29 luglio 2012

Il mare

Vado al mare. E il mare nuota tra gli abbracci che non finiscono mai. Ondeggia tra gli addii e scioglie le parole, le strappa via da quei miraggi che all’orizzonte bruciano il passato come fiammelle di calore immaginario…

Il mare è candeggina per l’anima che sa annusare. Ne buca i vestiti, li consuma. Mangia le fibre dei rimorsi e ingrossa, con la Luna, i pensieri di oggi e di ieri. Mette a nudo la sostanza della vita: muoversi o affogare. 

Il mare è sale per la vita che sa gustare. Conserva il filo dei ricordi come la cima d’attracco di una nave. Il mare è il molo, è il polo, è il solo motivo per cui agosto è tutto l’anno: un anno di noi. 

Vado al mare. Ritorno tra 15 giorni. E anche il mare tornerà con me.


26 luglio 2012

L'Amore

Scrive lo psicoanalista americano Stephen Mitchell: "Se io ti do il mio amore, che cosa ti sto dando di preciso? Chi è l'Io che sta facendo questa offerta? E chi, per inciso, sei tu?"

Il tema è caro all’umanità, e ai filosofi. E allora lancio in aria alcuni birilli di Umberto Galimberti e - come fanno gli artisti di strada ai semafori di città - m’impegno a maneggiarli (per una monetina, e per un giorno di libertà).

Se è vero, come dice Freud, che l'amore è l'unica condizione per poter vivere, non c'è alcun dubbio che amare l'altro è, di fondo, amare se stessi. Questo amore di sé è ciò che rende possibile il dialogo tra la propria parte razionale e la propria parte folle o irrazionale, a cui la natura ci invita per accedere ad una compiuta espressione di sé.

L’Amore non è una faccenda dell'Io (della nostra parte che ragiona): per questo nessuno crede fino in fondo all'altro quando dice "Io ti amo". Sempre Freud ricorda che "l'Io non è padrone in casa propria", cioè non conosce le forze vere che determinano le sue scelte. L’Io fugge dagli abissi dell’essere. Può soltanto scorgerli.

L'abisso folle che ci abita vuole espressioni che sappiano raggiungere le nostre regioni più lontane, profonde e indistinte, per assaporare come il piacere si intreccia con il dolore, la maledizione con la benedizione, la luce con il buio, perché da quel fondo tutte le cose appaiono incatenate, intrecciate, innamorate.

Ci si scalda, si scalpita, finché un giorno si incontra qualcuno che riflette questi abissi come uno specchio, e li rinvia in una domanda inquietante che turba la visione chiara e lucida che il nostro Io s'era fatto del mondo. E quando il riflesso è reciproco, è Amore, inevitabile messa a nudo di sé tramite l'altro. Il giorno può anche non arrivare mai, oppure non finire; qualche volta può essere semplicemente un sogno, o un’illusione.

La scoperta della nostra follia segreta ci attrae e ci inquieta, ma con le sole forze dell'Io non possiamo inoltrarci in quelle regioni inaccessibili o travolgenti, da soli. Abbiamo bisogno dell'altro, come Dante di Virgilio per scendere all'Inferno. Amiamo l'altro quando tramite lui scopriamo noi stessi, e l'altro tramite noi scopre se stesso. Non amiamo chiunque, ma solo chi riflette fedelmente i nostri abissi. E’ l’inconscio che decide chi si può amare.

Una volta scesi nella nostra protetta follia, grazie all’Altro che riconosciamo "di averci fatto impazzire", non riemergiamo più quali eravamo, perché - dopo esserci concessi al cedimento dell'Io - l'altra parte di noi ci ha contaminato. E per effetto di questa contaminazione, qualunque sia l'esito della vicenda d'amore, noi non siamo più quel che eravamo.

L’altra parte di noi non si smette mai di cercare.

24 luglio 2012

I viaggi

"Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone"  (John Steinbeck)


23 luglio 2012

L'amicizia

Buon compleanno a Enrico "Rambo"!

Il mio amico di sempre, di giochi d'infanzia, di spazi infiniti e di nuove avventure... è lì da decenni, indeformato dai ricordi, alpino di natura e di casa...

La sua bicicletta non ha più le rotelle; io non ho più le bretelle, ma le nostre ginocchia sono ancora sbucciate dalle cadute degli anni scivolati per la via.

L'amicizia scorre come il sangue, sotto pelle. Si vede bene nelle ferite. E' rossa, è densa, una marmellata di stelle...






20 luglio 2012

L'infinito

Ogni uomo, per quel tanto che esiste e fino a che esiste, è un punto di forza dotato di potenza limitata e di energia finita (come dicono molti filosofi).

Esistiamo in quanto dotati di un'energia sufficiente a esistere, ma l'energia che ci muove prevale sulla cognizione che possediamo di essa: lo si comprende dalla dinamica pulsionale, dall'irrefrenabile voglia dell'oltre, dello sconfinamento, della soddisfazione. All'umanità ciò è noto da sempre, e l'eros ne è la cifra, e dai lirici greci, molti hanno scritto l'Amore in buona poesia.

