29 gennaio 2013

Divagazioni evolutive

Liberamente tratto da: "Il Sistema periodico", Storia di un atomo di carbonio, 1975, Primo Levi.

Un certo atomo di carbonio giace da centinaia di milioni di anni legato a tre atomi di ossigeno e ad uno di calcio, sotto forma di roccia calcarea. Ha già una lunghissima storia cosmica alle spalle, ma per lui il tempo non esiste, o esiste solo sotto forma di pigre variazioni di temperatura, giornaliere, stagionali.

Un colpo di piccone lo spacca ed inizia il suo viaggio verso il forno, nel mondo delle cose che mutano. Viene arrostito, si separa dal calcio; rimane abbarbicato a due dei suoi tre compagni ossigeni, esce per il camino e s'invola. Ora la sua storia è tumultuosa. Viene colto dal vento, abbattuto al suolo, sollevato per chilometri e poi respirato da un falco, ma non penetra i precipitosi polmoni, e viene espulso. Si scioglie in un torrente, risale nel cielo e si scioglie nel mare. Poi viaggia col vento per molti anni. Ora alto, ora basso, sul mare e fra le nubi, sopra foreste, deserti e smisurate distese di ghiaccio. Infine, catturato nell’organica avventura.

Il carbonio è un elemento singolare: è il solo che sappia legarsi con se stesso in lunghe catene stabili senza grande spesa di energia. Alla vita sulla Terra occorrono proprio lunghe catene. Il carbonio è l’elemento chiave della sostanza vivente, ma la sua promozione, il suo ingresso nel vivo del mondo non è agevole, è intricato, obbligato.

Se l’organicazione del carbonio non si svolgesse quotidianamente attorno a noi, sulla scala dei miliardi di tonnellate la settimana, dovunque affiori il verde di una foglia, le spetterebbe di pieno diritto il nome di miracolo.

L’atomo di carbonio, accompagnato dai due satelliti che lo mantengono gas, è ora lungo un filare di viti. Qui ha la fortuna di rasentare una foglia, di penetrarvi e di essere inchiodato da un raggio di sole. Nella foglia collide con molecole di azoto e di ossigeno, poi aderisce a una complicata molecola che lo attiva e simultaneamente un pacchetto di luce solare lo separa dal suo ossigeno e lo combina con l'idrogeno in una lunga catena della vita.

Tutto questo avviene in silenzio, alla temperatura e pressione atmosferica, e gratis: quando anche noi impareremo a fare altrettanto avremo risolto il problema della fame nel mondo. L’anidride carbonica, il gas che costituisce la materia prima della vita, è solo lo 0,03 per cento dell'aria che respiriamo.

Ora il nostro atomo è inserito in una struttura ad anello, un esagono quasi regolare, che sta sciolto nell’acqua, anzi, nella linfa della vite. È entrato a far parte di una molecola di glucosio: viaggia dalla foglia per il picciolo e per il tralcio fino al tronco e di qui discende fino ad un grappolo quasi maturo. Viene raccolto, ma sfugge alla fermentazione alcolica giungendo al vino senza mutare natura. È destino del vino esser bevuto e destino del glucosio essere ossidato, ma non subito: il bevitore se lo tiene nel fegato per una settimana, come alimento di riserva per uno sforzo improvviso, un allenamento di corsa.

Addio alla struttura esagonale: in pochi istanti il gomitolo viene dipanato e ridiviene glucosio, trascinato dalla corrente del sangue fino ad una fibrilla muscolare di una coscia, e qui brutalmente spaccato in due molecole di acido lattico, il triste araldo della fatica. Solo più tardi, qualche minuto dopo, l’ansito dei polmoni procura l’ossigeno necessario ad ossidare con calma quest’ultimo acido.

Così una nuova molecola di anidride carbonica ritorna nell’atmosfera, e un poco dell’energia che il sole aveva ceduto al tralcio passa dallo stato di energia chimica a quello di energia meccanica e di calore, riscaldando impercettibilmente l’aria smossa dalla corsa e il sangue di chi corre.

