuna, tra gli atleti c'erano anche gli angeli. E in pochi istanti, con molto coraggio, qualcuno è riuscito ad afferrare il capriolo, sfinito dopo una lunga lotta passata a saltare controcorrente sul pelo dell'acqua. Un attimo di smarrimento e poi un'altra corsa disperata. E ancora un errore: impaurito ed annebbiato, è finito intrappolato tra due sbarre di una grande cancellata. E ancora il team degli angeli a seguirlo, e questa volta immobilizzarlo e trasportarlo in luogo sicuro. E poi liberarlo. Oscar è uno di loro. Un angelo in maglietta rossa.


Il capriolo smarrito


Inizia così, con un atto di liberazione e una libertà ritrovata, la nuova salita. 



Ore 9: partenza. Siamo oltre cento. Ci sono volti che parlano di vissuti e di pietre della Val Pellice e dintorni. Ma anche tanti giovani. E questo è ciò che conta.



Il tracciato

L'altimetria

Parto dalle retrovie e attacco la salita iniziale con tranquillità, rimontando le andature e le smorfie multicolori; leggo le magliette, le vedo diverse dal solito. Oggi sono un portabandiera della Podistica Torino in una valle di specialisti del running con dislivello. 

Questa volta sono preparato. Potenziato nelle salite e pronto alla sfida. I primi sei chilometri sono vissuti con la libertà del capriolo. Qualche volta in trappola, per alcuni secondi; poi il cuore in fuga viene ripreso per l'aorta e riportato sul sentiero. Non ho smesso un attimo d'inseguire la fila indiana; prima nel bosco, poi sul prato e infine nella prima discesa. Fantastico, sono già a quota 1425 metri e nessun segno di fatica ai polpacci, i miei punti deboli. Arrivo in 53' esatti. Un minuto prima dell'obiettivo che avevo calcolato a tavolino.

Ora inizia un lungo tragitto panoramico. Sono in qualche modo distratto. Non ho l'abitudine di scendere così rapidamente. Eppure devo. Mi pesano gli anni, lo sento. Non volo più come sapevo fare un tempo. Me la cavo grazie ai quadricipiti, in frenate continue. Poi incontro la prima concorrente femminile, in discesa molto prudente. La passo decisamente.

Ad un certo punto perdo l'equilibrio e mi accascio sull'erba, per fortuna indenne. 
In fondo, raggiungo il massimo della velocità. Canticchio Antonacci e passo il traguardo saltellando come nel suo video. In fondo, ho diviso cuore e mente. E dissolto la montagna, in libertà. Il tempo finale è 1:29:05. Come una mezza maratona, più o meno. 

All'arrivo
P.S. Il primo assoluto è stato il campione Paolo Bert, nel tempo record di 1:04:55