28 gennaio 2016

Gloomy

"La strada è lunga e verso sera ti parrà di aver sognato la vita. Ma la stanchezza e le ferite ti diranno quanto avrai vissuto." (Nino Salvaneschi)

Ecco, si tratta di sognare la vita, in quest'inverno ancora fermo nel server aziendale. Non di vivere, ma d'immaginare, e a volte neppure quello. Sono a corto di continuità, non riesco a perseverare. Qualcuno ha detto che la perseveranza è il duro lavoro che si fa dopo che ci si è stancati del duro lavoro che si è fatto. Allucinazioni da lavoro.

Il fastidio all'unghia del piede sinistro m'impedisce di saltare. Riposo dunque, e intuisco d'essere in numerosa compagnia. Ma questa cosa è un gran tormento. Per l'inconscio potrei essere un artista se è vero, come sostiene Karl Kraus, che tale è chi sa fare della soluzione un enigma. E io mi chiedo come posso riposarmi se non corro o se non lavoro. Non c'è soluzione.

L'anarchico filosofo Charles Fourier diceva che "le attrazioni sono proporzionali ai destini" immaginando che fosse la provvidenza a distribuire le passioni all'umanità, come forze attrattive da non reprimere, ma soddisfare. Ponti tra il divino e gli umani. Passaggi attraverso cui incamminarci per la vita con la sensibilità da preservare e i desideri da realizzare nella misura in cui l'intensità dell'Essere li attrae a sé.

Se oltrepasso quest'idea, abbandonandola senza rifletterci, torno alla stanchezza, e poi alla tristezza che m'immobilizzano corpo e mente. Christian Bobin dice bene quando sottolinea che la stanchezza è tristezza che penetra nella carne, ma la tristezza è stanchezza che penetra nell'anima.


23 gennaio 2016

Popcorn

A volte lo sport è salutare le proprie debolezze. In tal caso lo sport intenerisce ed instaura una comunicazione a livello del subconscio. Passo dopo passo, si passa da un subconscio all'altro. In qualche modo si percepisce la compassione e la forza. Debolezze e valori si affiancano e si osservano. E' una gran cosa saperle riconoscere entrambe come parte di noi. 

In questo periodo della mia vita sono più debole, e mi intenerisce l'idea di esserlo. Inizio a percepire segnali indiretti di cedimento. Cedo alle idee alternative alla corsa. Cedo agli strati tissutali che chiedono farciture di calore, besciamelle e sughi da cui ingrassare. Cedo e passo il turno. Cedo e incedo senza meta verso una nuova consapevolezza.

Qualcuno ha detto che "per una salute di ferro occorre l'antiruggine". Gli credo. Anche se non sento il gusto della ruggine, sento che la vernice fresca di questa debolezza mi potrà rafforzare. Ci appiccico sopra queste parole che fermentano di desideri che ramificano radicando nel cielo. Dopo tutti questi "che", cosa posso aspettarmi? Aspetto e basta, davanti ad uno schermo gigante. Dopo tutto, questi che corrono su e giù per le montagne sono popcorn umani...


17 gennaio 2016

Ciliegi

Selvatici come ciliegi di amarene collinari, resistenti al freddo; avventati, avventurosi. Così sembriamo io e Gabriele intenti a sciroppare frullati di gelato immaginario che la Natura ci offre quand'è festa per il Sole, ma è inverno per errore.

Con i piedi (piote) e con le amarene (griote) passiamo in rassegna la terra "di fuori" che calpestiamo brutalmente ed il cielo "di dentro" che decifriamo parzialmente con i nostri vocabolari. La terra è densa, aspra di cemento e piena di gravità. Il cielo è immenso ed azzurro dappertutto. Non ci serve fare il giro del mondo per capirlo. Ci accontentiamo di una ventina di chilometri. Parliamo ininterrottamente.

I racconti sono più divertenti quando finiscono tutti con una ciliegina. Come le barzellette. A volte ci inventiamo quello che non ci ricordiamo, quando l'ossigeno del cielo cerebrale scarseggia. Ma in discesa o nella pausa di una fotografia ecco qualche meringa che si affaccia o qualche savoiardo inzuppato nello sciroppo di amarena e di rum. 