La molecola viene di nuovo trasportata dal vento che la porta lontano: oltre gli Appennini e l’Adriatico, la Grecia, l’Egeo e Cipro, fino al Libano. L’atomo di carbonio viene intrappolato in un tronco di cedro dove ridiviene glucosio. Passano gli anni e di lui si occupa un tarlo che scava la sua galleria fra il tronco e la corteccia. Lo ingoia, incastonandolo in se stesso. In primavera, esce sotto forma di una brutta farfalla grigia che si asciuga al sole; lui è lì, in uno dei mille occhi dell’insetto, e contribuisce alla visione sommaria con cui si orienta nello spazio. L’insetto viene fecondato, depone le uova e muore: il piccolo cadavere giace nel sottobosco, si svuota, ma la sua corazza di chitina resiste a lungo, quasi indistruttibile. La neve ed il sole ritornano senza intaccarla; sepolta da foglie morte e terriccio, è diventata una spoglia, ma la morte degli atomi, a differenza della nostra, non è mai irrevocabile. Ecco al lavoro gli  invisibili spazzini del sottobosco, i microrganismi dell’humus: la corazza, coi suoi occhi ormai ciechi, è lentamente disgregata, e l’ex bevitore, ex cedro, ex tarlo ha nuovamente preso il volo.

Lo lasceremo volare per tre volte intorno al mondo...

Ogni duecento anni, ogni atomo di carbonio che non sia congelato in materiali ormai stabili entra e rientra nel ciclo della vita attraverso la porta stretta della fotosintesi...

***

Ho ripreso la corsa, e gli atomi di carbonio del buon vino iniziano a fare miracoli...




22 gennaio 2013

Il sudario...

Taglio e incollo, dal sito di Beppe Grillo, un pensiero per nulla rivoluzionario. Semplice? Impegnativo? Impossibile...

Più prolifera la burocrazia, più diminuisce la democrazia; si sa che nelle dittature, la burocrazia è usata per giustificare le nefandezze dello Stato. All'aumentare della burocrazia diminuiscono i diritti dei cittadini. La burocrazia si nutre di sé stessa, si autoriproduce, ama la complessità dietro alla quale si rifugia e si giustifica, e talvolta diventa più forte di qualunque potere.

Si può mettere in discussione un partito e perfino un'Istituzione dello Stato, ma non la burocrazia. Con la sua immensa pletora di codici, procedure, paragrafi, commi, eccezioni, metodi e via impazzendo, è invulnerabile. La burocrazia è, nei fatti, immune all'errore, se colta in flagrante nega, rimanda, si appella, gioca sul tempo e sulle sue immense risorse. Il comune cittadino deve dedicare metà della sua vita per avere una possibilità di vincere un ricorso. Meglio quindi espatriare o venire a patti.

Semplificazione, efficienza, tempi di risposta certi sono i nemici della burocrazia, gli antidoti, che però in Italia la burocrazia ha sconfitto da tempo. Anzi, come beffa, li usa a suo uso e consumo nei seminari in cui il Grande Funzionario di turno spiega i successi ottenuti nella modernizzazione dello Stato.

La burocrazia è lo scudo spaziale italiano contro la partecipazione del cittadino alla vita pubblica. Meno capisce, meno è in grado di far valere i suoi diritti e più diventa suddito. L'eccesso di burocrazia deprime lo sviluppo, fa fuggire le aziende all'estero, assorbe una quantità enorme del nostro tempo, rende la giustizia meno uguale per tutti. Per i potenti c'è però sempre una scorciatoia, un'interpretazione, un condono, una distrazione. Il costo della burocrazia italiana è immenso, le società straniere evitano gli investimenti in Italia per colpa della burocrazia.

Funzionari invisibili - che non devono mai rispondere del loro operato - interpretano le procedure avvolgendo il paese di burocrazia, come in un sudario di cemento...