Il volersi incessantemente è iscritto nella fisiologia dell'uomo, ma la voglia di durare, di espandersi, fa velo alla sua precarietà. La voglia consapevole di infinito è entrata nella simbologia, nel costume, nella religione: ha reso l'infinito un luogo accessibile all'uomo, quasi una condizione naturale...

Leopardi, nella favola "La storia del genere umano" che apre le Operette Morali, narra come Giove avesse creato gli uomini in uno spazio-mondo che presto si rivela insoddisfacente, troppo stretto per la loro voglia di infinito. Per rianimare la specie umana afflitta dal tedio, Giove introduce la sofferenza che diventa il nemico da battere, e proprio per questo stimolo involontario per vivere. Per difendersi, gli uomini inventano la tecnica e imbrigliano il dolore, ma torna la noia. Solo il farsi presente dell'infinito potrebbe rendere bella e attraente la vita, ma questo Giove non può farlo e tutto si rivela vano: l'infinito è impossibile.

Qualcuno sostiene che "non sono i dolori e gli affanni a rendere invivibile la vita, ma gli uomini non riescono a vivere bene perché sono malati d'infinito".

Una cosa è sicura: non ci è concesso di essere di più di quel che possiamo, e l'equilibrio tra la nostra coscienza e la nostra potenza diventa essenziale per vivere felici. Chi sta in equilibrio sente il profumo di un fiore come la gioia di un'eternità.





16 luglio 2012

I sogni

Sognare un’altra vita rispetto a quella che ci capita di vivere è il sogno più antico dell’uomo. I miti, le religioni, la letteratura, la musica… non sarebbero nati senza questo sogno.

Senza il sogno di un’altra vita, nessuna utopia (dove possa aver luogo quello che al momento non ha luogo), nessuna rivoluzione (dove promettere cieli e terra nuovi), nessun progresso scientifico (dove la fatica del lavoro e la crudeltà del dolore possano essere alleviati), nessuna felicità (dove coltivare le proprie passioni)…
Senza il sogno di un’altra vita non riusciremmo a vivere. Questa è la condizione umana, il suo tratto specifico, la sua bellezza. Qui possiamo rintracciare l’essenza dell’uomo sopra cui le religioni hanno costruito il concetto di trascendenza (o di oltrepassamento dell’esistenza in vista di altri scenari possibili) e sopra cui la psicoanalisi ha costruito il concetto di inconscio, dove il desiderio di un altrove cancella il quotidiano per creare alternative possibili che, se irrealizzate, diventano sofferenze nevrotiche.

Se i sogni sono alternative impossibili, allora ci si congeda dalla realtà e si vaga nel buio della follia.

Ma se i sogni sono alternative possibili, allora non vanno solo interpretati, ma anche realizzati, a meno che non si voglia rinunciare totalmente al proprio sé profondo, dimenticando l’invito di Nietzsche “a diventare ciò che si è”, e ad essere ciò che si può essere. In una parola, dobbiamo vivere al meglio la nostra natura…

Facile, no?


10 luglio 2012

Allenamento ventoso

Ho corso tutti i meteo della mia pianura. Con la neve mi dovevo un pò coprire; con la pioggia, era già aprile; col sorriso nel sole, nei néi, nel cuore... Ma quando tira vento corro nella polvere del tempo, mai uguale, mai normale, e picchio a sgretolare i miei pensieri. Dalle lapidi cancello ogni passato, fino a ieri...

Anche oggi, la “cucurbita ventosa”, la zucca in mezzo al vento, s'è riempita di sementi, di ossa sesamoidi, di rotule e di tendini. Nel muscolo terreno e accidentato ho rischiato il femorale: ma è quadricipite ogni ricordo, ogni salto di canale…

Una pietra, due, dolorose; corro con la zucca piena di ventose. Non respiro; salto, barcollo, cedo al riso e poi d'incanto mi sollevo in paradiso. Sono in mezzo alle tue labbra, gasteropode patella, che respiri e mi conchigli... Poi mi faccio scoglio, e ci si sveglia.

Ma il vento non molla, e verso sera giunge fino a me il litorale tuo di corsa, che meraviglia!




5 luglio 2012

Allenamento tranzollo

Oggi un arcobaleno si è messo a curvare il significato dei ricordi, nei colori accesi di lumi orientali, nei ventagli. Tutto il cielo in una stanza di suoni si è racchiuso tra le tue ciglia e le sue ondeggianti lunghezze. E sullo sfondo delle lenti, l’anima, aperta in un sorriso, ha mischiato le nature spoglie di aerei, e intrecciato le scie di uccelli rapaci.

Oggi un arcobaleno si è messo a raccontare che dentro i sogni c’è la vita che si potrebbe colorare. Alle estremità, i monti e i mari inarcati sulla schiena liscia delle nuvole si accarezzano, dal viola al rosso, dall’ananas al ribes nero. Una lingua intrappolata nelle viscere del paradiso, l’arcobaleno che ho digerito nel sorriso è certamente il tuo…

Che corsa!