La fame ci assale dopo circa due ore. E non c'è più controllo. Come in "Rapsodia viennese" di Anacleto Verrecchia anche "il cielo diventa un quadro ingannevole dipinto sul soffitto dell'inferno". Troppi dolci racconti.

16 gennaio 2016

Big Babol

Da qualche giorno mi alleno o mi altaleno? Caro subconscio, sono grato della tua domanda che mi dà l’occasione di non risponderti. Nessuna risposta è una risposta, e questa è logica.

Charlie Brown dice che "quando pensi di avere tutte le risposte, la vita ti cambia tutte le domande." Anche per questo è bene rassegnarsi a vivere l'incertezza. Specialmente se si tratta di sollevare o dondolare i piedi, o se si tratta di intossicare o massaggiare i muscoli. 

Forse è bene rassegnarsi a vivere in una bolla anche quando le domande ci masticano ogni istante della giornata, dalle profondità dell'inconscio. Ci sono domande che riducono l'Essere ad un mattoncino di colore rosa suino profumatissimo di fragola. Altre che illuminano il mappamondo dell'esistere. Non rispondere è come lasciarsi gonfiare indefinitamente l'anima dal vento della vita.  Prima o poi  tutto questo respiro alimentato dalle relazioni, scaldato dalle emozioni, umidificato dalle incerte debolezze, si nota a distanza esplodere. E divertire chi resta vivo.

Chissà come sarebbe se dentro di noi ci fosse una mongolfiera rosa profumatissima di fragola che ci lasciasse oltrepassare il magma del nostro vissuto. Una mongolfiera sopra l'inconscio che esplode se si pensa di avere tutte le risposte. Che conduce oltre il vulcano, al prato infinito di fiorito se non si pensa che a dondolare. Inalando e masticando come fa un bambino che crede nella sua immortalità.
 

10 gennaio 2016

Inside out

La montagna più alta rimane sempre dentro di noi 
(Walter Bonatti)


Non potendo superare la vertigine del primo giro, l'OrcoDoctor ci guida in una doppia salita al monte San Giorgio, così da appagare i mille metri di dislivello che scintillano nei suoi occhi. Sono loro che illuminano la nostra spedizione. 

Non patendo nella normale salita, l'OrcoDoctor devìa per la variante est della montagna, inseguendo pendenze imponenti dove proiettare l'immagine della propria roccaforte interiore. Calpestiamo le rocce della zona, peridotìti ricche di magnesio. Le scavalchiamo faticosamente aiutandoci con le mani che si stringono sui tronchi emergenti, fino alle corde fisse poco prima della vetta. 

Nella salita, una certa solitudine è indispensabile. Una certa sensibilità animale si fa più acuta. Sono questi artigli emotivi che spuntano dal corpo. Quando il corpo risolve la formula del movimento attraversando in equilibrio la Natura che lo circonda, allora la propria natura si rivela, e graffia sempre. Assetata di spazi liquidi di cui riempirsi, affamata di vuoti d'aria da cui farsi risucchiare. La nostra natura cerca di risalire la variante est della cima mentale (dove la parte cosciente si rifugia). O almeno ci prova. 

Dopo due ore e un quarto di movimento arrivo ai piedi della mia montagna. Non mi sembra così alta. Forse sono cresciuto. Forse è la mia vista che è peggiorata, e la neve si confonde con il cielo.

Bosco del San Giorgio
Nature umane al San Giorgio

8 gennaio 2016

Mappamondo

Da qualche tempo alloggia nel mio salotto un tapis roulant cinese, anche detto treadmill in inglese o nastro trasportatore in italiano.

E' rimasto piatto e immobile per un pugno di mesi, terreno di conquista per le unghie di cane e gatta. Poi un giorno s'è messo a rullare, a salire e scendere, a girare come un mappamondo. E io l'ho seguito all'inizio euforico. Poi l'ho inseguito grondante di sudore. Alla fine ho capito che era lui, il tappeto, a farmi volare dove volevo. C'era solo da aspettare fiducioso. 

Ora esploro, volando sul posto, la Terra che i miei occhi hanno registrato in tanti anni di subconscio, senza immaginare che un giorno o l'altro proprio quella terra nascosta sarebbe transitata per la mente come un globo rotante (dove la natura umana e selvaggia si orienta tra le ragioni dei sensi) in equilibrio costante. E mi diverto quando penso di salire sopra le colline, due minuti per ogni grado di pendenza, a velocità decrescente per mantenere costante il battito cardiaco. Costanti sono le pulsazioni della pace e del benessere. Solo così posso chiudere gli occhi e farmi trasportare. E divertire quando scendo in apparenza. 