20 gennaio 2013

Atteggiamenti

“La mente nella sua propria dimora, di per se stessa, può fare dell’Inferno un paradiso e del Paradiso un inferno”. John Milton

La vita dell’uomo si muove nella direzione della risultante dei suoi pensieri. Una specie di forza che può agire come pensiero positivo e può essere formidabile e rivoluzionario. Il filosofo qualunque dice che ogni uomo è fautore del proprio destino, si crea la sua esistenza di luci ed ombre, di salite e discese.  Lo psicologo qualunque dice che il movimento della vita dell'uomo ha tre orientamenti di pensiero o atteggiamenti di vita: il fatalista-pessimista, lo pseudo-idealista e l’attivo-ottimista.


L’atteggiamento fatalista-pessimista è  quello che si manifesta in coloro che provano paura nei confronti del futuro, un sentimento di inutilità, disperazione, ansia e insicurezza. Il più delle volte lo si riscontra nelle persone disorientate, infelici, squilibrate. Probabilmente tutti conosciamo persone che perdono sistematicamente occasioni favorevoli, che si trovano sempre a dover far fronte a delle difficoltà, che si considerano vittime degli eventi negativi. Sono quelle persone che, appena si trovano di fronte ad un ostacolo, sentenziano: “sapevo che non ci sarei riuscito! Non posso farci niente, non posso cambiare nulla!”. Quando devono risolvere un problema importante, la prima cosa a cui pensano è che quel “lavoro” non è adatto a loro. Diventano presto infelici e disinteressati e credono fortemente che in altre circostanze, con altri mezzi avrebbero potuto risolvere tutto molto meglio e più in fretta. Si ricordano di tutti i loro fallimenti passati e una possibile riuscita viene sommersa da una montagna di difficoltà. E tutto questo si verifica a partire da un solo pensiero negativo. E, tuttavia, non si può dire che queste persone non desiderino reagire. Tante volte affermano: “Voglio rifarmi una vita”, “Voglio ricominciare daccapo”, “Voglio far girare la fortuna”, ma nonostante tutto riprendono gli stessi comportamenti, gli stessi atteggiamenti negativi, lo stesso modo di vedere le cose, anche se la situazione esterna cambia. La tendenza al conflitto, l’incapacità di superare gli ostacoli, di vedere le situazioni in modo oggettivo, di far risaltare le loro potenzialità, di vivere e di provare costantemente un sentimento di calma e armonia interiore, si ripetono ancora e ancora.


L’atteggiamento pseudo-idealista è quello caratterizzato dalla fuga dalle responsabilità e dalla tendenza a fuggire, di fronte alla realtà, in un mondo illusorio, in cui i doveri e le necessità quotidiane sono ignorati nel nome di una superiorità spirituale. Fanno parte di questa categoria i falsi filosofi, gli eterni infelici, gli eterni sognatori. Sono coloro che cedono immediatamente al cattivo umore; che stanno sempre sognando quello che potrebbero avere, senza far nulla perché i sogni diventino realtà; si innervosiscono per un nonnulla e trovano difetti in tutti quelli che li circondano, ma mai in loro stessi. L’atteggiamento pseudo-idealista non è altro che un falso mezzo di auto-protezione, di mettersi al sicuro di fronte alla realtà e al proprio destino. Gli pseudo-idealisti accettano passivamente di lasciare tutto in balia del caso, evadono in fantasticherie su un mondo ideale, che non esisterà mai, perché non fanno nulla per crearlo. Non agire rappresenta, in questo caso, un modo di agire, ma è un modo negativo, che porta a dei risultati negativi. Se l’atteggiamento pseudo-idealista si trasformasse in un atteggiamento autentico-idealista, il che presupporrebbe che il timore delle responsabilità e la fuga dalla realtà si trasformino in fede in se stessi e nella vita, allora comparirebbe il terzo atteggiamento, quello attivo-ottimista. La contemplazione può diventare, in questo caso, un corretto modo di pensare, un modo per vivere veramente e per diventare padroni della propria vita.

L’atteggiamento attivo-ottimista è quello tipico di coloro che valutano quasi tutto quello che li circonda come positivo. L’atteggiamento estremamente positivo della mente indica una ferma fede, incrollabile, che le cose si evolvano in meglio e che ogni problema o difficoltà possano essere superati. La vita è piena di imprevisti sui quali non possiamo intervenire direttamente, l’unica cosa che possiamo fare è cambiare il nostro modo di vederli. Gli attivi-ottimisti si costruiscono uno stato d’animo positivo e, allo stesso tempo, sono in grado di far fronte agli eventi e di influenzarli positivamente. Inondano tutte le loro relazioni personali di un affascinante calore affettivo. Queste persone sono consapevoli che le difficoltà non sono altro che delle necessità della vita, che ci aiutano a comprenderla profondamente e a oltrepassare i nostri limiti. Gli attivi-ottimisti sanno di non essere delle marionette nelle mani del destino, ma i fautori della loro felicità. Fanno del loro stato permanente di entusiasmo una vera arte e, in questo modo, risvegliano la capacità di aggirare gli ostacoli con facilità. Si nutrono quasi sempre dei pensieri positivi e agiscono sempre per il bene delle cose. Queste persone sono attratte da tutto ciò che può arricchirle spiritualmente, sono pronte ad imparare tutto dal nulla e credono fortemente che l’atto più rivoluzionario che possano compiere in questo mondo sia l’essere felici. E proprio per il fatto che asseriscono il bene in tutte le cose, gli eventi e gli esseri, riflettono il meglio di loro.


***
A volte capita di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, e un movimento brusco della vita può arrestare ogni dinamica attività. Essere in mezzo a due costole incrinate mentre si tossisce (anche una parte della propria anima) mette alla prova anche l'atteggiamento migliore.

E' quello che mi è capitato di vivere in questi quindici giorni di tregua: fermo immobile o in lenta camminata (verso il domani). Ho imparato molte cose, rallentando. Ho guardato con attenzione i tetti delle case, le finestre chiuse, quelle aperte e le porte. I balconi fioriti e le scale. E i gatti. Le altre cose e gli altri esseri. Il mio castello, la mia grotta, il buio.


 Senza corsa ogni atteggiamento è sbagliato. Fatalista idealista passivo... Con lo stop attivo, il sangue addensa i cattivi pensieri. Non vedo l'ora di cominciare il 2013..

E intanto saluto i compagni che hanno già corso domenica scorsa a Scarmagno, e oggi alla Pellerina, nell'attesa delle saldature intercostali...


12 gennaio 2013

Felicità è allenamento

Argomento infinito, la felicità. Intrattabile, suscettibile, a volte infelice. A volte irresistibile e stancante come un allenamento. Perchè la felicità è questione di allenamento...
La scienza ha scoperto che le persone felici hanno dei vantaggi notevoli: la felicità rende più socievoli, più altruisti, più abili a risolvere conflitti, più produttivi sul lavoro, più sani; essere felici rafforza il sistema immunitario; essere felici allunga la vita...

La ricerca della felicità non è quindi un atto egoistico, ma un regalo per noi stessi e per il mondo. Peccato che la nostra società sia annegata nei falsi miti: viviamo di corsa, senza conoscerci veramente, senza cercare di capire perché siamo qui e come potremmo essere davvero felici.

Un falso mito? La ricchezza... Che non serve per essere felici. Certo l'estrema povertà abbassa il tasso di felicità, ma una volta soddisfatte le necessità di base il tasso di felicità si stabilizza, ed avere più reddito non lo cambia.

Un falso mito? Il destino... Che non c'entra con la felicità. Molti credono che la felicità sia qualcosa che non possiamo controllare, qualcosa che non dura e può sparire in un attimo. La felicità è possibile, ma non sopraggiunge così per caso. È un lavoro interiore, uno stato di serenità che ha ben poco a che fare con quello che succede fuori di noi.

Recenti studi dimostrano che la felicità non è una caratteristica innata ma una capacità, come giocare a pallavolo, e come tale possiamo apprenderla. Possiamo imparare a essere felici indipendentemente da tutto. E' una capacità che va allenata. Nessuno si sogna di vincere un torneo o fare un bella partita giocando sotto rete una volta all’anno. Non esistono persone senza risorse, esistono solo persone che ignorano le proprie risorse, o non investono il tempo necessario su di esse. 