Ad Apecchio c'è un vecchio mappamondo che misura 31 metri di circonferenza. Fu costruito in cinque anni dal carpentiere Orfeo Bartolucci che lo volle chiamare "mappamondo della pace". Chissà come sarebbe se dentro il globo ci fosse un tapis roulant che gira i sogni a chi lo fa girare. 

Mappamondo di Apecchio

6 gennaio 2016

Ahimsa

Ogni persona che incontri è migliore di te in qualcosa; in quella cosa impara.
(Gandhi)

Oggi è la Befana, dove andiamo? A respirare aria pagana. Tutte quelle scope di saggina hanno ripulito la città. Pioggia e vento mischiati alla polvere hanno sfangato il soffitto del cielo tornato più azzurro e divino.

Si corre da pagani con un'anima ribelle che fa tossire ed espellere. Parte di noi si allontana sul prato e parte ride e pensa a com'era buono il carbone. Com'era piena la calza di caramelle dure appese alla speranza (appresa dall'infanzia). Ora si sa che la befana è un ologramma e i nativi digitali non vedono più oltre le calze il buono e il cattivo. Tutto è più o meno buono e più o meno cattivo. Dipende dal software. Alla fine tutto è più o meno incomprensibilmente chiaro. Come la realtà e la fantasia. Come il destino di ognuno.

Si corre da pagani, ma in fondo il movimento è spirituale. Sfumando i pensieri, alitiamo per capire se la condensa è vita. Se veramente, come dice il Mahatma (la grande anima), i pensieri positivi diventano parole che diventano comportamenti che diventano abitudini che diventano valori che diventano destino. Se tutti sono positivi (inno alla vita, al movimento), la vita stessa potrà essere semplicemente felice.

Ogni vivente che incontri può essere una coincidenza. E le coincidenze sono le cicatrici del destino, diceva Carlos Ruiz Zafón. Anche il busto di Gandhi, in mezzo alla via, rinasce da uno scatto felino. Ci immerge nel nostro destino. Vicino, una fontana poco felliniana. Com'è dolce la vita.

Gabriele, Gandhi e Garfield

3 gennaio 2016

Group on social

Se vuoi andare veloce, vai solo. Se vuoi andare lontano, vai in compagnia.
(Proverbio africano)

Il gruppo è veloce. Si va lontano. Solo in compagnia accade di fare castelli in aria in mezzo alla nebbia, calpestando secoli di rinascimento e di conquiste alle spalle del grandioso progetto di Filippo Juvarra... Vero Filippo?

Si corre cercando l'equilibrio delle conoscenze, delle relazioni e delle ragioni che spingono a privilegiare il gelido aerosol (che circonda i nostri alveoli) al tepore delle dimore sabaude (che abbiamo abbandonato di prima mattina) per progettare questa tavolozza di runners.

Anonymous dice di "non fermarti quando il sentiero finisce: tracciane uno nuovo". Regola non applicabile alla collina morenica: qui c'è sempre un sentiero, anzi due, dove ne basterebbe uno e mezzo. Una selva di stradine e di varianti dove lasciar correre scarpe nuove e vecchie suole. L'importante è aspettarsi, nell'attesa del battito rilassato che permette di raccontare un po' di vita. 

Si corre nella natura mezza morta di freddo. Certo i colori sono fangosi e noi siamo anomalie virulente in circolazione; in fila indiana, come italiani alle poste: sorpassi e spintarelle. Sorrisi e barzellette. Lasciamo la natura più bella di come l'abbiamo trovata. Almeno qualche ramo s'è mosso (sbattendo sui nostri corpi) alla ricerca di una dimensione in più. Proprio quella dimensione che noi troppe volte dimentichiamo. I nostri arti non devono invecchiare senza articolare il linguaggio del corpo. Soggetto, verbo e complemento oggetto (I love the run, per esempio) si possono amalgamare per creare una dinamica esistenziale (o più dinamiche insieme, We love the run). Un movimento ulteriore per un rinascimento interiore. Un castello in aria che lascia a bocca aperta tutti, anche quelli che non corrono mai...

I colori del Castello di Rivoli