Occorre migliorare mente e spirito, ed essere più sereni. Non vivere tra i fantasmi del passato o le ansie del futuro. Occorre fare amicizia con il momento presente. Usare i sensi. Essere dove si è. Guardarsi attorno semplicemente consapevoli dello spazio e della presenza silenziosa di ogni cosa. Ascoltare i suoni senza giudicarli. Ascoltate il silenzio sotto i suoni. Toccare, percepire, riconoscere l'essenza delle cose... Allenarsi a partire da queste cose.

Una notizia straordinaria arriva dall'Università del Wisconsis, da un certo Richard Davidson, docente di neuroscienze. Nel suo libro "The emotional life of your brain", lo scienziato americano non ha dubbi: le sfumature della vita interiore, le emozioni e il modo in cui affrontiamo il mondo esterno dipendono da un codice scritto nel cervello, che si può correggere e perfezionare con l'allenamento, fino a raggiungere la felicità.

Meditare, fare complimenti agli altri e circondarsi delle foto di momenti felici è un allenamento per il cervello. Semplici esercizi quotidiani insegnano ad essere attenti e positivi. Il saggio riunisce 30 anni di ricerche ed è una rivoluzione per le neuroscienze. Il principio di base è che ciascuno di noi ha un proprio "stile emotivo", un profilo psicologico scritto nel cervello, unico e personale. Una tonalità (cromosomica) che determina in che modo si percepisce il mondo, come si interagisce con gli altri, come si reagisce e si affrontano gli ostacoli della vita. Non tanto una questione psicologica, ma chimica.


Il tutto è scritto nel cervello pieno di sinapsi che non sono stabili, ma cambiano dalla nascita in poi in risposta all'ambiente e in base alle esperienze. Il principio della neuroplasticità permette di allenare le emozioni e cercare la felicità nel cervello.

Allenare le emozioni attraverso una sorta di "yoga per neuroni" è un'idea fantastica che mi piacerebbe approfondire. Si parte con l'aumentare il livello di attenzione:  dieci minuti al giorno in una stanza silenziosa, ad occhi aperti, fissando un oggetto su cui concentrare l'attenzione. Si procede con l'aumentare il livello di reazione: dieci minuti al giorno in una sorta di "allenamento di compassione", pensando ad un conoscente sofferente o malato... Questo è l'invito di Richard Davidson.

Allenarsi, allenarsi a conoscersi. Perchè familiarizzare con il proprio stile emotivo è il primo e più importante passo per trasformarlo. E continuare a vivere, felici.


4 gennaio 2013

Influentia

I latini lo scrivevano nei testi antichi: obscuri coeli influentia. L'influenza degli astri governava la malattia e conferiva ad essa carettere più o meno mortale per la specie umana...

Nei testi meno antichi si scrive di virus appartenenti al genere Orthomyxoviridae. Le proteine presenti sull'involucro esterno del virus mutano continuamente, e ogni anno costituiscono una sfida per il sistema immunitario.

L'influenza infetta le vie respiratorie: febbre, tosse, nausea e mal di testa... Intontisce e poi colpisce, lasciandoci a terra a rantolare.

Era dai tempi del servizio militare che non mi succedeva di far fronte ad un attacco così strategico, mirato, invasivo e debilitante. Questa volta, l'universo mente (per dirla alla Montalcini) mi ha veramente spaventato e proiettato dentro spazi neri profondissimi, circondato da oggetti deformati e roteanti. E io roteavo con loro, mentre fasci accecanti di luce stimolavano le difese verso queste mostruose essenze. Dovevo capire come ancorarmi, a cosa, senza rischiare la presa. Il tempo non passava mai. Ogni minuto un incubo. Ogni incubo un brivido di sudore siderale. Due notti e due giorni di abbandono, alla deriva.

Tutto inutile, o quasi...

Arreso, mi sono visto accanto l'Arcadia di Capitan Harlock a indicarmi la rotta e ho iniziato a sognare. Anche Goldrake, addormentato nella memoria da tempo immemorabile, si è svegliato ed è venuto a prendermi... Grazie Amici!